Ho visto il viso delle donne corrugarsi; il labbro chiudersi per trattenere cose da non dire; lo sguardo cercare scappatoie altrove. Mi sembra ogni volta più strano avere in mano un mondo e poi condizionare solo una piccola parte di esso: infervorarlo perché distrugga anche il resto. Ha agito come qualsiasi donna. Senza scuse, senza pretese. E io di nuovo qui. Non ho il coraggio di distendermi, la voglia di pensare ad altro. Il valore delle cose scema quando a perdere è la persona che pensa di aver conquistato tutto. Dovrei non preoccuparmi e lasciare che anche questa fiamma affievolisca lenta i suoi bagliori e si trasformi in brace. Ma cosa ci sto a fare in questo deserto? L’unica donna che ho veramente amato l’ho chiamata mamma. Tutte le altre sono lontane. Eppure le voglio: le voglio tutte. Mi sento come un uomo privo di qualcosa. È tutto effimero e male accompagnato. Mi trovo in pace con me solo quando guardo il telegiornale e cucino qualcosa che mangerò con fame.
Le ho chiesto se era il caso. Non volevo fosse un gioco. Se devo divertirmi sarà quando avrò la mente adatta a farlo. Ora ho necessità di qualcosa che non mi lasci a piedi da un giorno all’altro: ho bisogno di te. Tu che passeggi tondeggiando le anche e portandomi fuori strada. Tu che mi guardi solo quando ti capita. Tu che mi comprendi ma mi contraddici, che mi illudi e mi stupisci, mi spogli e mi rivesti. Tu che hai attenzioni per me e deludi le mie aspettative, creandone di nuove.
Ora non ho più leggi da seguire perché ho perso il giudizio e la facoltà di improvvisare. Sono tutto un brivido e non mi stanco di vibrare. Sono una corda stonata e una nota sbagliata, scritta, depennata su di un pentagramma. Mi manca la chiave; senza non sarei.
Eccomi qui. Non ho da offrirti che me e i miei dilemmi, i miei problemi, i miei fogli imbrattati di inchiostro simpatico. Ho una sorgente ricca di pensieri che hanno paura di essere espressi. Ma con te pensavo potesse essere stato diverso. Con te avevo la spinta a dire: quella che prima non esisteva.
Immaginavo che domani poteva essere un giorno migliore perché avevo te nella mia sfacciata vita che non sconta le paghe anche a chi era stato onesto e continuava ad esserlo. Stavo cominciando a dimenticare cosa significa essere soli. Ma il mio destino sembra essere questo: mi tocca fare ammenda delle mie parole e dei miei peccati, sbagliati o no che siano, e diventare l’amico di me stesso.
A me stesso dedico il mio scrivere, il mio pensare senza tanti fronzoli, perché quel domani diventi davvero migliore. So che ci sarò io a fare compagnia a me stesso rileggendo le mie passioni e le mie preoccupazioni. E cosa mi importa di un pianeta che non ha capito che non avevo intenzione di nascere? Ma sono qui, senza te, solo con me. È stato quel che è stato e adesso vai pure.