Da Pandora Tv
Da informare per resistere un articolo del maggio 2014:
I dodici Berkut arrestati a fine febbraio con l’accusa di strage verranno presto rilasciati. La Procura di Kiev non ha trovato prove che possano collegare il massacro di Maidan con i corpi speciali della polizia ucraina, i famigerati Berkut. Quello che ormai si sospettava da tempo adesso è realtà. Ha dichiarato il presidente della Commissione parlamentare che indaga sull’eccidio di dimostranti e di poliziotti dello scorso febbraio a Kiev, Gennady Moskal: «Questa storia sembra molto alla vicenda dell’assassinio del presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, su cui si sta ancora indagando a distanza di cinquant’anni». Dopo tre mesi di occupazione della piazza centrale della capitale ucraina da parte di dimostranti che chiedevano le dimissioni dell’allora presidente Viktor Yanukovich, dal 18 al 20 febbraio dei cecchini spararono sulla folla e sulle forze dell’ordine. A distanza di due mesi e mezzo non si ha ancora un bilancio ufficiale della carneficina. Di certo si sa che i morti sono stati più di cento e i feriti quasi mille. Il nuovo governo insediatosi a Kiev e i media occidentali hanno accusato l’ex presidente e i corpi speciali della polizia di essere il mandante e gli esecutori dell’eccidio. Secondo i membri del governo sovvertito, invece, i colpevoli si anniderebbero tra i rivoltosi e i loro complici. Yanukovich ha detto: «Non ho mai ordinato a nessuno di sparare sulla folla». Una settimana dopo quella strage il presidente è stato costretto alle dimissioni, sotto la pressione dei media ucraini e internazionali. Secondo i periti balistici della Procura, i proiettili che hanno ucciso i manifestanti non appartengono a nessuna delle armi in dotazione dei Berkut. L’ex capo dei corpi speciali Vladimir Krashevsky, ha così ricostruito per Russia Today lo svolgersi del massacro: «Alle otto di mattina del 20 febbraio hanno iniziato a spararci addosso. In quel momento eravamo disarmati. I cecchini erano piazzati sui tetti dei palazzi tutti intorno a noi. E nonostante fossimo dei bersagli siamo riusciti comunque a evacuare oltre trecento impiegati del ministero dell’Interno. Di una cosa sono certo, a sparare non sono stati i nostri e chi ha compiuto il massacro ha intenzionalmente colpito entrambe le parti».
Sulla vicenda ha detto la sua anche l’ex capo dei servizi segreti ucraini Aleksandr Yakimenko: «Il comandante delle cosiddette forze di autodifesa di Maidan Andrey Parubiy viveva in simbiosi con l’ambasciata Usa. Dalle informazioni di cui sono entrato in possesso, Parubiy era in contatto con gli agenti delle forze speciali americane che hanno coordinato l’assalto. Aggiungo anche un altro elemento, i cecchini non erano ucraini, ma stranieri. Venivano dalla ex Jugoslavia». Yakimenko ha poi aggiunto: «Quelli di Pravy Sektor e di Svoboda hanno chiesto l’intervento dei corpi speciali per portare in salvo alcune centinaia di persone intrappolate in un edificio governativo occupato. Hanno chiesto a noi di salvarli dai cecchini. Lo hanno fatto anche se nei giorni successivi ci hanno accusato di essere noi i cecchini. Comunque, abbiamo inviato una piccola unità in avanscoperta e ci siamo resi conto che si trattava di una trappola. Se fossimo realmente entrati in quell’edificio non ne saremmo usciti vivi». Certo, Krashevsky e Yakimenko possono essere tacciati di essere di parte. E probabilmente lo sono. Ma le poche prove emerse in questi tre mesi fanno intravedere una verità che si avvicina alla loro visione partigiana. «Tutte le prove mostrano che le vittime di piazza Maidan sono state uccise dagli stessi cecchini. Sto parlando sia dei morti tra i poliziotti, sia di quelli tra i manifestanti. Le prove che ho personalmente vagliato sono inequivocabili. Non è stato Yanukovich a ordinare il massacro, è stato qualcuno della nuova coalizione». Il ministro degli Esteri estone Urmas Paet non poteva essere più chiaro. Dall’Australia la ministra degli Esteri dell’Unione Europea Catherine Ashton ascolta, di tanto in tanto annuisce, senza troppo entusiasmo. Ma nemmeno contraddice una sola volta il suo interlocutore. La telefonata risale al 28 febbraio scorso, ed è stata registrata (illegalmente) dai servizi segreti ucraini (Sbu). È stata la Ashton a chiamare. Paet era appena tornato da Kiev e voleva essere aggiornata. Dieci minuti e quarantanove secondi da lasciare senza fiato.
L’audio integrale della telefonata tra il ministro degli Esteri estone Urmas Paet e la sua omologa dell’Unione Europea Catherine Ashton. La chiamata inizia con lo scambio di convenevoli tra i rispettivi segretari. Solo in un secondo momento i due ministri iniziano la conversazione. Una volta pubblica, la telefonata viene minimizzata dalla Ashton. Ma in un comunicato ufficiale, il governo estone conferma la veridicità dell’interezza delle dichiarazioni fatte alla ministra europea. Non è tutto. Rivelazioni interne all’Amministrazione Obama (ma smentite) sostengono che la sera precedente al massacro trecento mercenari dell’Academi (la più grande società del mondo di mercenari) sono sbarcati all’aeroporto di Kiev, provenienti da Washington.
Pubblicazione di Marta Saponaro.