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Manovra economica e Giustizia: intervento del PDCI Calabria

Creato il 20 luglio 2011 da Yellowflate @yellowflate

Manovra economica e Giustizia: intervento del PDCI CalabriaPurtroppo in questi anni un’informazione, in gran parte orientata a non disturbare il grande manovratore come viene definito dalla sezione tematica giustizia del PDCI Calabrere, il Governo Berlusconi, ha occultato i grandi guasti provocati in danno della società italiana dalle scelte di questo Governo, spesso camuffando scelte scellerate con messaggi affabulatori come modernizzazioni, di competitività, ma assolutamente vuote. Come è avvenuto in questi ultimi anni con la scuola pubblica. Un vanto da sempre per lo Stato italiano è stato fortemente compromesso dalla  riforma Gelmini.

Secondo quanto affermano, in una nota stampa, i responsabili giustizia del Pdci Calabrese,  la manovra finanziaria tocca il mondo della Giustizia. Forse nessuno pensava ad un’operazione così devastante, assurda, anacronistica e soprattutto anticostituzionale e perciò antidemocratica.

Il processo di demolizione è iniziato con l’introduzione dell’Istituto della “Mediazione Civile” spacciato come un’idea per rendere più efficiente la giustizia ma che in realtà ha prodotto una fase pregiudizio obbligatoria (peraltro per alcuni istituti giuridici e per altri no in maniera assolutamente contraddittoria ed irrazionale); hanno introdotto un costo supplementare – notevole – per i cittadini che vorrebbero avere giustizia per i diritti negati, hanno, anziché ridurla, provocato una ovvia lungaggine dei tempi della giustizia, ma con una logica retrostante altrettanto aberrante: privatizzare la giustizia; come prima il Governo ha tentato di privatizzare la scuola.

Ora con la nuova manovra finanziaria le scelte proposte sono ancora peggiori.

Chi intende ricorrere ad un Tribunale da oggi in poi dovrà affrontare costi esorbitanti da consentire le vie della giustizia forse solo a chi è straricco.

Costerà 4.000 euro ( si quattromila euro) a chi vorrà impugnare una gara d’appalto; si raddoppiano i costi di giustizia già esistenti; si pagherà il contributo per le cause di Stato Civile (separazioni, divorzi); si pagherà il contributo anche per le cause di lavoro, per le cause di previdenza; per le cause relative a licenziamenti (pensate ad un vecchietto, ad una persona con l’invalidità o con handicap o addirittura ad un lavoratore licenziato quando nel rivolgersi al suo avvocato si dovrà sentir dire che dovrà versare allo stato un contributo per poter iniziare la causa).

Si pagheranno in percentuale al valore della controversia le cause davanti alle Commissioni Tributarie; con un aggravante: il cittadino dovrà prima di iniziare il procedimento pagare la sanzione, l’accertamento; sia se ha torto sia se ha ragione.

Chi vorrà ricorrente al Tribunale Amministrativo dovrà comunque versare almeno un contributo di euro 600,00 per le cause ordinarie e sono stati eliminati tutti i casi di esenzione dal contributo (causa per vertenze sul pubblico impiego) e con varie ipotesi di contributo pari ad euro 1.500,00.

E’ facile immaginare che il passaggio successivo sarà quello di chiudere le Sezioni Staccate dei TAR per riduzione del contenzioso!

Per chi vive nelle aule di giustizia da più anni appare evidente che si tratta di scelte queste davvero incomprensibili e che limitano in maniera grossolana, assurda ed incomprensibile il diritto di giustizia.

Si sta ancora smantellando un altro dei pilastri dello Stato. Credo che ciò non possa e non debba avvenire e visto che, purtroppo, il parlamento è “a opposizione limitata” considerato che le ultime elezioni hanno escluso la presenza della Sinistra e i rappresentanti eletti sono stati prescelti e non scelti dagli elettori occorre un sussulto.

Un’indignazione collettiva, della classe Forense da un lato che non può questa volta non reagire e non ricordare che queste scelte limitano fortemente la stessa genesi dell’avvocatura: quella di difendere i diritti dei loro assistiti – l’ADVOCATUS del Diritto Romano da cui il nostro Ordinamento trae le radici.

Dei cittadini che devono reagire con un’indignazione attiva come hanno fatto per altrettanti diritti costituzionali negli ultimi referendum. Noi faremo sentire la nostra voce aprendo una nuova stagione a garanzia della difesa dei diritti e questa riflessione di oggi vuole essere il primo apporto per dare una sponda alla indignazione diffusa.

(art. 24 Costituzione: ” tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non ambienti, con appositi istituti, i mezzi per agire difendersi davanti ad ogni giurisdizione.”).

 

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