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Mala giustizia? In attesa di chiarezza, un altro morto non trova “pace”.

Creato il 04 luglio 2011 da Yourpluscommunication


Mala giustizia? In attesa di chiarezza, un altro morto non trova “pace”. Michele Ferrulli è morto improvvisamente giovedì scorso a Milano, dopo un controllo della polizia. L’uomo che in via Varsavia, al quartiere dell’Ortomercato, è rimasto a terra privo di vita, era malato di cuore.

Eppure si fa presto ad imparare come, soprattutto per le notizie relative a questi casi (ma non solo), di certezze è bene non parlare.

Proprio la moglie della vittima, Caterina Mele, infatti, ricorda le parole che usò il medico durante la visita cardiologica a cui si sottopose il marito agli inizi dell’anno: «sotto sforzo, disse, gli dovrebbero dare una coppa!».

Soprattutto per chi è debole di cuore, morire in seguito a forti emozioni, può succedere ma, in questa vicenda, delle coincidenze insinuano il dubbio di una colpevolezza in divisa, certo, tutta da dimostrare.

L’accusa è per i quattro agenti intervenuti giovedì scorso e, da 48 ore, iscritti sia nel registro degli indagati per omicidio preterintenzionale sull’inchiesta capitanata dal pm Gaetano Ruta, sia sugli striscioni che sventolano ancora oggi davanti l’ingresso delle case popolari dove si può leggere: «Polizia assassini infami. Dovete pagare», «Michele morto ammazzato».

E poi come a fare una semplice e triste addizione, tutto riporta alla mente il ricordo della morte di Sandri, il tifoso laziale ucciso da un agente della stradale o a quello, mai troppo lontano, della morte di Cucchi.

Il ragazzo colpevole di avere addosso della droga e che, a prescindere dal quantitativo -irrisorio- di droga sequestratogli non trova ancora oggi (forse proprio perché non ne ha) giustificazioni alle percosse subite né ai soccorsi “sbagliati”.

Mala giustizia? In attesa di chiarezza, un altro morto non trova “pace”.
Come se non fosse bastato, infatti, apprendere che poteva salvarsi “con un solo cucchiaino di zucchero” all’ancora irrisolto caso Cucchi si aggiunge l’ennesimo caso misterioso.

Questa volta il tutto gira attorno ad un video, ora al vaglio dei periti scientifici, registrato con un cellulare, e non solo.

Altri occhi senza schermo tecnologico, infatti, hanno visto e registrato “in memoria”.

Testimonianze che fanno la differenza su quella che diventa la “mia parola contro la tua”.
Ricordi che vengono ritrattati, mescolati alle emozioni, certo ma, soprattutto denunciati.

A farlo è un amico della vittima, Emilian Nicolae, 45 anni. Ad ascoltarlo ancora, Ruta il pm titolare dell’inchiesta.

«Lo hanno picchiato in tanti, e alla fine Michele è caduto a terra…». L’uomo ha riferito di percosse ai danni di Ferulli inflitte dagli agenti della mobile anche con il manganello.

Mala giustizia? In attesa di chiarezza, un altro morto non trova “pace”.
Proprio queste ultime, stando al racconto, ne avrebbero provocato la caduta sull’asfalto. Emilian Nicolae ha continuato, inoltre, dicendo di aver sentito Ferrulli chiedere aiuto.

Una nuova testimonianza, dunque, che aggiunge nuovi ed importanti elementi alla precedente dichiarazione. Integrazioni per le quali Ruta oggi (che, compresi i residenti di via Varsavia affacciati alle finestre, ha finora ascoltato circa dieci persone) chiede, ovviamente, spiegazioni ad Emilian Nicolae. Già, perché precedentemente ha omesso particolari così rilevanti?

«Mi sentivo confuso» ha risposto l’amico della vittima. O magari, oggi ha trovato il coraggio di dirlo. Oppure, ancora, ha solo calcato la scena della cronaca. Ma a che pro?

Con una morte impossibile, tutto è possibile. Soprattutto se si tratta di un amico. Perché un amico è tale anche se è delinquente o incensurato oppure, se ad aver la fedina penale sporca o pulita, è lo stesso testimone.

Lo stesso che ha confuso la realtà con le emozioni, quelle che, probabilmente, hanno invaso la scena di un fermo e che forse hanno abbondato sulle taglie della divisa.

Un abuso di potere che non troverebbe comunque spiegazioni visto che, al momento, nessuno ha detto o ricorda di aver visto la vittima colpire per primo (e se non per legittima difesa, gli agenti non possono picchiare per primi).

Sebbene la Questura si sia subito premurata a garantire la correttezza delle procedure messe in atto dai poliziotti durante l’arresto del muratore ubriaco ed aggressivo, Gaetano Ruta ha aperto un fascicolo con l’accusa di omicidio preterintenzionale a carico di quattro agenti di due volanti.

L’immediato soccorso dopo il malore dell’uomo prestato poi dagli agenti indagati, verrebbe dimostrato dallo stesso video-accusa registrato giovedì sera e di cui la Procura di Milano sta cercando di acquisirne il cellulare, sia per evitarne manomissioni, sia per aver immagini più nitide, sia, infine, per riuscire ad avere qualche elemento in più su chi lo ha girato.

Identità che, infatti, resta sconosciuta (anche se alcuni parlano di una donna). La stessa che indirettamente viene “invitata” ad un colloquio con gli inquirenti.

Questa mattina, Nicola Izzo, il vicecapo della Polizia di Stato, ha raggiunto la Questura di Milano per un incontro fissato precedentemente ai fatti ma, dopo l’incontro con il questore, Alessandro Marangoni, ha parlato con il capo della Squadra mobile proprio di questa infelice vicenda. (Discorsi di cronaca piuttosto che di in-giustizia?)

Domani mattina alle 8:00 intanto, si terrà l’esame autoptico sul corpo di Ferrulli, al quale potranno partecipare anche eventuali consulenti nominati dai quattro agenti denunciati. In seguito all’esame dell’autopsia, la salma potrà essere messa a disposizione dei familiari per i funerali mentre la ricerca di verità e giustizia resterà in mano agli inquirenti.

Se il risultato dell’esame, infatti, dovesse accertare come causa della morte, l’infarto, resta sempre da chiarire il perché delle percosse.

Di e su questa violenza, vera o presunta, infatti, non si vuole e non si deve tacere.

Marina Angelo


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