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Mamme 2.0 alla Social Media Week

Da Maila
Mamme 2.0 alla Social Media Week
Basta casetta del Mulino Bianco, famiglie sorridenti sedute senza fretta intorno al tavolo della colazione (a proposito, ma a che ora si devono alzare per stare tutti così tranquilli?). Le donne si sono stufate di quest'immagine sterotipata.Anche di questo si è parlato nell'incontro Antropologia dei Social Media: un’analisi sulle mamme 2.0 in Italia, organizzato nell'ambito dell’evento Social Media Week a Roma,  in un appartamento in pieno centro, senza wifi ma con il soffitto affrescato che era una bellezza. Le mamme vanno di fretta, non hanno tempo da perdere, non si fidano più della suocera e appena possono cercare di sedare le loro ansie o condividere le loro gioie con altre madri sul web. Altro che casetta nella prateria, semmai allattamento al seno, emorroidi e mariti disattenti. E' il risultato della ricerca del  Centro Studi Etnografia digitale che in collaborazione con Viral beat  ha realizzato un’ indagine antropologica in ambiente social media sulle mamme di oggi.  Nell’arco di un mese e mezzo, dal primo maggio  al 22 giugno 2010, sono state analizzate 2.489 conversazioni avvenute principalmente (per l' 86,9 %) sui forum ma anche su blog e social network in cui si parlava  di  paracapezzoli in caucciù, di cosa mettere in valigia per il parto in ospedale,  ma anche (immagino) di quali prodotti consumare e quali evitare. I siti più monitorati sono stati Forum al femminile, le answers di Yahoo, gravidanzaonline, mammole e pianeta mamma. Il risultato è scontato, almeno per noi che ci siamo dentro. Le mamme sono esigenti, attentissime ai prodotti che usano per i loro bambini e si confrontano in continuazione per avere un feedback. Però adesso lo   hanno capito anche le aziende e sono disposte a spendere bei soldi per sentire "cosa ci diciamo" quando siamo tra di noi. Non ci inseguono più insomma. Vogliono "conoscerci". Ma, soprattutto,  aggiunge Adam Arvidsson, docente di Sociologia della Globalizzazione e dei Nuovi Media all’Università di Milano, “il valore di un brand non è più creato in fabbrica ma coinvolge una comunità di persone che fa brand community. Adesso le aziende si sono rese conto che non si può solo prendere dalla passione degli utenti senza dare niente in cambio altrimenti si rischia di perderli. Bisogna gestire questa risorsa in maniera più lungimirante”.  In altre parole, oltre a conoscerci, vogliono la nostra collaborazione per portare avanti il loro marchio. E ci sta, se se lo meritano e se ci premiano. Certo ormai quei fantastici art director milanesi vestiti Dolce e Gabbana che usano una parola inglese ogni tre dovranno collaborare con internauti veri, che vanno in giro a scoprire, sondare, chiedere ma dal di dentro,  costruendosi  degli "Avatar" come ha detto in conferenza Flavia, autrice del bel blog http://www.veremamme.it/ (titolo ironico, dice, le vere mamme non esistono, siamo tutte vere!). Anzi le blogger dovrebbero essere più considerate, aggiunge Chiara di machedavvero.it in questo processo, visto che sono produttrici di contenuti culturali condivisi. E infatti nell'evento di blogger ce ne erano diverse, forse più dei giornalisti. E questa la dice lunga... Sono intervenuta anche io prosaicamente per dire che passata l’ansia dei primi sei mesi in cui si valutano i pro e i contro di qualsiasi marca di pannolino, dopo mi sarebbe piaciuto riuscire a comprarli risparmiando più possibile, magari con l’e.commerce, anche 200 pannolini per volta, perchè no? Ci ha risposto prima Arvidsson e poi Alex Giordano, strategic planning director del Ninja LAB. Il mercato –hanno detto- sta cambiando. Ci sono portali dove puoi trovare i prodotti più convenienti e ti mandano gli sms (PS: quali sono e chi li paga gli sms?). Ci sono processi di autoorganizzazione dei consumi (vero, ho diverse amiche che lo fanno ma non online). E poi gli smartphone, come l'Iphone 4. Ci sarà un' applicazione in grado di riconoscere attraverso un codice il prodotto e di dare tutte le informazioni relative, sia merceologiche che di sostenibilità ambientale e di reputazione on line. Quindi se scriverò "mamme, la Pampers è buona quanto gli Huggies ma costa molto di più (dico per dire!) e assorbe anche un pò meno" a Milano influenzerò la mamma di Catanzaro. Che magari prima si sarà pure beata alla vista della pubblicità di un angioletto con i boccoli che cammina per casa vestito solo del suo bel pannoletto, sorridente e asciutto, ma dopo un click l'avrà altrettanto rapidamente rimossa. E tutti quei soldi allo story boarder, al produttore esecutivo, al direttore di produzione, al regista, agli operatori, al fonico, al montatore, al grafico, all'esperto di musiche, al runner, all'attrice, al pargolo, alla Rete per la messa in onda, eccetera eccetera...

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