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Macchine, robot e nuovo Umanesimo

Creato il 19 dicembre 2012 da Tabulerase

Macchine, robot e nuovo UmanesimoLa dilagante marea dello sviluppo tecnologico prosegue nella sua  inarrestabile avanzata lambendo  ormai qualunque aspetto delle attività umane.

Il livello di  elevata e sofisticata perfezione ha ormai raggiunto soglie di pericolosa  invasività , neanche immaginabili sino a pochi anni fa.

La fantascienza celebrata in tante profetiche pellicole, si sta materializzando generando un allarme tale da indurre studiosi delle più prestigiose università inglesi a porre le basi per studi ed analisi che affrontino un sempre più probabile “dominio” di macchine e robot sull’uomo.

È questo il segno inequivocabile di una “presenza” ambigua e bivalente  che pur essendo  già in grado di porre le condizioni di una progressiva liberazione di quella gran parte d’umanità dolente che, soprattutto nei secoli bui passati, si è trovata piegata sotto il peso di vincoli e condizionamenti che ne hanno limitato, non  solo astrattamente, libertà e felicità, ma anche realmente condizionato e, finanche, impedito il raggiungimento della soglia minima di sopravvivenza, rimane invece  impotente, schiacciata dal peso di rapaci interessi oligarchici di rapina.

L’aspetto “maligno”  di questa presenza, si manifesta poi pienamente proiettando la sua sinistra ombra su uno degli aspetti essenziali della vita dell’Uomo: i mezzi e le possibilità di sostentamento, e, più precisamente, nella concorrenza che, concretamente, essa svolge limitando sempre più le possibilità  occupazionali,  rendendo obsoleti  non solo lavoratori di “lungo corso”, ma anche  quelli che non hanno  mai varcato alcuna soglia di ingresso del mercato del lavoro se non sporadicamente  e in condizioni di estrema precarietà.

Potrà sembrare di assistere ad un film già visto, una vecchia e sbiadita  pellicola in bianco e nero la cui sceneggiatura iniziò il travagliato parto già ai tempi della prima  rivoluzione industriale.

No! non è un rigurgito di vetero luddismo, ma la triste consapevolezza della stridente contraddizione esistente tra una  “capacità tecnologica” dalle enormi e multiformi  potenzialità reali   e le sempre più depresse e ridotte possibilità generali di sostentamento .

L’aspetto nuovo, poi, è che questo progresso tecnologico presenta ricadute non solo, nel comparto dell’hi-tech , fatto questo che si può considerare quasi fisiologico, ma ormai estende  le sue inedite nefaste  propaggini  anche in campi sinora impensabili come la traduzione  e la ricerca legale o comunque in campi ad alta specializzazione ritenuti “intoccabili” e comunque di esclusivo dominio dell’intelletto e delle capacità umane  ( La corso contro le macchine , E. Brynjolfsson ,A. McAfee Mit , Boston).

In tale contesto, la stridente contraddizione tra le potenzialità offerte e la sterilità di una realtà quotidianamente vissuta, assume l’acme dell’odiosa repulsione, se si prende in considerazione  la voragine che separa il vertiginoso impennamento degli utili societari e delle rendite da capitale dal sincrono  costante peggioramento delle condizioni e dei carichi di lavoro,  che divorano i già residuali spicchi di tempo libero,   coniugati  ad una innaturale ed ingiustificabile compressione dei salari .

Viene da chiedersi come mai tale tripudio di  palese ed insensata iniquità e di ripugnante ingiustizia, si concretizzi in un contesto di generale sostanziale passiva accettazione .

Il vuoto generato dal dissolvimento della speranza  di una società nuova, alternativa, che coniugasse nei termini generali, per tutta l’umanità, le condizioni di libertà, uguaglianza, felicità  e più in genere di una degna qualità di vita, ha posto le condizioni per la nascita di un mostruoso embrione: la legittimazione, anzi, il culto del profitto come fine ultimo e supremo.

Un  fine che trova la sua giustificazione in sé; una variabile indipendente universale  la cui relazione con le altre grandezze fisiche della vita reale si colloca nel mistico, precludendo qualunque  aspetto o caratteristica non solo logico-matematica , ma di semplice senso comune , espressione del concreto vissuto quotidiano.

In tale contesto di totale assenza di  qualsiasi, se pur timida, posizione antagonista che possa porre reale alternativa al pensiero unico dominante, il  paradigma del profitto come valore universale, ha contribuito in maniera decisiva a quella trasformazione, quasi ontologica, del “capitalismo” che, paradossalmente, ne sta minando la sopravvivenza stessa.

Una ” trasformazione genetica” che, nei fatti  lo incanala sempre più nel corso di una regressione  a quello stato di selvaggia natura  che ne mina , nei fatti il carattere universale di modello economico-sociale impostosi come naturale evoluzione delle antiche società mercantili nel corso dei secoli.

Una trasformazione che ha mutato profondamente il “capitalismo” rendendolo qualcosa di diverso da sé, diverso persino da quel pur micidiale apparato empirico-ideologico che ha condotto il mondo tra le capienti braccia di un vorace consumismo.

Una trasformazione generata dall’abbandono incosciente dei principi e delle idee introdotte da grandi pensatori quali Ricardo, Marx e Keynes, grazie  alle quali, con i controlli degli Stati e delle Nazioni e con l’introduzione di una nuova concezione sociale sfociata nel Welfare, il “capitalismo” si assicurava le condizioni per il suo perpetuarsi nel corso dei secoli.

Le macerie economiche e sociali, il deserto ideale e morale  lasciato in eredità dalle incontrollate Holding internazionali e dalle sinergiche centrali finanziarie  sovranazionali, impongono un patto sociale fondato su un nuovo umanesimo che riparta dal pensiero fondante dell’umanesimo cristiano vilipeso e ridicolizzato da un Potere temporale  della Chiesa cattolica che trova la sua più alta espressione nelle vicende dello IOR, chiaro strumento, da Marcinkus ai giorni nostri, della volontà di Potere come fine in sé e come strumento di condizionamento politico, e su quell’umanesimo racchiuso nel pensiero marxiano, annichilito e tradito dalla concezione leninista di partito sfociata poi nello stalinismo , nel maoismo e nel totalitarismo del partito-stato sovietico prima e ora cinese.

Un umanesimo che ponga le basi ideali condivise del concetto ormai ineludibile  di ricchezza controllata, di monopolio pubblico sovranazionale dei brevetti e delle royalties sulle innovazioni tecnologiche che producono ricchezza.

Un umanesimo che esalti il valore e il merito dell’individuo impedendo la trasmissione ereditaria e di casta dei mezzi di produzione  e generatori di ricchezza in genere.

Un umanesimo che esalti la figura dell’individuo sociale a scapito delle individualità.

Un umanesimo su cui fondare una società libera e libertaria che allevi nel proprio seno un uomo – sociale libero dai miti e dalle suggestioni dell’immanente e dalle consolanti illusioni del trascendente.


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