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Macao: il tentativo (maldestro) di realizzare un'idea (interessante)

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Macao: il tentativo (maldestro) di realizzare un'idea (interessante)

AP/Jan Bauer


Riassumiamo brevissimamente: Macao è (era) un gruppo di occupanti (artisti? pittori? muratori? Per le cronache sono solo “gli occupanti” o “il collettivo”) che aveva – appunto - occupato la Torre Galfa, edificio di 31 piani, di proprietà della famiglia Ligresti, in zona stazione centrale a Milano, abbandonato da anni. L'idea era quella di renderlo un centro per le arti e la creatività: aperto, libero, pubblico. Questa mattina l'edificio è stato sgomberato dalla polizia per ordine del comune. Un'avventura durata 10 giorni e un finale triste ma piuttosto prevedibile.
Inizialmente anche io mi ero lasciata trascinare dall'entusiasmo con cui era stato accolto Macao fin dal primo giorno, ma poi la mia natura scettica, curiosa di capire come stanno le cose ha preso il sopravvento; soprattutto perché qualunque iniziativa venga accolta con clamore da subito e si cominci a paventare il “nuovo che avanza” mi fa un po' arricciare il naso... quindi mi sono messa in disparte a guardare.Ci tengo subito a dire che non attribuisco nessuna mala fede ai ragazzi, né doppi fini o altro; forse solo un certo pressapochismo.Ma andiamo con ordine: chi ne esce abbastanza male da questa storia è l'assessore Stefano Boeri, che 2 giorni fa dichiarava “A Macao si lavora per la nuova Milano”: complimenti per la coesione della giunta! Non ne esce benissimo, in generale, il comune che, come sempre in Italia, lascia decadere strutture pubbliche e private, ringraziando chi sposta l'attenzione su questi temi, per poi infine cacciarli.Come commentare poi la stampa che parlava già di un “Tacheles meneghino”? Il Tacheles, famoso centro di aggregazioni di artisti e non, nella ex Berlino est, è stato sgomberato circa 2 mesi fa, quindi i tali giornalisti avrebbero potuto controllare in 20 s quello che stavano scrivendo – e non portare sfiga tra l'altro. A parte questa svista, l'esempio non è del tutto corretto. Il Tacheles, in quanto posto in una zona da riqualificare, era stato preso in gestione e sovvenzionato dal comune e poi affittata tramite un'azienda privata ad artisti a prezzi simbolici (un marco al mese negli anni '90) con la sicurezza che l'avrebbero reso un luogo per la creatività e così è stato per anni e ha coinvolto artisti di fama internazionale. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, ha fatto la stessa cosa: ristrutturato gli edifici e dati in affitto per poco più di 100 euro al mese. Lì gli artisti ci tengono a non essere chiamati “occupanti” ma “affittuari”. In Italia siamo indietro 20 anni e si sa, ma non si può passarci sopra con una ruspa e fregarsene di tutto. Siamo tutti d'accordo che sia un peccato, una vergogna che tanti posti, anche in zone centrali di Milano, siano lasciate allo disfacimento completo, quando le gallerie arrivano ad affittare 20 mq per 2000 euro al mese, non ci sono dubbi, ma se si occupa un edificio abusivamente, la risposta delle istituzioni non può che essere quella di salvaguardare la proprietà privata. Cosa si poteva fare? Per esempio presentarsi in municipio e non andarsene finchè non si veniva ascoltati dal sindaco sul problema.E poi permettetemi un paio di osservazioni:a Milano ci sono più di 400 gallerie, non credo ci sia così “emergenza di spazi creativi”, anzi, forse l'arte dovrebbe cominciare a uscire dagli spazi chiusi, a essere “sbattuta in faccia” alla gente. E come luogo di aggregazione e scambio, qualsiasi luogo va bene, se c'è la volontà di incontrarsi.le suddette gallerie, che pagano le tasse, l'assicurazione, ecc. ecc. perché dovrebbero sentirsi in difetto?Il sindaco giustamente li invita a partecipare ai bandi pubblici e se davvero le loro idee sono rivoluzionarie, troveranno il loro spazio.E poi alla fine, come diceva Dario Fo, proprio in un messaggio per Macao, bisogna inventare realtà che funzionano, che creano posti di lavoro, in cui la gente si rispecchia e non fumo, parole di cui riempirsi la bocca!

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