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Mafia in Sardegna: il silenzio degli incoscienti

Creato il 12 novembre 2013 da Alessandro Zorco @alessandrozorco
 

Il direttore dell’Unione Sarda Anthony Muroni sostiene, sul suo blog personale, che la mafia non è soltanto un boss che spara per la strada ma è soprattutto un sistema che percorre tutta l’Italia, un modus vivendi fatto di “privilegi, concorsi truccati, reti di parentele intrecciate, cognomi che si ricorrono di generazione in generazione”. Una tesi del tutto condivisibile, che vale anche e soprattutto per la Sardegna. Finora i media, i politici e i sociologi avevano sempre liquidato superficialmente la questione sentenziando che la nostra regione è del tutto esente da fenomeni come mafia, camorra e ‘ndrangheta. Come se ci fosse bisogno di omicidi con la lupara e auto imbottite di tritolo per capire che anche in Sardegna la gestione del potere avviene spesso e volentieri con uno schema di stampo mafioso portato avanti da pochi ma che avvelena la parte buona della società. Mafia è un sistema politico-economico in cui il potere è gestito in maniera clientelare e corrotta. E’ un sistema dove gli uffici di molti politici sono spesso ambulatori pieni di gente che chiede favori e prebende. Mafia è un sistema dove in campagna elettorale un voto costa tot euro, in cui si entra nei posti di lavoro o si vincono i concorsi pubblici soltanto se si hanno le conoscenze giuste. Mafia è un mondo del lavoro malato, in cui chi lavora onestamente viene considerato l’ultima ruota del carro, mentre fa carriera solo chi esegue gli ordini del padrone. Dove chi prova ad alzare la testa viene insultato e mobbizzato. Mafia è un sistema in cui vige la regola della prepotenza e del sopruso. E un sistema dove l’informazione tende a dare spazio solo ai più forti soffocando spesso le voci delle minoranze. E’ un sistema sanitario gestito da potenti lobby farmaceutiche. E’ un sistema universitario in cui i grandi baroni fanno il bello e il cattivo tempo. Mafia è un sistema sociale malato che si alimenta di silenzi e connivenze. Dell’omertà di chi sa ma non parla. Perché ha paura o perché parlare non conviene. Perché parlare spesso porta tanti sacrifici e rotture di scatole. E allora possiamo veramente dire che in Sardegna la mafia non esiste? Oppure dobbiamo dire che in questi anni la mafia sarda ha proliferato, alimentata dall’indifferenza, dalla paura e dal silenzio? Dalla connivenza di chi è stato messo ai posti di comando e ha sempre approfittato della copertura dei suoi protettori per esercitare vigliaccamente il suo potere sui malcapitati sottoposti? O di chi è sceso a compromessi per un buon posto di lavoro alla faccia di chi quel posto lo meritava davvero? Possiamo dire che la società sarda è un covo di educande in cui imperano la solidarietà e l’amore per il prossimo? In cui regnano la lealtà e la meritocrazia? O è un sistema in cui chi può arraffa, protetto da un malcostume imperante, e chi prova ad alzare la testa e comportarsi correttamente, ancor più se denuncia gli intrallazzi, viene emarginato e mobbizzato? La risposta al quesito è aperta: sta alla coscienza e all’esperienza  di ciascuno di noi.

La mafia si combatte con le parole

Mafia Sardegna
Voglio solo ricordare che l’inchiesta sui fondi del Consiglio regionale, che dalla Sardegna si è propagata a macchia d’olio in tutta Italia, è nata dal coraggio di una funzionaria pubblica che ha semplicemente fatto notare che i soldi pubblici devono essere utilizzati per la comunità e i politici devono rendere conto di come utilizzano quei soldi. Soprattutto quando fuori dal palazzo ci sono tante persone che non riescono a mettere insieme il pranzo con la cena. Teoricamente è una regola deontologica fondamentale in un Paese democratico. Eppure non è così. La funzionaria in questione non solo non è stata premiata per il suo coraggio, ma è stata mobbizzata sul posto di lavoro. E il gotha della politica sarda ha sempre continuato a vedere come una intromissione il fatto che la magistratura indaghi sui suoi conti intoccabili, con la pretesa arrogante che l’incapacità (o meglio la mancata volontà) di darsi regole certe sulla spesa di quei soldi pubblici possa creare una specie di zona franca per cancellare ogni abuso di potere. Oggi addirittura pare che la lobby nazionale dei potenti, ovviamente anche quelli che hanno sempre contestato le leggi ad personam di Berlusconi, si stia organizzando in modo da ottenere una grande sanatoria per nascondere questo scandalo sotto il velo dell’oblio. Ci riusciranno? E’ possibilissimo, in un paese barzelletta come sta diventando l’Italia. Ma ora, visto che anche il giornale ha detto che in Sardegna esiste la mafia, che cosa faremo? Magari tra un po’ lo dirà anche il telegiornale e allora diventerà una verità acclarata: in Sardegna esiste la mafia. A quel punto potremmo veramente prendere l’esempio dalla Sicilia, dalla Campania e dalla Calabria, dove le giovani generazioni hanno deciso di dire no al clientelismo e al malaffare. E allora cosa potremo fare in Sardegna? Dove fortunatamente a fronte di una minoranza di disonesti esiste una stragrande maggioranza di persone oneste? Continueremo ad abbassare la testa e subire, oppure ognuno di noi, nel suo piccolo, proverà a fare qualcosa? Continueremo a fare politica e sedere ai posti di comando fregandocene degli altri e pensando a noi stessi? Oppure proveremo a fare politica per eliminare le disuguaglianze sociali? Continueremo a fare i furbetti, ad accettare il favore e il calcio nel sedere perchè tanto lo fanno tutti, oppure diremo basta e lotteremo per una società dove effettivamente sia premiata la meritocrazia e il lavoro onesto? Continueremo a fare i prepotenti con i più deboli e rimanere proni di fronte al padrone di turno oppure riprenderemo in mano la nostra dignità?  La decisione è tutta nostra. Siamo noi, non solo i politici (che per fortuna non sono tutti uguali), a dover decidere che società vogliamo dare in eredità alle generazioni future. Siamo noi, nell’intimo della nostra coscienza, a dover scegliere da che parte vogliamo stare. Se alzare la voce o stare ancora una volta in silenzio.

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Mafia in Sardegna: il silenzio degli incoscienti
Alessandro Zorco

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