Mali / Giornalisti maliani e colleghi francesi /Chi informa chi?

Creato il 10 febbraio 2013 da Marianna06

Nessuna meraviglia  in merito a questo stile d’informazione  indiretta, quella francese, non difficilmente  manipolabile e che continua, anche mentre scriviamo, a fare il suo corso.

In quanto, fin dagli inizi delle ostilità sul terreno, era emerso subito quale sarebbe stato il comportamento da parte dei “fratelli” francesi corsi in aiuto.

Gli esempi, in letteratura di conflitti, non mancano

Però, agli inizi, stranamente, non c’era stata sul posto nessuna sollevazione di scudi.

Qualche timida voce fuori dal coro. E basta.

Ma il tempo- si sa - è maestro. E così, giorno dopo giorno, esso  porta a riflettere.

E “qualcuno” ha cominciato a vedere chiaro.

La guerra su territorio maliano era e rimane, a quel che è dato constatare, essenzialmente un “ affaire” francese ( sono molti i giornalisti maliani, che la pensano così).

Per essere più chiari, essi denunciano ormai, e senza mezzi termini, l’aggressività di quella che Parigi definisce comunemente politica della Françafrique.

Cioè un neocolonialismo edulcorato, che piace solo alle lobbie politiche del momento, se però esse  non sono, per caso,  in contrasto con l’Eliseo.

E, per di più, occorreva all’epoca ( oggi è la stessa cosa) a giornalisti e a fotoreporter maliani, quelli più “fortunati” (noi diremmo i più intraminati) una forma di accreditamento ufficiale perché essi, volendo, potessero essere ammessi, non certo sul teatro di guerra, ma a centinaia di chilometri dal luogo delle operazioni militari e ricevere finalmente, un po’ più in diretta, qualche scampolo d’informazione, per poter informare a loro volta la propria gente.

Grandissimo motivo di frustrazione pertanto, come è inevitabile in situazioni del genere, per chi, tranne che nel colore della pelle e nella nazionalità, ha tutte le credenziali per poter svolgere il proprio lavoro quanto e meglio, magari, del collega francese.

Invece nella stessa Bamako, la capitale, le notizie della guerra contro i feroci jihadisti(Aqmi) e i trafficanti di morte, loro compagni di ventura, giungevano e continuano a giungere, anche attualmente, solo tramite “France2”, “France 24” o altre similari emittenti francesi, grazie a delle interviste fatte, in Francia, a Jean-Yves Le Drian, ministro della Difesa, e a Laurent Fabius, ministro degli Esteri.

Incredibile ma vero.

Un Mali che, più passano i giorni e ,sempre più, è sotto tutela.

Mentre il “nemico” che si fa conoscere a tutto il resto del mondo deve essere ed è solo il “cattivo” fondamentalista islamico, che ora utilizza, addirittura, come strumento di guerra contro l’Occidente persino l’infido tuareg plagiato, che si presta a fare da kamikaze.

Cose dell’altro mondo, potrebbe dire l’uomo della strada, che non si occupa di politica.

Cose di questo mondo, invece, per le faine francesi.

E per i gonzi, che non s’interrogano mai e credono a ciò che viene loro detto, senza interporre affatto il beneficio del dubbio

L’interrogativo più grande, una volta allontanato il pericolo del fondamentalismo islamico,sempre se ci si riuscirà, è : quale sarà la sorte finale effettiva del Mali unito? E dei maliani? Della gente comune?

E, ancora, chi metterà le mani sulle loro ricchezze per tarpare, se gli riesce, le ali dello sviluppo al Paese?

 I francesi si preparano, per caso, a replicare quanto già fatto in Costa d’Avorio, che non è neanche molto tempo fa ?

Un giornalismo autoctono e libero potrebbe aprire, quasi certamente, gli occhi alla popolazione locale.

Per questo è meglio che le informazioni giungano da altri canali e che il Mali continui a vivere sotto la protezione dello zio François e dei suoi generosi guerrieri armati.

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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