Tutto il mondo conosce la storia di questa piccola e grande donna. Stroria iniziata in un modo del tutto normale. Di genitori albanesi, Agnese Gonxha
Bojaxhiu nasce il 26 agosto del 1910 a Skopje (Macedonia).
A diciotto decide di farsi suora con il nome di Teresa, lascia la sua famiglia e la città natale
per l’India, dove trascorre quasi venti anni come semplice insegnante di geografia e direttrice di collegio. Ma il 10 settembre del 1946, a 36 anni Teresa riceve una “seconda chiamata”, quella che cambierà la vita a milioni di persone in tutto il mondo. “Stavo andando in treno a Darjeeling quando sentii la voce di Dio. Ero sicura che fosse la voce Dio, ero sicura che mi stesse chiamando. Il messaggio era chiaro dovevo lasciare il convento per aiutare i poveri vivendo in mezzo a loro”. Da quel
momento nasce Madre Teresa di Calcutta, dal nome della città indiana nella quale si occupa dei diseredati, dei lebbrosi, dell’infanzia abbandonata, dei
moribondi per fame e malattia. Lavorando senza sosta, apre le prime case di accoglienza per i bambini, i ricoveri per i poveri, gli ospedali, le scuole.
Ben presto la sua fama varca gli oceani. Con l’approvazione del Vaticano può fondare, nel 1950, le Missionarie della Carità, congregazione dedita esclusivamente al servizio dei più poveri tra i poveri. Da allora, in cinquant’anni l’ordine si espande nei continenti e le missioni si ripetono ovunque. In tutto il mondo a Madre Teresa vengono consegnati premi e riconoscimenti, tra cui il Nobel per la Pace, che lei accetta a nome dei poveri.
Muore a Calcutta, nella prima casa di accoglienza da lei fondata, il 5 settembre dei 1997. A soli cinque anni dalla sua scomparsa, Madre Teresa è proclamata Beata.
Questa è la storia più conosciuta, quella che suscita maggiore entusiasmo e ammirazione.
Sono i giovani quelli che, soprattutto negli ultimi anni, manifestano con più forza il desiderio di aiutare concretamente,i poveri, anche nelle missioni: sono molti i laici che vi si recano per brevi periodi prestando la loro opera volontaria, sono moltissimi quelli che vorrebbero farlo o che, comunque,ne rimangono affascinati.
Ma nonostante lo spirito missionario, non si ha bisogno di andare lontano: “non si possono amare quelli di fuori, se prima non s’impara ad amare quelli vicino a noi: ossia la famiglia”