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Manuale di diplomazia deficiente

Creato il 20 marzo 2011 da Oblioilblog @oblioilblog

Manuale di diplomazia deficiente

Nel 2011 il mezzo di risoluzione dei conflitti è ancora la guerra. Come nel 5000 a. C. Probabilmente per due motivi: la comunità internazionale non è così potente da poter controllare che al potere salgano personaggi ingestibili e la diplomazia è troppo debole, farraginosa, inconcludente.

Mi chiedo a cosa servano le organizzazioni sovrannazionali se poi a comandarle c’è uno stuolo di incapaci. Si è arrivati all’intervento armato contro la Libia, circostanza ormai inevitabile vista la sequela di errori tattici compiuti. 

Innanzitutto, si è pensato che il vento rivoluzionario che ha spirato in Tunisia e in Egitto fosse abbastanza imponente da portarsi via anche Gheddafi. Ma avrebbero dovuto capire subito che non sarebbe stato così. Ben Ali e Mubarak erano due sì due dittatori, ma sorretti dall’Occidente. Per questo, pur sovrani assoluti nei propri Stati, erano stretti da certi vincoli a causa delle alleanze internazionali. Ad esempio, non potevano sparare sulla folla. Ben Ali, una volta scoppiata l’insurrezione, se n’è andato senza colpo ferire. L’ultimo Faraone ha provato a schierare l’esercito, ma dopo il richiamo USA ad abbandonare le armi, si è defilato.

Gheddafi, invece, è un golpista ma la sua ascesa non è stata appoggiata dalle nazioni plutocratiche. Anzi, uno dei motivi del suo colpo di Stato era la posizione troppo accomodante della Libia nei confronti di Stati Uniti e Francia. E quindi Gheddafi ha potuto fare quello che gli pareva, compreso aprire il fuoco contro i suoi connazionali ribelli.
Non solo si è ritenuto che la sola voglia di libertà del popolo oppresso potesse spazzare via un regime quarantennale, ma pure si è pensato che potesse farlo in fretta. Quindi, quasi tutti i capi di Stato si sono affrettati a scaricare Gheddafi, dandolo per spacciato. Ed è qui che di fatto si sono spente tutte le ipotesi di una soluzione diplomatica.

Il Colonnello non è stato da principio alleato all’Occidente, ma col tempo è diventato amico, e soprattutto socio, delle nazioni più ricche. In Libia c’è il petrolio, che fa gola a tutti. Le società petrolifere di mezzo mondo si sono buttate a capofitto, Eni in testa. Ma poi ecco il patatrack: se Gheddafi rimane, come si fa a continuare a lavorare in Libia?

Per questo ormai per l’Occidente il Rais deve cadere. È di vitale importanza per una buona fetta di economia, praticamente decisivo per l’Italia che con la Libia era diventata pappa e ciccia negli ultimi anni. Se non c’è un cambio al vertice, si perde un partner commerciale mica da ridere.

Tutto perché con scarsa lungimiranza i potenti hanno sentenziato la fine di Gheddafi, che invece è ancora lì. Molto più oculata la scelta di Cina e Russia che, pur non ponendo il veto, hanno tenuto aperto uno spiraglio per ricucire con il Colonnello. Infatti in cambio hanno ricevuto la proposta di portare le proprie compagnie a guadagnare in terra libica.

Come al solito, ed è assurdo perché da chi governa ci si attende che almeno sappia la storia, non si è tenuto conto dell’appoggio popolare di cui una dittatura, per quanto repressiva, può godere. È una cosa che sfiora l’irrazionale, ma che ha esempi lampanti nelle pieghe della storia. I rivoltosi, di regola, sono sempre minoritari.

Superfluo criticare le mille riunioni in cui si sono spese milioni di parole per nulla. Era tanto difficile organizzare subito una riunione con Onu, Ue, Lega Araba e chi più ne ha più ne metta come quella di ieri? Si sarebbe risparmiato tempo, ma soprattutto uomini.

Si è passati all’attacco, ma è tardi per la modalità scelta. Obama e altri hanno negato che ci sarà l’utilizzo di truppe di terra, ma vedrete che sarà una soluzione da cui non si potrà prescindere. Perché, diciamolo chiaro e tondo, i ribelli hanno quasi perso. Sono arroccati a Bengasi e solo l’aiuto internazionale li ha salvati dall’inevitabile sconfitta.

Pare che già più di 100 missili siano stati lanciati contro i tank e gli obiettivi strategici da parte delle forze alleate. Ma non basterà. L’esercito lealista logorerà pian piano i ribelli ed espugnerà la roccaforte. Magari non sarà immediato, magari ci vorrà un mese, ma succederà.

Come già spiegato, l’Occidente non si può più permettere una vittoria di Gheddafi. Anzi, non si può nemmeno consentire che Gheddafi duri a lungo. Gheddafi è un pazzo sanguinario terrorista, non si fa scrupoli a mandare i suoi attentatori in giro per l’Europa. Ha già annunciato che colpirà i civili nel Mediterraneo. Il primo avversario è l’Italia, sia per l’atavico (e comprensibile) disprezzo libico verso i colonizzatori, sia per un voltagabbana che probabilmente Gheddafi non si aspettava fosse così repentino. Magari sperava di usare Berlusconi come portavoce delle sue esigenze in sede UE e Nato. Oppure credeva che l’Italia non decidesse di schierarsi contro i suoi interessi economici. Già nel 1986 il Colonnello ha scagliato un paio di razzi su Lampedusa, non sono da escludere episodi simili.

L’appoggio dal mare e dall’aria ai ribelli sarebbe stata una mossa perfetta qualche settimana fa, quando Gheddafi era confinato a Tripoli. L’Occidente avrebbe integrato l’offensiva via terra degli insorti e si sarebbe giunti all’epilogo in modo veloce e, per quanto possibile, quasi indolore. Ora navi, sottomarini e jet difficilmente saranno sufficienti. Ci vorranno le truppe di terra e ci saranno centinaia di vittime evitabili.

Si sta sbagliando quasi tutto nell’affaire libico e gli spazi di manovra per correggere le mancanze sono finiti. Temo che si arriverà ad una guerra sul campo in tempi brevi. Sempre che nel frattempo non vinca Gheddafi e poi passi alla vendetta su larga scala. E lo scenario, detto così, è apocalittico.


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