Roberto Mancini ha parlato alla La Repubblica cominciando sul delicato argomento della violenza negli stadi:
Sulla violenza negli stadi?
«Incredibile la scena di quel padre che dà i pugni al pullman della Juve col figlio vicino. Fossi il figlio penserei: ma cos’ha nel cervello mio padre? Ai miei tempi ne accadevano di fattacci, ma non così brutti. Andate allo stadio per tifare, altrimenti state a casa. Magari ti arrabbi per la sconfitta, e fischi, o fai la pañolada, ma perché insultare le persone? Perché le bombe carta? So che la domenica ci si sfoga per il lavoro che non c’è, per i problemi della vita, e che il calcio è un pretesto. Però allo stadio c’è anche un senso di impunità che non va bene. Bisogna applicare severamente le leggi. In Inghilterra accadde qualcosa tra tifosi dopo un derby di Manchester: il martedì la polizia ne aveva già messi dentro non so quanti, e fine del problema».
Non c’è anche un’eccessiva vicinanza tra i club e certi ultrà?
«Certo. I club non devono più essere conniventi. Contatti, ma non connivenza. Mantovani alla Samp ogni tanto faceva cene coi tifosi, e assunse come magazziniere un capo della curva, Bosotin, che a volte faceva qualche fesseria… Ma finiva lì. Mantovani diceva: “Se combinate casini allo stadio, il giorno dopo me ne vado e vi lascio come vi avevo trovati”. Risultato: ci furono 15 anni perfetti».
Comunque, per chiudere: Icardi rimane?
«Certo. È migliorato molto e ha ancora margini. All’inizio non mi piaceva il suo atteggiamento nel lavoro, ma è cambiato e si vede».
E Mancini rimane anche se arrivasse una telefonata da Madrid, o da Parigi?
«Ma no, ormai non arriva più… Mi mancano la Champions e la lotta per lo scudetto: vorrei ritrovarle qui, e riscoprire il piacere di costruire una squadra vincente, come accadde dieci anni fa, e vederla crescere giorno dopo giorno. Rimango qui, certo: ormai la fesseria l’ho fatta, ah ah».