Ecco, ho scelto.
Ho scelto la pizza al gorgonzola, e magari ci aggiungo anche il brie e qualche acciuga. A me piace così. A me adesso per lo meno piace così. Se non mi piacerà più saprò poi inventarmi qualcosa di nuovo…ma dubito di stancarmi del gorgonzola. E ci bevo tante bollicine rosé in accompagnamento, che è sempre un buon momento per festeggiare.
Ho scelto di provarci.
Di chiudere gli occhi e affidarmi, dare fiducia alla Vita ed alle innumerevoli porte che si apriranno adesso, contando sulla mia energia e su un flusso costante di acqua che scorre e porta verso nuovi lidi, scoprendo valichi e attraversando spazi mai immaginati.
Ho scelto di lasciare la sicurezza di un TFR, di una 13ma, di una 14ma e di un’entrata fissa a fine mese, per non parlare della posizione in palcoscenico che mi permetteva agganci facili e facili accordi. Abiti bellissimi, 15 giorni ogni sei mesi di Parigi tutta spesata.
Niente risparmi e obblighi di prestiti e affitto da pagare.
Un papà che non crede minimamente in questo e a ruota fratello e sorella che non mi parlano più.
A fronte di cosa?
Di quello che è sempre stato un mio sogno.
Di quella che è questa costante ricerca verso la felicità, verso una serenità stabile.
Stanca di essere trattata come un numero, utile solo allo scopo di altri, che nemmeno sanno questi altri quale sia esattamente questo scopo, persi come sono nel loro esasperato egocentrismo, laddove spedire a Los Angeles un abito era diventata questione di vita e di morte, manco stessimo a salvare vite umane, e soprattutto facendo saltare vite umane, con urli e soprusi diffusi.
( non mi sento assolutamente una vittima, in quanto purtroppo questo sistema moda si sa che è viziato da determinati atteggiamenti alla “il Diavolo veste Prada”. Questi sono modus operandi non soltanto accettati, ma anche giustificati…ma ciò non vuol dire che io debba uniformarmi accentando ciò che non trovo per niente giusto)
Mi sono chiesta: Dove vuoi essere tra adesso e 5 anni?
Le risposte erano tante, a volte confuse.
Ma sempre molto precise: lontano da dov’è chi avevo come capo e quindi avrei dovuto assumere a “role model”. Lontano da una vita che legittima la falsità e l’uso improprio di coltelli tirati dietro la schiena, o bustine bollenti del tè lanciate contro poveri stagisti che come unica colpa avevano lasciato troppo in infusione un earl breakfast portato come fosse un obbligo e non un piacere esaudito.
Non fa per me.
E attenzione: io ho studiato comunicazione, sono cresciuta a pane e chiffon e adoro il lusso chic che certi abiti donano, impazzisco nel vedere sfilare l’haute couture e mi incanto nella morbidezza del cachemire. Ma tutto questo è una parte di vita, non può essere il centro del fulcro della legittimazione – ancora- di certi atteggiamenti che con la moda non hanno nulla a che fare.
Ho deciso di tirarmi fuori.
Per salvarmi e per salvare quello in cui credo di più.
In tutto questo ho avuto l’enorme fortuna di avere un mio sogno in progressione, di poter firmare un contratto per il mio primo libro, di avere persone che riconoscono le mie potenzialità e credono in progetti che propongo. Di avere voi che mi seguite con amore e affetto.
Sono conscia che nessun ambiente è favoloso: questi dannati soldi viziano le circostanze, ma allora perché non provare a alimentare un’utopia bellissima, dove almeno in quello che faccio, si può costruire con gentilezza e passione la vita che si cerca?
Ho scelto quindi una vita che mi rende felice, un’opzione che mi fa sorridere al mattino, alzare cantando anche prima delle 3 tazze di caffè americano che mi bevo. Ho scelto di avere il tempo per dedicarmi a imparare cose nuove, sfidandomi in una gestione nuova della giornata, delle ore e dei soldi. Adesso finisco di lavorare magari anche all’una di mattina, ricominciando alle 8 del giorno nuovo, ma sono felice. Ho una gipsy crew che mi supporta ed è fantastica. Ed alla sera posso sedermi con il mio uomo, guardandolo negli occhi e raccontandogli le incredibili prodezze di Gipsy e del team, ascoltando della sua giornata e assaporando ogni attimo, ad occhi aperti e conscia di quello che sto vivendo, non più anestetizzata da una sorta di “repetita iuvant” o forza di inerzia che procedeva nel farmi fare ogni giorno la stessa cosa, senza più entusiasmo o gioia.
Ho guardato dentro il mio armadio, e dentro la mia casa: ho cose accumulate per anni, che la metà delle persone che conosco nemmeno mai avranno. Sono stata fortunata ed è ora di svegliarmi da un torpore che comunque non era sano. E’ ora di mettermi alla prova, di crescere nelle sfide, e nel trasformare gli ostacoli in nuovi traguardi.
E’ ora di ascoltare realmente i mie bisogni, che sono l’unica cosa reale da veramente legittimare, e non adattarmi a quello che vogliono gli altri / o che pensano gli altri sia giusto per me.
Quindi eccoci: Il mio anno in modalità mangia prega ama.
Voglio imparare nuovi sapori, e fare mie nuove tecniche, diventando brava in quello che amo fare.
Voglio viaggiare, scoprire nuovi mondi. Voglio l’India e il suo curry. Voglio Bali, ancora e voglio la Thailandia. Voglio fare indigestione di noodles.
Voglio prendermi meno seriamente e far di nuovo mia la leggerezza che mi è sempre appartenuta.
Pacifica. Voglio di nuovo essere descritta così.
Voglio vedere il mare.
Voglio amare. Il mio uomo, la mia famiglia e i miei amici, le persone che scelgo ogni giorno di avere accanto nel mio quotidiano. Voglio onorarli, voglio donare tempo e voglio esaudire ogni loro desiderio. Voglio diventare una buona compagna. Voglio che quando arriverà, e se arriverà, la nostra bambina sia fiera di quello che abbiamo costruito.
Quindi, tutta Vita, tutta gioia.
Con il coraggio di chi saprà sempre re inventarsi.
Che il vero cambiamento è la scelta.
Il vero progresso è il messaggio che si cerca di trasmettere.
Che l’unico role model da assumere sono le nostre stesse azioni.