Un Manuale per la Riforma. Se al primo anno di liceo l’insegnante di Italiano proponesse come approccio iniziale le rime petrose di Dante, è ragionevolmente prevedibile che negli alunni prenderebbe sempre più forza la convinzione che la cultura scolastica sia sempre troppo vecchia, troppo seriosa, troppo lontana, e quindi inutile e noiosa. Passando poi agli esametri latini dell’Africa di Petrarca tale convinzione diverrebbe incontrovertibile verità.
Ma di chi sarebbe la colpa? Davvero di una presunta pigrizia culturale degli alunni delle nuove generazioni?
I programmi di Italiano del biennio dei vari licei prevede invece un approccio non cronologico, bensì “tipologico”. In pratica quei primi due anni non sono dedicati alla storia della letteratura partendo dai poeti Siciliani o da Guittone d’Arezzo, ma vi si affrontano tipologie e forme del testo scritto, dal sonetto al senario, dal romanzo giallo al saggio storico, dalla metrica alle figure retoriche, e si fanno leggere i Promessi Sposi, ma anche qualche autore contemporaneo (ad esempio W. Culicchia…). In tal modo si spera di dotare i giovani alunni (che, ricordiamocelo, l’anno precedente erano alle medie!) degli strumenti necessari per iniziare, col terzo anno, la grande storia della letteratura italiana.
La ratio quindi sarebbe: ogni cosa ha il suo momento, anche nella cultura, e nell’istruzione.
Nell’istituire i nuovi Licei Musicali il Ministero ha inteso dare una forma davvero scolastica anche alla disciplina Storia della Musica.
Le Indicazioni a suo tempo redatte (con la consulenza di una apposita commissione formata da insegnanti del Conservatorio e diversi musicisti) preferivano infatti dedicare il biennio all’acquisizione di strumenti utili per poi affrontare, nel triennio, il percorso millenario della musica occidentale.
In quelle indicazioni si sottolinea l’utilità della conoscenza diretta delle opere del passato, che se potrà sembrare un’ovvietà, così non è mai stata. I testi esistenti e in circolazione di storia della musica sono ordinati cronologicamente, e questo è ovvio. Mai alcun liceo ebbe bisogno di testi appositi per la materia Storia della Musica, e ad ogni libro che nasceva veniva dato l’ordine più semplice, quello per cui si parte dal canto gregoriano e si arriva alle avanguardie del XX secolo. E accordano una evidente preferenza alla narrazione di quel che è avvenuto, cercando di essere esaustivi e completi riguardo a nomi, date ed opere. Quindi, non possono soffermarsi su nessuna opera in particolare, e per avere trattazioni più specifiche si deve ricorrere a testi, si passi la ripetizione, più specifici.
Il che vorrebbe dire: un testo per la storia della musica, cui aggiungere più testi per l’analisi delle opere singole ritenute più valide e utili ai fini didattici.
Nel Regno della Musica è un manuale di storia della musica nato espressamente per rispondere alle esigenze del nuovo Liceo Musicale istituito con la riforma della scuola secondaria di secondo grado, riforma portata a termine (è almeno questo è da ritenere un merito) dal ministro Mariastella Gelmini (bresciana, come l’autore del libro, oltretutto coetaneo dell’onorevole!).
Nasce dalla diretta esperienza che se si vuole insegnare cronologicamente la storia della musica in prima liceo si incontrano i seguenti problemi: l’Australopiteco ha lasciato poche tracce della sua musica; la musica della civiltà greca è terribilmente filosofica, ma in prima liceo non si fa Platone; il canto gregoriano è coevo al programma di storia di seconda liceo, ma è la prima vera musica di cui sappiamo qualcosa (e non molto, a dire la verità!). Perché allora non imitare la disciplina umanistica, di cui la musica è sempre stata piuttosto invidiosa?
Sempre le indicazioni del ministero sembrano inoltre invitare l’insegnante a non disdegnare alcun tratto della musica, soprattutto quelli che potrebbero risultare più vicini alla normale esperienza di uno studente di 14-15 anni. In fondo lo studio e la scuola dovrebbero servire a comprendere il mondo che ci circonda, ed è bene togliere quella patina di superba vecchiezza che la cultura purtroppo spesso porta con sé. Studiare è bello, ed è utile: ma limitarsi a ripeterlo non lo fa diventare evidente per chi passa le ore dinanzi la TV e alla Playstation.
Questa riforma, per la musica in generale, è un passo avanti. Che poi non sia divenuta materia obbligatoria in tutti i licei non deve far gridare allo scandalo: prima nemmeno esisteva, ora è prevista per quasi tutti i tipi di liceo come possibile, ed è obbligatoria, in modo assai articolato, in quello Musicale ed in quello Coreutico. Forse è meglio non lamentarsi sempre, e riconoscere che ora è meglio di prima!
Chi scrive ha un debito immenso verso quell’editore di Udine, Del Bianco, che ha creduto valido il suo progetto iniziale e lo ha contattato fin dall’ottobre del 2009. Invece che pensare di raffazzonare qualche centinaia di pagine da qualche vecchio libro di storia della musica o, peggio se possibile, ripresentarne uno con qualche immagine nuova, il dott. Del Bianco ha voluto che ne venisse scritto e pubblicato un ad hoc, avendo come riferimento le indicazioni nate con il Liceo Musicale stesso. Il che significa ripensare completamente l’idea stessa di Manuale di Storia della Musica. Così come si stava ripensando l’idea stessa di Storia della Musica. Così come si è ripensata l’istruzione musicale nel complesso.
Emiliano Buggio
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