La lotta proletaria, la rivoluzione, i diritti dei lavoratori, il sindacalismo. Idee di riscatto e nozioni amabili. Princìpi che hanno accompagnato e tratteggiato parte della storia d'Italia. In particolare quella degli anni '70, quando le movimentazioni sindacali erano al culmine d'un processo di maturazione durato troppo tempo e gli operai prendevano coscienza del presente, consapevoli che le cose potevano e dovevano cambiare.
In questo libro, Antonio Pennacchi racconta quell'epoca e quel movimento con sagacia ed acume; con frasi semplici e schiette, con parole capaci di ricreare quell'atmosfera acre e sofferta che si respirava all'interno delle fabbriche. L'autore, come il protagonista della storia, ha lavorato per tanti anni in una fabbrica, la Fulgorcavi, ed ha vissuto sulla sua pelle tutte le sensazioni descritte nel libro.
Edito da Mondadori, Mammut è in realtà una riedizione. La prima pubblicazione risale al 1994. Nella nuova introduzione, Pennacchi scrive: " Ho cominciato a scrivere Mammut la sera del 3 novembre 1986 all'età di 36 anni compiuti e cinque mesi [...] Ho finito il 26 giugno del 1987 [...] Ai primi di ottobre sono cominciate ad arrivare le lettere: "Non rientra nella nostra linea editoriale". Ed è andata avanti così per otto anni. [...]. Per otto anni. Loro a rispedirmelo e io a rimandarglielo. 55 rifiuti alla fine, da 33 editori diversi. Tutti gli editori italiani dai più grossi ai più piccoli. Nessuno escluso. Ma non m'hanno voluto.[...] Poi finalmente è capitato tra le mani di Ornella Mastrobuono, che era all'epoca editor di Donzelli, e - chissà com'è - all'improvviso è piaciuto a tutti. Un successo di critica unanime all'uscita. Non così di pubblico. Ma grazie per sempre a Ornella e grazie anche a Donzelli, con cui il rapporto però - anche personale - s'è chiuso. Così sono, purtroppo, le umane cose".
Il protagonista è l'operaio Benassa, rappresentante sindacale e sanguigno leader dei lavoratori, che si prodiga per la difesa dei diritti dei colleghi, scrivendo di notte i comunicati del Consiglio di fabbrica; veri e propri "poemi", in cui attacca la direzione dell'azienda con tenacia e fermezza. Ma non fa solo questo. Guida anche scioperi, manifestazioni, cortei e blocchi stradali. E quando arriva il momento di occupare la centrale nucleare, dà anima e corpo per i compagni e si comporta come ha sempre fatto. Con meticolosità e perseveranza. Ma alla fine, mentre combatte l'ultima battaglia per tenere la fabbrica aperta, si sente stanco e pensa di cedere alle richieste del capo del personale.
Al di là del tema forte e della scrittura brillante, il volume non spicca di certo per le idee. Ha poco di genuinamente narrativo, a parte qualche spunto che, a metà libro, strappa un sorriso al lettore. L'impressione è quella di trovarsi davanti a una mera operazione commerciale. Il primo pensiero è che la casa editrice abbia ristampato il libro sfruttando il recente dibattito sindacale nella vicenda Fiat e il buon momento di Pennacchi, vincitore del Premio Strega 2010 con Canale Mussolini (Mondadori, 2010).
Mammut è scritto bene. Anzi, magnificamente. Tuttavia, è piatto e privo di suspense; non porta il lettore ad innamorarsi dei personaggi. Al massimo si prova una leggera simpatia per il protagonista.
Ad ogni modo, il talento di Pennacchi nella scrittura è evidente Le rappresentazioni delle scene sono ben riuscite e le parole scelte con cura, contribuendo a descrivere egregiamente i contesti. Buona è la scorrevolezza del testo, grazie a frasi brevi e chiare; buono è il ritmo della narrazione, che non lascia spazio a pause o periodi scialbi; e buona è la rappresentazione delle emozioni attraverso le azioni dei protagonisti.
Poco sviluppato, invece, è l'intreccio narrativo, quasi inesistente, che rende Mammut solo una sequenza lineare di eventi e fatti ben raccontati, senza colpi di scena o comportamenti imprevisti.
Un libro, ciò nonostante, che merita di essere letto, almeno per la rilevanza storica dei fatti narrati e per la scrittura pungente di Pennacchi, già ben evidente in questa prima opera.