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Maledetto Blizzard

Creato il 16 febbraio 2012 da Davide

Durante il maltempo che ha imperversato sull’Italia centro-meridionale e ha paralizzato Roma, giornalisti e teste parlanti della TV si affannavano a usare un nuovo esotico termine: blizzard. Ora, in inglese il termine non indica un vento specifico, come la bora o il buran o il foen, o il mistral, è un termine abbastanza generico, che in generale non ha il senso che i cronisti travestiti da pinguini credevano. Sul blizzard, peraltro, fiorisce un vero e proprio folklore del West, dato che la temperatura crolla di 30 gradi in mezz’ora e se uno si trova all’aperto la cosa si fa seria. C’è la storia del mulattiere del Nord Dakota che si salvò aprendo la pancia al suo mulo ficcandosi dentro le budella calde e fumanti, nonostante l’orrendo puzzo dello sfortunato animale, e quella del tale del Texas che uscì dalla capanna di tronchi per pisciare e venne trovato congelato dai suoi compagni a pochi metri dall’uscio. I suoi amici però non si persero d’animo e lo usarono come attaccapanni per tutto l’inverno. Di storielle così, tra il drammatico e il comico, ce ne sono moltissime.
In ogni caso ho fatto una breve ricerca, per recuperare il senso esatto e l’origine di questo termine meteorologico:
Blizzard : a. Una violenta tempesta di neve con venti che soffiano a una velocità minima di 56 km all’ora e una visibilità di meno di 400 metri che dura almeno per tre ore.
b. ‘una tempesta di neve forte, sostenuta,’ 1859, di origine oscura, forse connessa in qualche modo con blaze ‘fiamma brillante, fuoco’ , antico inglese blæse “una torcia, fiamma, lampada,” dal Proto-Germanico *blas- ‘luminoso, bianco’ che a sua volta deriva dalla radice Proto Indoeuropea *bhel- ‘brillare, lampeggiare, bruciare’.
Blizzard cominciò ad avere un uso comune negli USA nel senso di tempesta violenta di neve nel terribile inverno del 1880-81 per via, sembra, dell’amore che il direttore di un giornaletto di Estherville, Iowa aveva per le parole nuove. L’Oxford English Dictionary dice che la parola è più o meno onomatopeica e aggiunge che non vi è nulla che indichi un’origine francese. Prima di quel periodo il termine blizzard significava tipicamente ‘colpo violento’, ‘ battuta fulminante’ e in genere qualcosa di notevole e anche ‘salva di fucileria’ in inglese americano fino al 1829, e il termine blizz ‘acquazzone violento’ è attestato dal 1770. Il senso di tempesta invernale forse ha origine da un uso colloquiale figurato dell’alto Midwest degli USA.
Il Grande Blizzard del marzo 1888 fu uno dei peggiori della storia degli USA, le ferrovie furono chiuse, il telegrafo interrotto e la gente dovette restare a casa per una settimana. Chiamato il Grande Uragano Bianco paralizzò la Costa orientale da Washington fino alle province atlantiche del Canada. Il blocco dei trasporti di superficie portò in gran parte alla decisione di costruire il primo sistema di metropolitana sotterranea degli USA prima a New York e poi a Boston. Nel gennaio 1888 era peraltro avvenuto il cosiddetto Blizzard degli Scolari o il Blizzard dei Bambini negli stati delle Pianure centrali dall’Alberta, Canada, fino al Nebraska, USA. Migliaia di capi di bestiame morirono congelati ammassati contro i recinti di filo spinato. E’ chiamato Blizzard degli scolari perché moltissimi bambini vennero intrappolati insieme alle maestre nelle piccole scuole monolocale fatte di tronchi d’albero e fango e riscaldate da una stufa a legna. In genere le maestre tennero i bambini dentro la scuola, arrangiandosi come potevano, e salvando loro la vita. E’ anche vero che le morti furono limitate perché gli abitanti di questi stati venivano in gran parte dalla Scandinavia, la Polonia, la Russia e l’Ucraina o da stati della Costa orientale e il Midwest che hanno normalmente inverni assai severi, e quindi sapevano come comportarsi. Per avere un’idea del paesaggio basta guardare l’eccellente film dei fratelli Cohen, Fargo, che si svolge nel Minnesota settentrionale, tra Minneapolis e Bimiji, e dove nessuno si fa scoraggiare dal blizzard, nè i delinquenti che rapiscono e uccidono una donna, nè la sceriffa incinta che risolve il caso.
Ora il problema del ‘blizzard’ italiano, che peraltro ha colpito, a parte Roma, aree che sono sempre innevate tutti gli anni, anche se magari quest’anno un po’ di più, è che non ha colpito all’improvviso quelle aree. Si potrebbe quindi parlare con maggiore esattezza di nevicata sovrabbondante, magari anche eccessiva (ma dire che il Gran Sasso è isolato, via!). Ho studiato a Urbino e ho parenti tra Marche e Romagna: ha sempre fatto neve e i villaggi dell’interno degli Appennini sono sempre rimasti isolati l’inverno almeno fino a trent’anni fa. Persino gli antichi Romani si trovarono a mal partito nella guerra contro i Sanniti per via della neve a cui non erano abituati! Per quel che ricordo, durante i gelidi inverni degli anni 1950 e 1980 non sono mai rimasta a casa per via della neve neppure se nevicava in spiaggia e i treni non si fermavano o venivano bloccati, ma se mai transitavano a velocità moderata. Non si chiudevano le strade nel modo più assoluto, specie le autostrade, se non per via di quache incidente eccezionale.
Credo che il vero problema della scorsa ondata di neve che ha paralizzato l’Italia sia un miscuglio tra Stato terapeutico centralista e filosofia ‘Se non fai non sbagli’, per cui fermo tutti i servizi. Thomas S. Szasz parla di una medicalizzazione della politica e delle nuove caratteristiche che ha il nuovo Leviatano: la sostituzione dei simboli patriottici con la simbologia medica, mentre la discrezionalità del medico e della sua terapia sostituisce la rule of law, la legge.

Nel XVIII secolo lo Stato dimostrava scarso interesse per il trattamento terapeutico, oggi mostra un estremo interesse per il concetto di malattia e usa il termine trattamento terapeutico come sinonimo di coercizione, afferma Szasz. Pensiamo solo alle dichiarazioni in termini di ‘organismo sano/malato’, ‘decreti Salva Italia’, eccetera, di questo governo e di questo presidente (che sono gli ultimi di una serie). Per restare in tema di blizzard, in generale si è progressivamente proibita l’autosufficienza delle famiglie, imponendo riscaldamenti centralizzati, scoraggiato quello che negli USA e in Canada è la norma, il generatore di corrente, ostacolando l’uso della legna e del carbone per il riscaldamento in nome di un ecologismo da salotto, giungendo addirittura a considerare il caminetto un lusso. In compenso si è trascurata la minima preparazione che altrove è normale, di preparazione all’emergenza invernale con volontari veri che si organizzano strada per strada in nome del buon vicinato, non dello stato onnipresente con la Protezione Civile. La mentalità da Welfare crea una dipendenza che si è evidenziata con l’emergenza neve: contadini che una volta avrebbero fatto ripari da vacche che stavano su e avrebbero spazzato via la neve dai tetti, piangevano davanti al cronista di turno per il crollo di tetti che erano evidentemente malconci anche prima di nevicare.


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