Nel corso delle indagini, i poliziotti del commissariato di Manfredonia , hanno incrociato le descrizioni fornite dalle vittime sulla corporatura dei baby-rapinatori fino ad individuare i presunti responsabili. I tre ragazzi avevano collaudato un piano per evitare di essere identificati dai sistemi di videosorveglianza: poco prima di entrare in azione, rubavano gli abiti (jeans, felpe, maglioni, calze) da indossare per compiere la rapina, sottraendoli a ignari malcapitati che avevano il bucato steso dinanzi alle loro abitazioni al piano terra o comunque su balconcini facilmente accessibili.
Subito dopo aver messo a segno la rapina buttavano via gli abiti “sporchi”e per la successiva se ne procuravano altri “puliti”. Nonostante tutte le precauzioni adottate dai baby-rapinatori, gli investigatori, oltre ad avere la conferma che effettivamente la corporatura dei rapinatori corrispondeva a quella dei ragazzi individuati, hanno riscontrato che uno dei tre minori era solito indossare, anche quando non era impegnato in rapine, lo stesso paio di scarpe.
Nonostante la giovanissima età, i presunti rapinatori erano molto determinati. Erano soliti irrompere nei negozi nelle ore centrali della giornata, quando si presume ci sia una maggiore affluenza di clienti e quindi di denaro in cassa; inoltre minacciavano il cassiere di turno e terrorizzavano gli avventori con un'arma che veniva caricata sotto i loro occhi, affinchè i presenti capissero che l'arma era carica. In altre circostanze i baby-rapinatori avrebbero utilizzato un grosso coltello, puntandolo anche alla gola di qualche avventore.
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