Ci eravamo lasciati lo scorso articolo “Maniax, Libri e Adrenalina” nel bel mezzo di una scottante rivelazione e dopo una settimana di suspense è l’ora di conoscere meglio il colpevole!
Sito web: https://giovanniarduino.wordpress.com
Facciamogli qualche domanda!
Mala Spina: Ho navigato un po’ sul tuo sito, ho visto che hai scritto veramente tantissime cose diverse e mi ha colpita il fatto che tu abbia usato anche altri pseudonimi! Alcuni palesemente finti come Budello Budelli. Mi racconti come mai la scelta di non usare il tuo nome?
Giovanni Arduino: E dire che quelli elencati sul sito non sono nemmeno tutti. Comunque, credo esistano varie ragioni. Il desiderio di stare un po’ in disparte, per esempio, lasciando parlare i libri. L’idea che morto uno pseudonimo se ne fa un altro e un altro e un altro ancora. L’adorazione per certi autori americani di narrativa popolare dalle mille identità. La necessità di differenziare in modo netto la mia vasta e variegata produzione. A ogni modo, per i miei ultimi lavori ho utilizzato Giovanni Arduino, quindi il viziaccio, a patto che tale sia, un pochino mi è passato.
Mala Spina: Mi hai detto che avevi scritto “Maniax” per divertirti. A chi ti sei ispirato? Cosa ti ha fatto scattare l’idea?
Giovanni Arduino: Dopo avere letto un orribile thriller che in America era stato acquistato per mezzo milione di dollari o giù di lì, mi sono detto, okay, tanto peggio di così non posso fare, mi butto. Ho steso una bella sinossina, l’ho presentata a Tiziano Barbieri della Sperling & Kupfer, per il quale lavoravo come giovanissimo editor della straniera, e lui ha accettato la mia proposta. Poi non ho assolutamente rispettato la sinossi e ho scritto tutt’altro (nelle notti di un mese molto concitato), ma solo perché un personaggio minore ha preso il sopravvento, diventando il protagonista. A dimostrazione che alla fine è la storia, e soltanto quella, a contare e comandare, ed eventuali piani esistono unicamente per non essere rispettati.
In quanto a ispirazione, di base Maniax è un film horror anni Ottanta messo su carta, stile Dimensione terrore di Fred Dekker (mio cult assoluto), con qualche influenza dei primi sparatutto in 3D come Doom o Rise of the Triad. Poi in realtà dentro c’è un sacco di roba, tutte le mie passioni dell’epoca o di sempre, compresi gli opposti più opposti, dallo skate punk alle commedie adolescenziali alla John Hughes, passando attraverso Dino Buzzati e gli hentai con il tentacle rape. È un romanzo zeppo di difetti, con i suoi anni sulle spalle (uscì nella primavera del 1994), ma dubito che annoi. Credo, o spero, si percepisca il divertimento che c’è dietro, in questa come in altre mie opere successive.
Mala Spina: Stavo pensando: Maniax è una specie di videogioco, prima di questo hai scritto libro gioco di Stephen King. Il gioco è ancora presente nella tua vita? Usi Joe per produzioni che in qualche maniera hanno a che fare con il gioco e il divertimento?
Giovanni Arduino: Il gioco è curiosità. Io sono molto curioso, forse fin troppo, quindi in un certo senso gioco sempre. Nella mia vita, e non solo in campo editoriale o strettamente lavorativo, ho fatto davvero di tutto, nel bene e nel male.
Joe Arden rispecchia questo mio lato, ma è anche la mia parte più dolente. O almeno lo era. E poi quando è stato pubblicato Maniax, si riteneva impensabile che un italiano potesse scrivere opere “di genere”. Il pubblico non lo accettava, semplicemente, dati di vendita alla mano. Lo pseudonimo era d’obbligo. Da allora la situazione è parecchio cambiata.
Mala Spina: Sempre dal tuo sito leggo che ti occupi molto di traduzioni e che sei specializzato in Stephen King (tra l’altro hai scritto pure il libro gioco). Quali sono le cose migliori che hai imparato da lui riguardo la scrittura?
Giovanni Arduino: “E’ il libro che comanda”, come scrive Stephen King in On Writing citando Alfred Bester. Ovvero la storia, come si diceva sopra, Un autore non può che esserne spettatore e trascriverla. Un altro insegnamento, anche ma non solo da King (da tanti romanzieri noir o hard boiled, per esempio): eliminare la fuffa, il di più, l’inutile, il superfluo. Se bastano tre parole, perché usarne il doppio?
E poi King alimenta la curiosità di cui si parlava prima, essendo pure lui curiosissimo. E per questo ultimamente, insieme alle traduzioni e alle mie classiche attività (compreso un nuovo romanzo, tempo permettendo), butto giù saggi (a quattro mani con la giornalista Loredana Lipperini), faccio lo script doctor, sforno sceneggiature cinematografiche… insomma, pasticcio e gioco e sperimento, lavorando come un matto e ammazzandomi di fatica. Però sempre gioco è.
Ringrazio ancora Joe (posso chiamarti Joe lo stesso?) per l’intervista e buon lavoro!
Fra parentesi, proprio a proposito di lavoro, lui non lo ha menzionato ma Giovanni ha appena tradotto l’ultimo libro di Stephen King, quindi il viziaccio dei libri horror non lo ha mai perso!