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Malavita, recensione del nuovo film di Luc Besson

Creato il 23 ottobre 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online
malavita

Photo credit: Josh Jensen / Foter / CC BY-SA

Cose nostreMalavita è il nuovo film di Luc Besson, prodotto da niente di meno che Martin Scorsese.
Una gran bella prima impressione. Già gli interpreti fanno presagire un grande film: Robert De Niro, Michelle Pfeiffer e Tommy Lee Jones. Tutti i grandi amanti del genere si stavano fregando le mani aspettandosi un qualcosa di grandioso; ma, se solo avessero guardato il trailer, avrebbero cominciato a dubitarne.

La famiglia Manzoni è stata posta sotto il programma di protezione testimoni e adesso si chiama Blake. Il pater-familia è Robert De Niro, boss mafioso pentito (un ruolo del tutto nuovo per l’attore). La madre, Michelle Pfeiffer, veste i panni di una moglie vendicativa, capace di far esplodere tutti i supermercati che non le vanno a genio. I figli, Jhon D’Leo (The Wrestler; Nudi e Felici) e Dianna Agron (celebre per il suo ruolo nella serie televisiva Glee) sono giovani dal viso pulito ma dai modi violenti, abituati a prendersi tutto. L’allegra famigliola si è dovuta trasferire in Normandia, a causa di una copertura saltata.

Tratto dall’omonimo romanzo di Tonino Benacquista, Malavita è un concentrato di citazioni cinematografiche da “Godfellas (Quei bravi ragazzi)” a “Gli Intoccabili”. Nel tipico stile di Luc Besson, si fondono azione e commedia, tragedia e comicità in un unica pellicola che, però, non riesce a comunicare niente, se non violenza gratuita. Chi non vuole vederne, è vero, non dovrebbe guardare un film di Besson. Ma al contrario di “Leòn” o di “Wasabi” (di cui è stato sceneggiatore) spesso qui è totalmente fine a se stessa.

Si può ridere di tutto, e riuscire a fare dell’ironia su qualsiasi argomento, ma sfortunatamente in Malavita non si intravede nemmeno questo. La comicità è anche, talvolta, imbarazzante, come se tentasse di stare al passo con il ritmo del film, ma non ci riuscisse.

Unico momento davvero godibile è una scena in cui De Niro, partecipando a un cineforum della piccola cittadina in cui sta venendo sempre più apprezzato, guarda proprio “Quei bravi ragazzi”. E’ un istante di comicità davvero pura e intensa, in cui la realtà (De Niro ha davvero recitato nel film) si fonde con la finzione (il personaggio si riconosce nei ruoli del film di Scorsese). Solo in questa scena si può rivedere la freschezza della regia di Luc Besson che però, sfortunatamente, in tutto il resto del film scompare.


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