Magazine Cultura

Madri matrigne

Creato il 08 maggio 2011 da Albertocapece

Madri matrigneAnna Lombroso per il Simplicissimus

Anticipando Franti l’infame, un Foscolo preveggente, molti anni prima che Perugina e Italflora istituissero una di quelle celebrazioni che lavano le coscienze una volta l’anno dagli Appennini alle Ande, scrive: “così in un paese dove la natura ha dotato le sue figlie forse più generosamente che in qualunque altro, di tesori della mente e del cuore tali da farne madri di liberi cittadini e nutrici di patrioti… il cattivo governo e di conseguenza i cattivi costumi le hanno rese così degeneri che la loro vita domestica corrompe i loro figlioli in ogni germe di virtù”.
Un carapace di convenzioni e conformismo isolava le famiglie da un processo di civilizzazione e dal nuovo “presente” che investiva la cultura europea. E infatti Berchet tuonava, insomma siate uomini e non cicale e i vostri paesani vi benediranno e lo straniero ripiglierà modestia e parlerà di noi con l’antico rispetto!
A 150 anni la vita familiare contemporanea, per dirla con Foscolo, non sembra innervata da un istinto da una educazione a diventare “liberi cittadini”.
Da un lato i componenti delle famiglie sono più liberi nel loro individualismo e godono sia pure nominalmente di maggiori diritti rispetto al passato. Dall’altro sono intrappolati dai modelli di consumo, di accumulazione frustrata, di egoismo, di banalizzazione e appiattimento, che erodono radiose virtù tradizionali: vicinanza e espansività emotiva, solidarietà tra generazioni, aspirazione alla felicità vista come godimento di bellezza, sapori, colori.
Siamo spinti a separarci da un contesto “grande” quello della società, complesso e complicato, impersonale e aggressivo, che però è anche quello della cittadinanza, per ricoverarci in quello “piccolo” e particolare, di valori condivisi attraverso la comune pratica di vita, che rischia proprio per questo di essere gregario, inclusivo e esclusivo. E sleale e ingiusto rispetto a una moltitudine di altri, ai loro diritti meritevoli di uguale dignità, alla loro libertà delle differenze.
Famiglie e donne in particolare esercitano un potere, anzi un dovere sostitutivo di Stato, servizi, assistenza, cura, accoglienza, istruzione. Talmente misconosciuto da non apparire come costo sociale né tantomeno come risorsa o ricchezza da compensare con politiche e esaltazione di diritti decisionali e di cittadinanza, se così poche donne accedono alle carriere specialmente quelle politiche e elettive.
Ma tra un Ferrero Rochet e un’azalea c’è da chiedersi, proprio come Foscolo, quanto la deriva democratica e morale abbia investito i ruoli familiari e i caratteri della paternità e della maternità, tema nevralgico e doloroso, nervo scoperto se a cominciare dalle donne più “schierate” c’è un istinto alla fuga dal confronto sui messaggi educativi ed emotivi trasmessi soprattutto ai figli maschi. Spesso omogenei a quelli di un passato di primato della “virilità”, caro alla classe dirigente forse più laida, corrotta e machista degli ultimi 150 anni, frequentemente dimissionari rispetto alla pressione di una cultura di consumo dei corpi, delle relazioni, dei sentimenti, a volte orgogliosi non si sa se per risarcimento di attitudini prepotentemente sessiste.
E chiedersi, sapendo la risposta, quanto la cattiva maestra strumento culturale predominante nell’80% delle case italiane, abbia condizionato i modelli di comportamento, relazioni, estetici, sessuali. Si certo anche la mamma di Bellissima promuoveva la figlia, patetica aspirante starlette, ma quelle famiglie e quelle madri che ogni tanto escono alla luce dai prosceni dell’Olgettina o dietro ai troni della De Filippi sono parodistiche e mostruose rappresentazioni della società della corruzione, della fugace visibilità che annienta la reputazione, del denaro effimero che si brucia come unico motore di affermazione e del sesso usa a getta come insostituibile strumento di conquista di uno spazio, di una identità, di un futuro fatto di tanti telefonini, stivali sempre più alti e mini sempre più corte di bocche sempre più mostruose e avidità sempre più aberranti.
Sono fortunata: mia madre ridente e giusta non ha fatto differenze tra me e mio fratello, che in cucina mi batteva nella gara di polpette, ho incontrato uomini rispettosi e devo molta ammirazione alla mamma dell’uomo che amo che ha alimentato in lui una bella e felice sentimentalità e una radiosa e virtuosa capacità d’amore.
Sono fortunata perché in tempi di riduzione dell’opulenza anche in questi territori privilegiati, pare che la carestia più orrenda, quella morale, dipenda il larga parte proprio dalla terribile scoperta che le risorse d’amore sono energie che vanno rinnovate e coltivate e curate, pena dolore e disumanità oggi e domani.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :