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“Manolito Quattrocchi” di Elvira Lindo, Lapis

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

manolitocopFresco fresco di libreria eppure già una superstar! Sì perché Manolito Quattrocchi, il frizzante, loquacissimo, esuberante monello della periferia di Madrid, è già a suo modo un piccolo eroe della letteratura per l’infanzia.
La sua mamma letteraria – Elvira Lindo – lo concepì nel 1994, inizialmente come personaggio di una trasmissione radiofonica da lei condotta. Con i romanzi che lo videro successivamente protagonista vinse prestigiosi premi e in Italia Manolito era già comparso anni fa tradotto in un’edizione Mondadori oramai rintracciabile solo nelle biblioteche.

Per fortuna la casa editrice Lapis ha salvato dall’oblio un’opera letteraria tanto gustosa e felice ripubblicando, poche settimane fa, la prima delle avventure del simpaticissimo ragazzino spagnolo.
La nuova edizione di Manolito è un concentrato di vivacità e freschezza, grazie anche all’ottima traduzione di Luisa Mattia che si è impegnata, riuscendoci in pieno, per rendere, con la briosità del linguaggio, tutta l’irresistibile verve del personaggio.

Indubbiamente un regalo per tutti i bambini italiani che, leggendo delle imprese quotidiane – semplici eppure così speciali – di Manolito, potranno eleggerlo a compagno di risate e di giochi, divertendosi assieme e lui e sentendosi un po’ rappresentati dallo sguardo curioso, allegro, intelligente, garbatamente puntuto e giustamente irriverente, che egli ha sul mondo che lo circonda.

Tra i molteplici libri che, con successo o meno, si prefiggono, sotto sotto o dichiaratamente, il compito di insegnare qualcosa ai bambini, è davvero una gioia, di tanto in tanto, trovare delle perle che hanno semplicemente – semplicemente? – l’intento di allietare, divertire, avvicinare quanto più possibile il loro spirito a quello dei piccoli lettori.
E’ grazie a opere come queste che si riesce davvero a passare ai ragazzini il piacere di leggere, svestendo l’atto da qualsiasi velo di pesantezza e obbligo e rendendolo, di fatto, un grande spasso.

Manolito vive a Charabanchel, che è un quartiere popolare alla periferia di Madrid. Deve il suo nome alla scritta che campeggia sul camion del papà, che di mestiere fa l’autotrasportatore, e il suo soprannome Quattrocchi, dal quale lungi dall’essere infastidito, agli occhiali che troneggiano sul suo faccino vispo di ragazzino sveglio.
In casa con lui c’è, oltre al già menzionato padre, la mamma, che è campionessa mondiale di una sacco di abilità tra le quali il lancio della scoppola (ogni volta che Manolito compie qualche marachella, e cioè spesso) e lo spionaggio (ogni volta che Manolito vuole nascondere qualche marachella, e cioè spesso).
Poi c’è anche l’Imbecille, altrimenti detto dai più il suo fratellino, che a differenza sua parla poco ma non per questo non dà fastidio. Manolito è ben cosciente che non sia molto carino l’epiteto che gli ha affibbiato ma, ahimè, quando si abitua a qualcosa non riesce proprio a smettere e, bisogna proprio ammetterlo, di chiamarlo per nome proprio non gli viene.
Infine c’è il pezzo forte della famiglia, il vero compagno d’avventure di Manolito, il suo alleato, colui che forse più gli assomiglia e cioè nonno Nicola. Nonno Nicola ha ottant’anni ma è vispo come un ragazzino e come un ragazzino è animato da intraprendenza, spirito d’iniziativa e capacità di risolvere un sacco di situazioni spinose.

Intorno ci sono gli amici, i compagni di scuola. C’è Lopez-orecchie-a-sventola che è l’amico del cuore, anche se ha tutti i difetti del mondo e i piedi che puzzano. C’è il bullo del quartiere, Yihad, quello dal quale stare alla larga tranne nel caso si abbia un nonno così abile da riuscire a garantire la convivenza pacifica. C’è l’unica femmina del gruppo, Susanna-panni-sporchi, della quale innamorarsi un poco, salvo poi scoprire che le ragazze non sono affatto così debolucce come si dipingono ma, anzi, star loro dietro è una gran fatica.
E c’è perfino un marziano! Paquito Medina, così impeccabile, bravo a scuola, abile negli sport e perfino simpatico. Insomma un tipo così in gamba che non può appartenere certo a questa terra…

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Con un pugno di comprimari che si contano sulle dita di una mano, Manolito, amici e familiari tratteggiano una quotidianità esilarante, composta di piccole avventure, marachelle, bisticci, giochi, amicizie e buffe trovate.
Ciò che rende eccezionale ogni pagina è la voce spontanea e vivacissima dell’impareggiabile protagonista che colora le strade e i parchi di periferia e fa sì che ogni impresa diventi uno scrigno di risate e buonumore.

Lo scenario su cui si muove Manolito è quello delle borgate delle grandi città, che si fanno quasi paese, dove la gente è semplice e non certo ricca, dove i ragazzini giocano ancora per la via e i genitori, seppure affettuosi, non vanno certo per il sottile o il filosofico quando si tratta di giudicare un comportamento giusto o uno sbagliato e agire di conseguenza.
Una realtà dove la madri hanno il compito di educare i figli e di tenere puliti e dignitosi quei pochi metri quadri di appartamento, nel quale magari una stanza in più si guadagna chiudendo con l’alluminio una terrazza e nonni e nipoti sono costretti, con la gioia di entrambi, a dividere lo stesso ambiente notturno.
Una realtà dove gli anziani vanno al circolo e i padri vanno al bar, dove l’unico spazio verde è un parco minuscolo con un solo albero al centro, e per questo viene chiamato con nonchalance Parco dell’Impiccato.

Non si va in vacanza e non ci si aspetta nemmeno chissà cosa dalla vita ma, visto attraverso i quattro occhi di Manolito, ogni giorno è un’avventura e può candidarsi a divenire il miglior giorno del mondo mondiale. Perfino quando un bullo ce l’ha proprio con te, l’amico del cuore vuole rubarti la fidanzata, la maestra è un’arpia e alla mamma non sfugge mai nulla di quello che combini.

Ogni problema e ogni soluzione appaiono, spiegati e affrontatati da Manolito – che un po’ se le cerca e un po’ inciampa nelle disavventure – talmente limpidi da non poter essere diversi e mai si potrebbe dubitare, in ogni situazione, della buona volontà del protagonista.
Manolito è sì un piccolo antieroe ma è anche ironico e arguto, candido e sincero, e il suo sguardo sui fatti sempre illuminante.

E dopo ogni capitolo, dopo le risate di cuore, resta una vena di tenerezza, che mescolata all’allegria rende la lettura indimenticabile. Perché intorno al piccolo scugnizzo di Charabanchel c’è un mondo di affetti, di bambini imperfetti che riescono, nonostante non siano certo stinchi di santo, ad essere amici e a fare a gruppo, di fratelli che, dietro agli epiteti poco incoraggianti, si vogliono bene, di mamme che, pur se simili a Colonnelli, sono partecipi e presenti, di vicini e amici che sanno creare quella rete che oramai nelle città non esiste più, di famiglie traballanti ma unite.

Manolito Quattrocchi ci regala inoltre uno dei più gustosi e sintonici rapporti nonno-nipote della letteratura per ragazzi. Irresistibili le avventure condivise, splendido lo spirito bambino che vive nel nonno, a dimostrare che spesso sono gli anziani, quando sostenuti dall’amore e dalla vicinanza dei propri cari, i più capaci di ricongiungersi con la spensieratezza e l’irriverenza dell’infanzia.

(Al primo volume di Manolito Quatrocchi seguiranno in autunno altri due – Bentornato Manolito e Che forte, Manolito!- sempre editi da Lapis)

(età consigliata: da otto anni)

Se il libro ti piace, compralo qui: Ecco Manolito. Manolito Quattrocchi


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