Ormai è tutt’altro un mistero che abbia amato Mano Fantasma, perché è divertente, interessante, innovativo e scritto benissimo. Non necessariamente in quest’ordine, ma ognuno di questi riferimenti è vero (trovate qui la mia recensione) e il mio consiglio è proprio quello di non lasciarvelo scappare!
Per questo ho pensato di approfondire il libro e la serie insieme all’autrice che è stata disponibilissima a rispondere a tutte le mie domande (aehm, ben nove!) ma non solo: ci ha regalato anche un pezzettino spoiler free del secondo romanzo della serie. Di seguito trovate l’intervista dove l’autrice ci parla di sé, della sua esperienza nel self-publishing negli USA e in Spagna, ma anche dell’idea alla base del romanzo e degli elementi di originalità di questo fantastico libro.
Un grazie particolare anche al traduttore Ernesto Pavan che ha tradotto per WM domande e risposte!
Il romanzo racconta la storia di Olivia, una ragazza nata con una rara patologia: la sua mano destra, invece che di carne e sangue, non è che una silhouette eterea. La vita di Olivia, già abbastanza complicata di per sé, subisce enormi cambiamenti quando la sua mano fantasma comincia a dare segni di possedere strani poteri e una volontà propria; al tempo stesso, una potente organizzazione bigotta e ostile nei confronti di chi vive la condizione di Olivia comincia a darle la caccia e lei si vede costretta ad affidarsi all’aiuto di Marcus, un ragazzo sconosciuto di cui non è completamente sicura di potersi fidare.
Titolo: Mano Fantasma (Le cronache della PSS #1)
Titolo originale: Ghost Hand
Autore: Ripley Patton
Traduttore: Ernesto Pavan
Editore: Self Published
Pagine: 277
Prezzo: € 2,45 (Amazon.it), € 2,70 (Kobo Store), $ 2,99 (iTunes)
Data di uscita: 3 agosto 2015
- Ciao Ripley e grazie per avermi dato la possibilità di leggere il tuo libro che, tra l’altro, mi è piaciuto tantissimo! Innanzitutto, puoi parlarci di te? Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Mi sono innamorata della scrittura quando avevo tredici anni. Quell’anno, mia madre morì di cancro. Scrivere era la mia consolazione e il mio modo per superare il dolore. Scrivevo racconti e poesie. Rimasi molto sorpresa nel rendermi conto che la scrittura faceva emergere dal mio animo pensieri e sensazioni sepolti talmente in profondita che io stessa non avevo mai saputo di averli. Era come una magia.
- In Italia hai pubblicato questo libro come self published: come nasce questa idea? Quali sono secondo te i vantaggi e – se ci sono – gli svantaggi?
Nel periodo in cui ho cominciato a scrivere Mano Fantasma, un’agente letteraria di New York aveva espresso interesse per il romanzo dopo aver letto un mio racconto on-line e avermi contattata. Tuttavia, tre anni dopo, quando finii il romanzo, questa persona aveva smesso di lavorare nell’industria editoriale. Decisi allora di pubblicare il libro io stessa. Erano i tempi in cui cominciava a essere ormai chiaro che il self-publishing sarebbe stato il futuro dell’editoria; da parte mia, non mi sono mai pentita di questa decisione. I vantaggi sono il fatto che ho il controllo completo delle mie opere e il diritto di venderle come e dove voglio, al prezzo che voglio. Lo svantaggio è che devo pagare la pubblicazione di tasca mia (o finanziarla tramite crowdfunding, che è poi la via che ho scelto), oltre a dovermi occupare della promozione. Ma quest’ultima è molto piacevole per me, dunque non la considero un problema.
- Parliamo ora del libro. Ho trovato davvero originale l’idea di avere una parte del corpo “fantasma” (la Psiche Sans Soma, un difetto genetico raro), che rende la storia un mix tra paranormal e sci fi. Come nasce l’idea del libro e di questa particolarità?
L’idea della PSS nasce da un fenomeno clinico reale, noto come “sindrome dell’arto fantasma”. Una persona affetta da questo disturbo, pur avendo subito un’amputazione o essendo nata senza un arto, percepisce la parte del corpo mancante come se fosse reale. Un mio amico, dopo essere stato coinvolto in un incidente, aveva subito l’amputazione di una gamba. Questa persona mi diceva sempre che, quando camminava nel suo giardino, sentiva l’erba sfregare contro le dita del piede che non aveva più e che, a volte, gli venivano dolorosi crampi alla gamba che aveva perso. Non riuscivo a smettere di pensarci. Mi sono ritrovata a chiedermi: “E se tutti quegli arti esistessero ancora in un’altra dimensione? Cosa accadrebbe se cominciassero a nascere dei bambini con arti davvero fantasma? Che poteri speciali avrebbero? E come reagirebbe la società?”
Devo aver trovato le risposte giuste a queste domande, perché molti lettori hanno trovato il concetto di PSS tanto realistico da mettersi addirittura a cercare informazioni su questa condizione inventata, convinti che esistesse davvero.
- Altro elemento che ho adorato è la protagonista: una ragazza decisa e a tratti ingenua, molto divertente e ostinata. Se dovessi presentarla a chi ancora non ha letto il romanzo come la descriveresti?
Olivia nasce dalla fusione della ragazza che avrei voluto avere il coraggio di essere e di mia figlia adolescente, una delle donne più volitive che io abbia mai conosciuto. È introversa e determinata, testarda e sarcastica, affettuosa e tenace.
- Interessante anche l’elemento della diversità, dove tutto ciò che è sconosciuto – o poco conosciuto – è ritenuto possa essere potenzialmente pericoloso. Proprio per questo chi è affetto da PSS non solo viene visto in maniera diversa ma addirittura temuto. È così?
Assolutamente sì. L’idea che la diversità possa diventare causa di persecuzione è un tema portante dell’intera serie. Ma in Abbraccio fantasma, il secondo volume, emerge come non tutti reagiscano allo stesso modo al “diverso” e come considerare una persona “specialissima” per la sua diversità può condurre a guai quasi altrettanto grossi. Credo che il messaggio fondamentale della serie sia che la vita si fonda sull’equilibrio e sul riconoscere che tutti, a modo loro, sono diversi. Siamo esseri unici; è proprio questo che rende la vita interessante.
- Nel tuo romanzo si affronta l’eterno tema del bene e del male, ma anche del giusto e sbagliato e soprattutto della percezione che ognuno ha di questi temi. Tu cosa ne pensi?
Grazie per aver fatto questa domanda. Mi fa davvero molto piacere. I miei libri preferiti sono sempre stati quelli in cui bene e male non sono chiaramente distinti, oppure quelli dove non è sempre facile distinguere gli eroi dai malvagi. Credo che ci siano molto poche persone davvero cattive al mondo. Tutti noi crediamo che le nostre azioni siano giustificate e che abbiano perfettamente senso. Tutti noi viviamo esperienze sconvolgenti che ci fanno cambiare radicalmente la nostra visione del mondo. Ho cercato di tenere presenti queste linee guida fin dall’inizio della serie. Ma in Ghost Hope, il quarto e ultimo romanzo, che sto scrivendo propro ora, alla fine si scroprirà come anche i personaggi più perfidi non siano che esseri umani feriti nel profondo, e come persino gli eroi più grandi possano sbagliare con conseguenze terribili.
- Mano fantasma è anche e soprattutto un thriller: come ti sei trovata a mischiare più generi insieme?
Mi è piaciuto molto, ma in tutta onestà non ho pensato a un genere specifico mentre scrivevo il romanzo. Mi sono limitata a seguire l’andamento naturale della storia. Ha senso, in fondo, che mi sia ritrovata a incorporare tanti dei generi letterari che amo.
- Infine, so che è in fase di traduzione il seguito: puoi anticiparci qualcosa, senza spoiler?
Sollevai lo sguardo sulla fila di monitor che mostravano i punti di vista delle telecamere che tenevano d’occhio i quattro lati della casa e i vari ingressi. Poi mi appoggiai allo schienale della sedia, osservando gli schermi di fronte a me come una saggia supereroina al sicuro nel suo rifugio segreto.
Fu allora che la vidi: un’ombra era scivolata nell’angolo in basso della telecamera numero diciassette. Fu un attimo. Qualcuno stava girando attorno alla casa, facendo tutto il possibile per non essere notato. O forse era la mia immaginazione. Forse l’eccitazione dovuta al fatto di essere l’unica persona sveglia mi aveva provocato un abbaglio. Mi concentrai su quello schermo per cogliere altri possibili movimenti. Poteva essere sempre colpa del vento: magari l’ombra di una nuvola o un ramo smosso da una folata avevano oscurato per un attimo la telecamera.
Poi, con la coda dell’occhio, intravidi un movimento di fronte alla telecamera diciotto. Questa volta l’ombra era un po’ più grossa e riuscii a distinguerne la forma prima che svanisse alla vista. Era spessa e piegata, come un gomito.
Merda!
C’era qualcuno là fuori. Questa persona stava strisciando lungo le pareti della casa, fuori dall’angolo visivo delle telecamere, e si stava lentamente dirigendo verso il retro. L’ingresso più vulnerabile erano le porte a vetri che conducevano in veranda. E Marcus era proprio là, addormentato.
Guardai la telecamera numero diciannove e distinsi nettamente l’ombra che vi passava di fronte. Non c’era dubbio: si trattava di una persona.
Abbassai lo sguardo sul pannello di controllo. C’era un microfono collegato a un sistema di altoparlanti per le emergenze. Il problema era che Yale non aveva ancora finito di allacciare tutti i collegamenti. Premetti il pulsante nella speranza che almeno quello fosse attivo. “Ragazzi,” dissi. “Qui Olivia. Sono nella stanza della sorveglianza. C’è un intruso. Rispondete se mi sentite.”
Fissai gli schermi che mostravano le camere nel seminterrato. Nonostante i miei sforzi, le sagome addormentate non si mossero. In effetti, non si erano mosse da che le avevo viste. Era normale che delle persone dormissero così profondamente? E se fossero stati narcotizzati? Se lo fossimo stati tutti? Voglio dire, eravamo praticamente crollati a letto. Persino il sempre vigile Marcus aveva ceduto al sonno. E se tutto, dalla casa alla nostra improvvisa sonnolenza, avesse fatto parte del piano dei CAMFisti e io fossi l’unica abbastanza sveglia da fare qualcosa?
Ma in tal caso, perché ero ancora sveglia?
“Dannazione, Yale,” dissi nel microfono. “Nose. Jason. Sveglia. Ho bisogno di voi.”
Ma era chiaro che non mi sentivano. Spostai la mia attenzione sulla telecamera numero venti, che sorvegliava la veranda e la zona intorno alla portafinestra. L’ombra non era ancora arrivata fin là. Sullo schermo del salotto, Marcus dormiva ancora sul divano, ma il suo braccio ora penzolava. Se non altro si era mosso. Dovevo scendere ad avvisarlo.Ispezionai la stanza con lo sguardo nella speranza che qualcuno avesse lasciato lì un’arma, ma fui sfortunata. Non ero nemmeno sicura di ricordare dove avessi lasciato la mia Walther. Ricordavo vagamente di aver sentito dire a qualcuno che le armi erano state scaricate, ma non sapevo che fine avessero fatto. Ed ero sicura che nemmeno Passion fosse armata. Dio, eravamo un branco di idioti. A che serviva avere un arsenale se nessuno sapeva dov’era?
Cosa mi restava da fare? Uscire e affrontare l’ombra senza uno straccio di arma? E se per caso fosse già entrata in casa e io non me ne fossi accorta? Se fosse stata in agguato nella stanza padronale? O in corridoio? E se ci fossero stati più assalitori e io ne avessi visto soltanto uno? Merda, merda, merda.
Datti una calmata, Olivia. Era solo un’ombra. Nessuno può entrare in casa senza far scattare l’allarme.
Peccato che gli allarmi si possano disattivare.
Merda.
Guardai lo schermo numero venti. L’ombra lo occupava completamente. Vidi la testa e il torace di un uomo che si stava allungando per coprire la telecamera con un pezzo di stoffa.
Lo schermo diventò nero, ma non prima che io riuscissi a identificare quel volto. Mostrava a malapena i segni delle percosse e dei maltrattamenti che Jason gli aveva inferto tre settimane prima.Era il volto di Mike Palmer.
L’uomo che aveva bruciato casa mia con me dentro.
L’uomo che noi ragazzi avevamo torturato.
Quell’uomo era là fuori e stava cercando di entrare in casa.
Il mio sguardo corse al monitor del salotto. Ecco Marcus, ancora addormentato. Ecco la porta a vetri. Tuttavia, una fonte di luce proveniente dal salotto si rifletteva su quest’ultima, oscurando la mia visuale della veranda.
Un momento. Qualcosa si stava muovendo là fuori. Una sagoma scura in veranda. Intravidi un paio di spalle arrotondate, come quelle di un uomo inginocchiato di fronte alla porta, intento magari a scassinare la serratura o a disattivare l’allarme.
Dovevo fare qualcosa e farlo in fretta. Non potevo starmene nascosta mentre Mike Palmer entrava in casa nostra. Là sotto c’era Marcus.
Dopo aver lanciato un’occhiata allo schermo ed essermi accertata che la sagoma fosse ancora all’esterno della casa, corsi nella stanza padronale in cerca di qualcosa, qualunque cosa, da usare come arma. C’erano dei cuscini. Le lenzuola. Delle poltrone imbottite. Nulla di utile. In compenso, i tondini di ferro battuto che reggevano le tende dall’aria costosa sembravano promettenti. Ciascuno di essi era ornato da una punta che lo faceva assomigliare a una lancia.Salii su una sedia e sollevai un tondino dal suo supporto. Con uno strattone, lo divisi nelle due parti che lo componevano. Passai una mano su una di esse, sfilando la tenda e lasciandola cadere a terra assieme all’altra estremità, la cui caduta fu attutita dal tessuto. Il tondino che mi rimase in mano era solido, abbastanza pesante e lungo circa un metro. Era meglio di niente.
Con la mia lancia improvvisata in mano, uscii dalla stanza e percorsi il corridoio tenendomi rasente al muro, fino ad arrivare vicino alla balconata che dava sul salotto. Diedi una sbirciatina da dietro l’angolo. Lo schienale del divano mi impediva di vedere Marcus, ma avevo una buona visuale della portafinestra e della veranda. Non c’era nessuno là fuori.Il che significava che era dentro.
Fui tentata di urlare per svegliare Marcus, ma ciò avrebbe rivelato la mia presenza e la mia posizione, nonché le sue. Non potevo correre il rischio. No, avrei dovuto scendere e cercare di cogliere Palmer alla sprovvista prima che desse fuoco alla casa o mettesse in atto un qualche altro piano criminoso. Quell’uomo era un incendiario, un bigotto e un vigliacco; avrebbe potuto fare di tutto. Da parte mia, non mi sarebbe dispiaciuto infilzarlo come uno spiedino con la mia pseudo-lancia. Una volta avevo mostrato compassione nei suoi confronti, ma quel tempo era passato.
Presi il coraggio a quattro mani, mi premetti contro la parete opposta e mi preparai a girare l’angolo che mi avrebbe condotta alle scale.
Udii un rumore di passi provenienti dalla cucina al pianterreno.
Palmer si stava muovendo.
Merda.
Stava salendo le scale. In fretta.
Mi preparai a colpire, i muscoli del braccio tesi, e mi tuffai oltre l’angolo prima che lui arrivasse in cima alle scale.
- Grazie per essere “sbarcata” in Italia con i tuoi romanzi, lascio a te tutto lo spazio che vuoi per salutare i lettori italiani e mandargli un messaggio.
Scrivere un libro è un piacere unico. Vederlo tradotto in un altra lingua e poterlo condividere con il resto del mondo è ancora più magnifico. Spero che la storia riesca a coinvolgere tutti, che i lettori italiani la apprezzino quanto quelli americani e spagnoli. Nulla rende più felice uno scrittore che raggiungere altre persone con il linguaggio universale delle storie. Buona lettura a tutti.
La serie delle Cronache della PSS è composta di 4 libri:
- Ghost Hand (The PSS Chronicles #1): tradotto in italiano come Mano Fantasma;
- Ghost Hold (The PSS Chronicles #2): in via di traduzione in italiano;
- Ghost Heart (The PSS Chronicles #3): disponibile solo in inglese (per ora ;-) );
- Ghost Hope (The PSS Chronicles #4): uscirà negli store internazionali nell’autunno 2015.
Ripley Patton vive sulla Costa Ovest degli Stati Uniti. Ha un gatto, due figli adolescenti e un uomo che vorrebbe vivere su una barca. È una scrittrice premiata per i suoi racconti, nonché autrice delle Cronache della PSS, una serie di thriller paranormali dedicati ai giovani.
Ripley non fuma, beve o impreca quanto i suoi personaggi. I suoi unici vizi sono la scrittura, le M&Ms e i reality show.
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