Manuale per principesse

Da Femminileplurale

Sottotitolo: Donne si nasce, principesse si diventa?

Dina Goldstein, "Fallen Princesses"

Sul numero 897 di Internazionale  ho letto un bellissimo articolo di Laurie Penny dal titolo “Il culto delle principesse non è una favola“.  Prendendo spunto dal circo mediatico messo in scena per l’ultimo matrimonio reale, l’autrice si sofferma sul modello della principessa come modello negativo non solo per le bambine ma anche per le donne non giovanissime. Il modello della principessa è il seguente: se sei buona, bella e brava un giorno incontrerai un bel principe che ti sposerà e con cui sarai felice per sempre.

Mi sembra che non ci sia modello che più di questo rispecchia e riproduce il ruolo della donna all’interno del patriarcato. Buona, brava, bella e sottomessa, che trae soddisfazione unicamente nell’ordine della casa e nell’approvazione del marito. Più anni ’50 di così si muore.

La Penny inoltre fa un’interessante considerazione sui due modelli, entrambi allo stesso modo svilenti, che vengono offerti alle bambine e alle ragazze: ”Alle ragazze vengono offerti due modelli antitetici di femminilità docile e pseudoliberata: la principessa e la pornostar. È un’alternativa che esiste da secoli: vergine o puttana, un bel principe o un bel pappone, chi ti vuoi scopare per conquistare fama e fortuna? Oggi lo spettro colorato delle aspirazioni femminili va solo dal pallido rosa pastello allo sgargiante rosa sexy, con un’occasionale deviazione per il bianco nuziale. Ma lì fuori c’è un intero arcobaleno di esperienze tra cui le ragazze possono scegliere. La mania delle principesse non è solo un fallimento del femminismo, ma un fallimento dell’intera società che non sa rispettare e valorizzare le sue giovani donne offrendogli qualcosa di più di una inconsistente e rosa fantasia da vissero sempre felici e contenti. Non c’è niente di male nel fantasticare un po’, ma per le bambine di tutto il mondo ci sono sogni migliori che voler solo essere carina come una principessa”.

*     *    *

Oggi trovo sul web proprio la riproposizione in carne, ossa e carta stampata di uno di questi due modelli, quello della principessa. Trovo per caso il blog di Costanza Miriano aperto dopo la pubblicazione del suo libro “Sposati e sii sottomessa”. Di certo non ne sentivo la mancanza (giudizio del tutto personale)! In sostanza il suo libro è il manifesto  della perfetta principessa. In un tripudio di luoghi comuni e stereotipi triti e ritriti, la Miriano sostiene una teoria ben precisa: ragazze, riscoprite la vostra naturale e vera vocazione di donne: essere moglie devota e madre adorata, sposatevi un uomo e siate a lui sottomesse forever!

Cito: “Credo comunque che le donne si debbano riappropriare della loro vocazione all’accoglienza della vita, quella che viene dal loro essere morbide, capaci di ricucire i rapporti, di fare spazio, di intessere relazioni, di tirare fuori da tutti il meglio. Che mettano questo loro genio femminile in cima alle priorità. Non c’entra niente con il trovare un marito ricco da (fingere di) sopportare in cambio di sicurezza economica. C’entra invece con la lealtà, la dedizione, la dolcezza.”

E poi ancora: “Sarà per questo che non voglio ribellarmi agli uomini, ma, riconoscendo la loro superiorità in tanti settori (e in altri la nostra), una volta trovato quello giusto ho capito che ascoltare ed ”obbedire” alla sua lucidità, la sua razionalità, non poteva che farmi del bene. E io fare del bene a lui con il mio genio femminile, il mio talento, le mie capacità.”

Insomma il nostro “genio femminile” consiste nel cucinare bene il polpettone e nel raccogliere il vomito dei figli ed essere buone e gentili con tutti, l’uomo invece con la razionalità  e la lucidità  saprà guidare noi, poveri esseri frivoli e stupidini verso un futuro roseo di felicità e ammmore! che bello!

Ovviamente la Miriano fornisce il presupposto teorico che sta alla base dei una teoria così innovativa, eccolo qua: “Perché la donna? Perché abbiamo nel nostro equipaggiamento base un radar più sofisticato sui bisogni degli altri. Non siamo più buone, ma abbiamo il germe della nascita. Siamo noi che diamo la vita, quella del corpo e quell’altra.”

Insomma è presto detto, ragazze ce l’abbiamo nel DNA, che lo vogliate o no, siete voi quelle che figliano e perciò siete voi che vi dovete occuparvi della casa, dei marmocchi, è questo il vostro destino ed è questo quello che vi riesce meglio.  La Miriano ci tiene a sottolineare che nella sua visione non si tratta di chi fa cosa in casa, ci tiene a precisare che la sottomissione è un atteggiamento all’interno della coppia o della famiglia, tuttavia gli esempi che fa sono tutti e sempre legati alla dimensione domestica in cui evidentemente ci sta solo la donna, non l’uomo.

Se sentisse queste idiozie, Simone de Beauvoir si rivolterebbe nella tomba. Credo sia molto pericoloso, avventato nonchè controproducente parlare come fa la Miriano per modelli di genere. E credo che sia ancora più pericoloso impiegare ruoli inventati dall’essere umano (anche se moltissimo tempo fa) come espressione dell’essenza dell’uomo e della donna. La donna non possiede naturalmente  in maggior misura rispetto all’uomo caratteri quali la capacità di prendersi cura degli altri, bontà, pazienza eccetera, così come l’uomo non possiede naturalmente in maggior misura intelligenza, razionalità, capacità attiva. Queste sono caratteristiche che derivano dalla cultura, dalla società, dalla struttura in cui tutti donne e uomini siamo immersi ma non sono caratteri essenziali, perciò (e per fortuna) se non ci piacciono li possiamo rifiutare.

I ruoli che la donna e l’uomo hanno ricoperto da sempre non sono ruoli naturali scelti o imposti in base alle maggiori o minori capacità di fare una cosa o l’altra. Proporre una visione di questo tipo ci fa tornare non agli anni ’50, ma dritti dritti al Medioevo!


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