IL CIGNO NERO di Darren Aronofsky
Una telecamera estremamente mobile accompagna lo spettatore durante 110 minuti di tensione, meglio, di inquietudine senza pudori e senza riguardo per gli stomaci più sensibili…
La ballerina Nina, che divide la propria esistenza tra la danza classica, che pratica con morbosa dedizione, e una madre castrante e frustrata, viene scelta per interpretare la protagonista del “Lago dei cigni” all’interno del New York City Ballet. Ha le caratteristiche giuste per rendere memorabile l’interpretazione del cigno bianco: è innocente, fragile, eterea. Ma troppo inibita per poter dare altrettanta convinzione all’altra parte che le tocca interpretare: il cigno nero.
Il doppio. Questo l’unico, semplicissimo nocciolo del film. Attorno a questo tormento spiraliforme senza esclusione di colpi (tutti rigorosamente splatter!) Darren Aronofsky (già regista di Requiem For A Dream e del Leone d’Oro The Wrestler) annoda la fitta sequela di “inciampi” della sua protagonista, fastidiosi quanto impressionanti (esponendo, come in una fiera macabra, la rovina di falangi, unghie e piedi torti…), e che mantengono viva l’attenzione, a fronte di una sceneggiatura francamente troppo piena di momenti loffi e troppo carente di veri slanci verso il pathos emotivo. Natalie Portman, magrissima e allucinata, ha vinto Golden Globe, premio BAFTA e Oscar.
Resta un film profondamente disturbante ma purtroppo gravemente incompleto, che recupera un poco della dignità di essere cinema nel finale (in cui la qualità scenica della mano del regista e le musiche di Čajkovskij creano un momento di partecipazione più viva), e ben recitato.
Brian De Palma e Stephen King, tanto per fare due nomi, avevano fatto molto meglio sull’argomento.
Buona visione
Voto 6/10