Il censimento dei prodotti made in Italy ci segnala che sono quattromilaseicentosei (4606) i prodotti agroalimentari italiani ottenuti secondo tradizioni antiche tramandate nel tempo. sembra proprio che questi prodotti alimentino un interessante via alternativa verso un turismo diverso: il turismo enogastronomico. L’indagine è stata fatta dalla Coldiretti insieme a tutte le Regioni Italiane ed oggi è stato pubblicato un decreto della GU dove sono esposte le risultanze. La Coldiretti rimarca il fatto che i prodotti ottenuti secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni e metodiche praticate sul territorio in modo omogeneo sono da considerarsi ricchezza nazionale e patrimonio di valore inestimabile per l’Italia tutta. Da altri dati illustrati dalla Coldiretti si desume che piu’ di un italiano su tre (35 per cento) dipende dal cibo il successo della vacanza che per essere perfetta non deve mai far mancare la degustazione delle specialita’ enogastronomiche locali, secondo l’indagine Swg. Nella mappa delle regioni che con piu’ bandiere del gusto si classifica al primo posto: la Toscana con 462 specialita’ seguita sul podio da Lazio (374) e Veneto (368) tallonato dal Piemonte (363), ma ottimi posizionamenti si riscontrano per Campania (354). A seguire ci sono Liguria (295), Calabria (271), Emilia-Romagna (257), Lombardia (242) che con 33 nuove denominazioni ha stabilito il record di incremento quest’anno, Sicilia (233), Puglia (226), Sardegna (174), Molise (159), Friuli-Venezia Giulia (151), Marche (151), Abruzzo (147), Trento (109), Bolzano (92), Basilicata (77) Umbria (69) e Val d’Aosta (32). A prevalere tra le specialita’ “salvate dall’estinzione” sono – precisa la Coldiretti – i 1.387 diversi tipi di pane, pasta e biscotti, seguiti da 1.285 verdure fresche e lavorate, 765 salami, prosciutti, carni fresche e insaccati di diverso genere, 472 formaggi, 158 bevande tra analcoliche, liquori e distillati, 151 prodotti di origine animale (miele, lattiero-caseari escluso il burro, ecc.) e 146 preparazioni di pesci, molluschi, crostacei. In undici anni, rispetto al luglio 2000 quando e’ iniziato il lavoro di catalogazione a livello regionale, i prodotti censiti dalle regioni – rileva la Coldiretti – sono piu’ che raddoppiati grazie all’impegno degli imprenditori agricoli nel recupero delle tradizioni. Nell’ultimo anno l’elenco e’ cresciuto complessivamente di 95 prodotti e sono stati messi “sotto tutela” tra gli altri – precisa la Coldiretti – la cipolla bianca di Fara filiorum petri (cipolla bianca, piatta e arrotondata abruzzese, tipicamente estiva, dal gusto morbido e dall’aroma delicato), il rappascione di Viggianello (zuppa lucana di cereali e legumi), il tabaccante di Casalbuono (fagiolo nano bianco campano utilizzato per la semina su terreno sodo cioe’ per la semina ‘nda ristoccia”), la mariola (salame di grossa pezzatura tradizionale della Bassa Parmense e del Piacentino), l’oliva cellina di Nardo’ in concia tradizionale (oliva impiegata nelle ricette salentine per completare la “puccia” o messe dentro il tipico pane “pizzo” con aggiunta di pomodoro e cipolla), il furmag de segia (formaggio caprino molto particolare della tradizione casearia della montagna varesina) e la mico’oula (pane di segala valdostano che si differenzia dal normale pane nero per la presenza di castagne, noci, fichi secchi, uva passa, e, talvolta, anche scaglie di cioccolato). Ci sono anche regioni – continua la Coldiretti – che hanno invece visto ridursi il patrimonio dal momento che alcuni prodotti sono usciti dall’elenco essendo stati riconosciuti a livello comunitario come Dop o Igp. Ad esempio, la Patata della Sila Igp (Calabria), la Farina di Neccio della Garfagnana Dop (Toscana), il Farro di Monteleone di Spoleto Dop (Umbria), il Piacentinu ennese o la Vastedda della Valle del Belice Dop (Sicilia). L’Italia – conclude la Coldiretti – puo’ contare sul record comunitario con ben 228 denominazioni di origine riconosciute a livello europeo, mentre sono 509 i vini a denominazione di origine.
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