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Macale, De Cave, Appetito, "Resushitati"

Creato il 15 gennaio 2014 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr
Macale, De Cave, Appetito,

Resushitati

Macale, De Cave, Appetito

Edizioni Il Foglio, 2013

Cardiopoetica è un collettivo letterario composto da tre persone – Marco De Cave, Fabio Appetito e Mariano Macale – che non si pone solo come unione di tre autori in un unico volume, piuttosto - almeno nelle intenzioni - come una sorta di nuova avanguardia culturale, di manifesto letterario.

Il gruppo nasce a Cori, in provincia di latina, nel 2010, e si prefigge l’obiettivo di rinvivire la poesia, che sonnecchia, a suo dire, dagli anni novanta, calandola nel quotidiano, portandola fra la gente comune, con una serie di reading, di avvenimenti multimediali. “Resushitati” è il loro secondo libro, edito da Il Foglio Letterario.

Il titolo ha tre chiavi di lettura. Se lo si considera parola piana, con l’accento sulla penultima sillaba, gli si conferisce un tono di evento, di cosa fatta. Se, invece, lo si legge con l’accento sulla ù, prende il significato di una esortazione a risorgere, a uscire da una condizione che è “vita apparente”, notte di “morti viventi” alla Romero: “anche se si è impagliati sulla parete di una sala.”

Siamo morti, siamo alienati dal consumismo, dall’esaltazione dell’esteriorità, del corpo e dell’abito, da una comunicazione che diventa solo esternazione sui social network, monologo inascoltato e non dialogo. Bisogna “Ricominciare da capo nuovamente” , come ci esorta a fare la citazione da Lenin, stimolo a una rivoluzione che non è solo politica ma anche interiore. (Il concetto è bene esplicitato nel piccolo brano in prosa di Marco De Cave dal titolo “Giornata pesante”.)

Per farlo, per uscire da una vita che vita non è, per risvegliarsi e risorgere, occorre una scelta netta, limpida, una presa di posizione sociale, un rapportarsi alla collettività, agli altri, cosicché l’individualità possa fondersi in un “noi” e l’anima sia scossa dalla poesia. Se si sceglie di rivivere, non lo si fa come l’eremita disgustato, ma cercando di comprendere questo nostro mondo da dentro per poi ribaltarlo.

Nel titolo si trova inserita anche la parola sushi, qualcosa che si porta via, un take away non solo dell’oggetto ma anche del soggetto. E la poesia arriva per portarti via, per trascinarti, per risvegliarti. Una poesia, però, moderna, fatta di cose di oggi, e, tuttavia, capace comunque di lirismi antichi, di invocazioni, di preghiere, di canti alla luna. Il collettivo dice di rifarsi alla tradizione montaliana, nerudiana e alla Beat Generation, ma non mancano echi crepuscolari e stilemi più classici e meno sperimentali.

Il soggetto, l’introspezione lucida e un poco disperata, “Ma io non sono portato a vivere”, resta, a nostro avviso, sempre al centro delle poesie di questi tre autori che, pur nello studio avanguardistico, pur nell’impegno socioculturale, pur nella creazione di un manifesto comune, altro non cercano se non l’amore, la fusione con l’altro da sé, una comunione autentica e non di superficie, un noi più profondo, dove si ascolta oltre che parlare.

che avessimo una parola almeno

Da dividere in uno quando stiamo insieme”

E ancora :

ho smesso di cercare la risposta che soffia nel vento

Perché adesso il vento sono io

E sono già alle tue spalle.”

Come nella poesia di Macale, “Non sia mai che scenda la sera sui tuoi occhi”, che ci piace proprio perché smette i panni della sperimentazione e si lascia andare ad un lirismo pavesiano.

Non sia mai che scenda la sera sui tuoi occhi,

non si cela alle pupille arcane la realtà

rotta, minuta di questo coccio perduto,

ma non è vano il voto dell’assemblea,

se il mondo intero ti ostracizza

troverai come perla rara rifugio in me,

per quanto siano senza regola le mie parole,

fallimentari i miei progetti, dipartite da tempo le chimere, le utopie

verso mondi immaginari.

È rimasto nel porto l’unico sogno

Di tutta una vita: noi.”

Alla fine, ancora una volta, il collettivo, il sociale, s’identifica con il “noi” formato da due anime che non riescono mai a fondersi quanto vorrebbero. Come afferma ancora Macale, “per amore si può risorgere”.


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