Sono anni difficili, questi, per tutti noi. Anni in cui la motivazione nel portare avanti progetti, realizzare idee, costruire sogni, seguire passioni fino a renderle tangibili è messa alla prova ogni giorno. Milioni di noi sono alla ricerca di un lavoro o delle risorse necessarie per mettere in piedi un’impresa di valore. Tutti ci confrontiamo con la necessità di mantenere viva e florida la motivazione in ciò che stiamo tentando di costruire; corriamo il rischio di venir sopraffatti dagli eventi improvvisi e dalle difficoltà; perdiamo forze ad ogni ostacolo incontrato chiedendoci, quasi con lo sguardo nel vuoto, “Perché devo impegnarmi tanto se poi non interessa a nessuno? Vale la pena?“. Sul “Vale la pena?” la vita personale e il lavoro in costruzione muoiono lenti, spegnendo il fuoco innovatore e ristoratore dentro il proprio cuore, piallando i pensieri a livelli minimi di sopravvivenza. Che cosa fare per non perdere del tutto quel motivo che ci spinge ad andare avanti? Che cosa pensare o fare per costruire sul vortice di idee vincenti invece di lasciarle evaporare nel nulla?
Vi porto la mia esperienza. Ho un sogno nel cassetto, che è quello di scrivere per sempre. Combatto ogni giorno con i cali di motivazione e la necessità di trovare strategie per mantenermi ancorata ai miei propositi. Mi scontro con la necessità di non perdere la grinta. I miei progetti sono tutti validi e importanti, belli, creativi, con potenziale eppure, le difficoltà che incontro sono tante e tutte hanno in comune la matrice della sopravvivenza e della rinuncia per poter far fronte al quotidiano. Molti di voi conoscono le peripezie da affrontare per la ricerca del credito, la scelta di buoni collaboratori ed eventualmente, la gestione delle delusioni in merito. Sapete di sicuro che cosa significa lavorare sedici ore di fila per ottenere un risultato – foss’anche minimo – per definire un mattone importante per il vostro futuro. Conoscete quanto è complicato entrare in relazione vera con le persone, superare la timidezza nel proporsi, gestire le comunicazioni e la spazzatura emotiva altrui così come i vostri pensieri killer, trovare le parole adatte per condensare un mondo di propositi in un minuto di attenzione, quanto sia complicato sentire di valere qualcosa dopo spiacevoli incontri nella vita reale tanto e sul web.
Questi scenari sono all’ordine del giorno nella vita di tante persone. In Italia, i meccanismi sociali malati hanno portato a un diradarsi del concetto di rispetto fra le persone e la violenza, l‘aggressività verbale diretta o indiretta nei rapporti lavorativi e personali è costante. Sono esperienze con elevato potenziale di morte sulla motivazione perché intaccano la percezione del proprio valore umano e professionale, appiccicandosi ai residui del passato, quei pensieri pungenti che prendono forme, dimensioni e colori dalle voci che, invece di sostenerci quando ne avevamo bisogno nei tempi andati, hanno appiccato il fuoco intorno a noi per farci bruciare nel dubbio e nel timore di muovere un passo. La disoccupazione in crescita, poi, le possibilità economiche in calo, l’incremento delle tassazioni in ogni ambito della vita sono fattori dirimenti nell’attentare alla solidità della motivazione.
Ho un progetto fra le mani e spesso mi trovo con il vuoto nella mente: “Ne vale la pena?“. Il rischio di perdere il faro del significato è costante in un mondo precario come è il nostro. Per questo è importante, per me, cimentarmi ogni giorno in esercizi di focalizzazione per mantenere centrato il progetto e il motivo per il quale ho deciso di avviarlo e farlo crescere. Lo sforzo inizia con questi passi:
- Riconoscere il mio valore – I progetti sono realtà esterne a noi. Benché nati da noi, dalla nostra creatività e dalle nostre mani, sono entità separate da noi, che ci definiscono in modo parziale. Noi siamo il risultato di un insieme di esperienze e, ancora prima, siamo delle persone, delle creature in quanto tali. Abbiamo valore per il semplice fatto che esistiamo e, se sommiamo tutte le sfide che abbiamo vinto, i draghi che abbiamo ucciso, i castelli che abbiamo costruito con le nostre mani, le terre bonificate e rese floride, i condannati graziati e perdonati, i feriti curati e rimessi a nuovo, possiamo avere un’idea di noi stessi più completa. Ricordarci chi siamo, riportare alla mente cosa siamo stati in grado di affrontare fino ad oggi ci permette di dare un senso, con il tempo, alla nostra esperienza di vita riconoscendo il valore del nostro esistere attraverso i nostri occhi e, in seconda battuta, quelli altrui. Ognuno di noi ha realizzato, almeno una volta nella vita, qualcosa di speciale, importante, qualcosa che lo ha definito come persona. Tutti abbiamo affrontato prove dure o semplici e tutti abbiamo sperimentato risposte adatte o inadeguate, conoscendo l’esaltante emozione di sentirci importanti e lo schiacciante senso di vergogna per un errore stupido protratto nel tempo. Il fatto stesso che ci siamo mossi oppure siamo stati in grado di fermarci ci fornisce una mappa precisa di ciò che siamo. Quando mi sento depressa o senza valore e devo comunque affrontare sfide importanti richiamo alle mente tutto ciò che sono stata in grado di affrontare nella mia vita e, nel giro di poco, riesco a sorridere e a pensare: “Ok, ora mi sento così e va bene. Però non mi dimentico di tutto ciò che ho fatto e ciò che sono.” Non mi svolta la giornata ma questo pensiero mi fa sentire meno sola: sono con me e questo è molto.
- Rispondere al “perché?” – La motivazione è un albero con radici che si chiamano “perché”? . Come ogni albero, ha bisogno di nutrienti per crescere e di acqua e sole per rigenerarsi. Rispondere al “perché?” equivale a dare una cornice di senso alle nostre azioni, radicando nel nostro terreno il significato del nostro agire. Perché questo progetto è importante per me? Perché mi sto bloccando? Perché non ho voglia di impegnarmi? Perché mi pesa dedicarmici? Perché non cambio quello che non trovo adatto? Le risposte vere, quelle che contano, quelle che danno una tripla dimensione al nostro vissuto attuale, sono la spinta propulsiva per agire e cambiare.
Facciamo un esempio: un manager perde il lavoro perché l’azienda fallisce. Ha una famiglia da mantenere e spirito imprenditoriale. Siccome ha un’età non più appetibile dal mercato del lavoro decide di cambiare vita e di aprire una friggitoria di alici in un parco molto frequentato dagli amanti dei cani, dai bambini, dagli sportivi. Ha un’idea di business molto chiara: vendere pesce al cartoccio per umani e animali ed essere un punto di riferimento per tutta la comunità del parco e della zona. Qualcosa tipo 2,00€ mezzo chilo di alici sottolio o aromatizzate al peperoncino e altrettanti per il cartoccio con bonus per i cani e per i bimbi. L’iter per ottenere permessi e contatti con i fornitori, per costruire una rete è lungo, laborioso e sfiancante. Dopo l’ennesima complicazione, per quanto abituato ad affrontare lo stress sul lavoro, si siede e si chiede: “Vendere alici interesserà a qualcuno? Perché dovrei farlo? Ero un manager e ora dovrei diventare un ambulante?”. Ciò che è stato, i ricordi lo assalgono e, infondo, prima sentiva di produrre “cose di valore”. Le alici producono valore? La risposta più ovvia pare essere un secco “No”. Sarebbe diverso se, invece, la risposta a: “Perché proseguire con questa idiozia?” fosse perché mi piace e perché mi rispecchia, è ciò che voglio fare e ha senso per me perché, vendendo alici, realizzo un sogno, un progetto più ampio rispetto al pesce fine a sé stesso? Sarebbe diverso se la risposta fosse perché, attraverso questa attività commerciale, riesco a dare voce a una parte di me vivendo un’esperienza di lavoro autonomo più vicino alle mie esigenze di tranquillità? Il venditore di alici è solo un esempio, chiaro. Sono certa che a ognuno di voi è capitato, almeno una volta nella vita, di trovare infimo il progetto a cui stava lavorando. Di vederlo “piccolo”, insignificante, di pensare che nessuno lo avrebbe considerato interessante e che nessuno avrebbe avuto bisogno delle competenze e servizi offerti. Ogni professionista si confronta con queste “voci” nella testa, prima o poi. Sono le risposte e le azioni conseguenti che fanno la differenza, sul lungo periodo, tra un successo e un funerale (figurato o reale, vista la quantità di suicidi causati anche da motivazioni legate alla non realizzazione della propria vita).
Riconoscere il proprio valore come professionisti e trovare le risposte ai perché può voler dire rinunciare a tutti quei validissimi motivi in grado di trasformarci in barche che non prenderanno mai il largo. La motivazione è una costola dell’importanza che ci diamo. Noi siamo importanti e, di conseguenza, i nostri progetti lo sono. Per quanto siamo due entità separate, ciò che ci spinge ad evolverci e a rischiare, quel sogno, quel lampo di vita, quel desiderio o idea acquista rilevanza perché tocca la sfera della nostra esistenza, influenzandola pesantemente. Se non fossimo importanti, se i nostri sogni valessero zero, non varrebbe la pena sforzarsi tanto per realizzare qualcosa, basterebbe vegetare, vivere sulle spalle altrui, recriminare, lamentarsi e sopravvivere. Per che cosa vale la pena sporcarsi le mani? Il vostro progetto merita la discesa nell’arena, nonostante tutto? Affinché la risposta sia un “sì” convinto, è necessario aver costruito un dialogo sincero e profondo con noi stessi. Se stiamo seguendo una strada che non ci rispecchia, nessuno ci vieta di cambiare percorso. Trovata quest’importanza, questo significato vitale nella nostra esistenza, la motivazione tornerà florida e rigogliosa, un’alleata al nostro fianco pronta a combattere con noi in ogni momento. Se quest’importanza manca, il viaggio continua fino a quando non troveremo quel tesoro capace di svoltare la nostra esistenza, ciò per cui siamo nati. Ci deve essere un valido perché alla base della nostra discesa in guerra. Deve essere valido e potente. Altrimenti ci imbarcheremo nel primo traghetto diretto alla caverna più remota agli antipodi della Terra.