Una marocchina di 25 anni si è immolata con il fuoco, qualche giorno fa, dopo essere stata cacciata da una bidonville dove viveva con i suoi due bambini. L’immolazione di Fadoua Laroui, il 21 febbraio a Fquih Ben Salah, è l’ultima manifestazione a oggi di una serie di movimenti suicidi nel Maghreb che tengono in allerta la regione. Queste immolazioni suscitano nell’opinione pubblica compassione e costernazione. Numerosi cittadini pensano che chi ricorre al suicidio fugge dalla realtà anzichè tentare di risolvere i problemi della vita. “E vero che lo Stato si assume una grande responsabilità nel migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini, ma quelli che soffrono devono riflettere su chi li circonda prima di prendere una decisione che puo’ distruggere una famiglia intera”, spiega la psicologa Hakima Louzi in un intervista. Secondo il sociologo Ali Chaâbani, il fenomeno apparso dopo il suicidio con il fuoco di Mohamed Bouazizi, fautore della rivoluzione dei gelsomini in Tunisia, è destinato ad attirare l’attenzione: “Questa forma di protesta non ha un effetto scontato ma si tratta semplicemente di un suicidio che ha delle gravi ripercussioni sulla famiglia. I bambini di Fadoua sono vittime di quello che la madre ha compiuto”. I responsabili religiosi della regione qualificano questo fenomeno come “haram”, contrario all’insegnamento dell’Islam. L’imam Abdelbari Zemzemi ha dichiarato che si tratta “di un atto proibito che non risolve il problema, anzi lo acerba“. Sottolinea poi un altro aspetto legato alle manifestazioni di protesta: gli atti di vandalismo. I manifestanti che inneggiano alla distruzione dei beni sono in contraddizione con loro stessi. Se manifesta contro le ingiustizie e si perpetuano queste ultime con i loro atti di sabotaggio e di distruzione. L’imam precisa che nessuno esige i suoi propri diritti parallelamente ledendo i diritti e gli interessi degli altri. Per trattare questo problema, i genitori devono inculcare ai loro bambini il senso di responsabilità nel rispetto dei diritti degli altri, ha spiegato Chaâbani, aggiungendo che “i bambini devono apprendere la cultura della protesta e del dialogo pacifico basato sul rispetto della legge” Lo Stato, è la società. Tutti sono chiamati a partecipare a preservare i beni comuni. Se, spiega l’imam,si rompono le finestre di una scuola, sono i bambini studenti che ne subiscono le conseguenze. La cittadinanza,aggiungo io, passa in primo luogo nel rispetto dei diritti degli altri, oltre ai doveri che una democrazia richiede.