Mani pulite e bocche sporche (di p. rosso e g. petrosillo)

Creato il 30 agosto 2012 da Conflittiestrategie

PIEGIORGIO ROSSO: Segnaliamo oggi due articoli con oggetto la vicenda Mani Pulite usciti sul Tempo il 10 agosto u.s. e su La Stampa il 29 agosto.

Nel primo, l’autore, Ruggero Guarini, si attribuisce il teorema della “revoca da parte degli USA del loro no al PCI al governo” pensando essi “che sarebbero potuti nascere equilibri politici persino più conformi agli interessi dell’Occidente di quelli fino ad allora assicurati da alleati inaffidabili, almeno in parte, sul fronte mediorientale”. Questo articolo sostiene in buona sostanza quanto Gianfranco La Grassa iniziò a dire ne “Il Teatro dell’assurdo” e poi quanto precisato nel blog dalla sua nascita fino agli ultimi articoli.

Nel secondo Maurizio Molinari, sotto un titolo totalmente depistante, pubblica il contenuto di una sua intervista di qualche mese fa all’ex ambasciatore Usa in Italia Reginald Bartholomew, dalla quale emerge il denso lavorio dell’ambasciata e dell’amministrazione Clinton attorno alla vicenda Mani Pulite. Intendiamoci, seguendo Molinari sembra che Mani Pulite sia piovuta dal cielo, che gli USA se ne interessino per caso e provvidenzialmente, che si diano da fare per garantire i sacrosanti diritti della difesa e per garantire la stabilità politica di un alleato importante. Non è ovviamente così. Il rapporto fra USA e pool Mani Pulite cambia solo quando occorre che le indagini non tocchino quelli dell’altra parte.

Questo blog ha fatto di questa materia un pezzo importante della sua ricerca e delle sue pubblicazioni e da tempo abbiamo segnalato con dovizia di particolari come contatti ad alto livello ed accordi politici fra USA e una parte del PCI, per un possibile cambio di casacca da effettuarsi a tempo debito, siano da far risalire a molto prima di Mani Pulite, per lo meno alla segreteria Berlinguer ed al viaggio di Napolitano negli USA del 1978.

Non nascondiamo che ci piacerebbe che questo lavoro, capace di anticipazioni di una certa rilevanza e frutto di pregnanti innovazioni teoriche portate dal pensiero di Gianfranco La Grassa nella scienza politica, fosse riconosciuto in qualche modo, ma tant’è.

Certo questi articoli segnalano per quanto in modo distorto che qualcosa di importante sta cambiando nei confronti dell’Italia e probabilmente nell’amministrazione americana. Il PD potrebbe essere la prossima vittima sacrificale. Le reazioni di Bersani potrebbero esserne una conferma.

GIANNI PETROSILLO: I due articoli qui proposti sono interessanti, ma per due ordini di ragioni distinte e dirimenti. L’articolo de Il Tempo, a firma di Ruggero Guarini, conferma e rafforza quanto sostenuto dal blog sin dalla sua nascita ma, soprattutto, quanto era stato scritto da La Grassa nel libretto edito dalla Punto Rosso, nel 1994, Il teatro dell’assurdo (tra qualche giorno lo renderemo disponibile sul blog e sul sito gratuitamente). Quella di La Grassa fu una vera e propria anticipazione intuitiva delle verità che sarebbero emerse successivamente ma che allora non venivano nemmeno pronunciate per paura di ritorsioni e annientamenti politici, professionali e persino fisici. Il primo a parlare di eterodirezione della mano giudiziaria da parte di una manina straniera sarà Cirino Pomicino, e mi pare solo qualche anno dopo. Soprattutto, molte vicende non erano ancora conosciute (vedi panfilo Britannia e dinamiche delle svendite delle imprese di Stato) e, quindi, mancavano dei pezzi del puzzle utili a rendere maggiormente intelligibile quel disegno destabilizzativo, avviato in  Italia all’indomani della dissoluzione dell’URSS, complici la magistratura, una serqua di sensali vari e avariati, apparati dello Stato e dei Servizi Segreti. Tuttavia, occorre ribadire che gli usufruitori finali del Piano non furono certo i togati ma gli americani, veri architetti del complotto (non abbiate paura del termine quando tutti gli indizi conducono a fatti, testimonianze, risvolti ormai così inequivocabili) per mezzo di scherani e di uomini di partito cooptati nel PCI e nella sinistra democristiana. A tal proposito vi ripropongo anche un mio intervento di qualche mese fa con annesso il libretto universitario di Di Pietro (http://www.conflittiestrategie.it/tangentopoli-ventanni-di-menzogne).

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1IUSSM

Veniamo al secondo articolo, quello del filoamericano e pro-democratico Molinari. L’intervista dell’inviato de la Stampa, pur essendo stata fatta qualche tempo fa, viene pubblicata solo ora, ad un mese dalla morte del diplomatico americano Bartholomew. C’entrano qualcosa i guai di Napolitano e le dichiarazioni di Di Pietro che ha fatto capire di conoscere i contenuti delle intercettazioni tra il PresdelRep e l’ex Ministro Mancino? L’ex felucheo sostiene di aver interrotto strani rapporti tra settori Usa ed il pool di Milano, con quest’ultimo che stava “violando sistematicamente i diritti di difesa degli imputati in maniera inaccettabile in una democrazia come l’Italia”. Bartholomew dice di essere arrivato nel caos italiano per caso. Sì, come no! Ma, principalmente, egli va a sostituire  Peter Secchia, inviato in Italia da George H. W. Bush nel 1989. Si tratta di un avvicendamento che rientra sicuramente nel turn over politico conseguente al mutamento di leadership a Washington ma che prelude anche ad un chiaro cambio di strategie internazionali poiché i democratici la vedono differentemente dai repubblicani circa i destini del nostro Paese. Con l’arrivo di Clinton alla Casa Bianca, cambia, dunque, la proiezione yankees nella nostra penisola e Bartholomew, giunto “per caso” a Roma, va a fermare le indagini dei giudici prima che arrivino a toccare la futura classe dirigente, cioè i comunisti incredibilmente salvatisi, nonostante decenni di consociativismo e di mani in pasta dappertutto, alla mannaia di Mani pulite (a proposito, considerato che in Italia si fa un gran parlare di tagliare gli enti inutili perché non chiudere direttamente le Regioni le quali vennero create appositamente per motivazioni di opportunità politica, cosicché si potesse fornire una valvola di sfogo alle istanze del PCI divenuto il secondo partito italiano e sbarrato nell’ascesa al governo dalla Conventio ad excludendum? Mi pare che, non sussistendo più nessuna clausola ostativa all’alternanza esecutiva ed essendone scomparsa la barriera ideologica si possa ben rinunciare ad una soluzione facente riferimento ad equilibri ormai non più esistenti e inutilmente costosi). Il neoambasciatore sussurra, infatti, nell’orecchio di D’Alema che “quanto avevano fatto e pensato i comunisti in passato non [gli] interessava, mentre ciò che contava era la futura direzione di marcia, se cioè volevano essere [loro] alleati così come [gli americani] volevamo continuare a esserlo dell’Italia”. Il baffettino nazionale raccoglie la palla al balzo e come ripaga (lui ed il suo partito di rinnegati) il nuovo amichetto a stellestrisce? Con la svendita del patrimonio pubblico e le privatizzazione delle imprese strategiche. Tra confusione di date e mezze verità, l’articolo di Molinari rappresenta un false flag ed un tentativo di depistaggio (o di avvertimento a qualcuno che parla troppo) della storia così come ci si sta svelando lentamente. Qualcosa potrebbe accadere a breve, teniamo gli occhi aperti.

http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=1JJGLL


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