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Marcegaglia Casalmaggiore, la Fiom analizza l’accordo: penalizzati gli operai

Creato il 13 dicembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Che colpa possano avere gli operai, che lavorano per vivere o sopravvivere, non riesco proprio a capirlo.

La Marcegaglia di Casalmaggiore

La Marcegaglia di Casalmaggiore

Emma Marcegaglia

Emma Marcegaglia (Photo credit: Giuseppe Nicoloro)

I diritti sono messi in difficoltà dalla competizione internazionale, eppure è evidente che l’Italia sta affrontando la globalizzazione, un fenomeno secolare, sperando di salvare solo alcuni anelli della catena. I più deboli pagano il conto per quanto senza il lavoro dipendente nulla oggi possa essere fatto in fabbriche come la Marcegaglia. Sono discorsi già elaborati molte volte: malgrado la crisi fosse prevedibile da tempo, l’Italia arriva impreparata grazie a governi inefficienti e fortemente di parte, ideologici, che non salvaguardano l’omogeneità della società e anzi accrescono le disuguaglianze economiche sino a renderle insostenibili.

Chi paga il conto alla fine? Il lavoro. E i lavoratori impoveriti e con minore potere d’acquisto in uno Stato che afferma di non riuscire più neanche a garantire la sanità che avvenire possono immaginare? Occorrevano politiche industriali ben più ampie. Argomenti tante volte discussi e poi ignorati per avvantaggiare i più forti, coloro che poi finanziano i politici autori delle leggi.  Ecco l’analisi dell’accordo della Marcegaglia di Casalmaggiore: il testo è della Fiom casalasca; il contratto nazionale separato può essere letto cliccando qui.

La dinamica salariale viene decentrata sugli accordi di 2°livello. Quindi le aziende adatteranno le retribuzioni, al tasso di produttività dei propri lavoratori, togliendo gli automatismi legati all’anzianità (gli scatti). Quindi possiamo dire che il lavoratore parteciperà al rischio d’azienda  col proprio salario ogni qual volta un’azienda dichiarerà un bilancio passivo…. 

Il governo stanzierà 2,1 miliardi di euro da destinare alla detassazione al 10% dei salari straordinari, notturni o definiti dal contratto di 2° livello, per redditi inferiori ai 40000€, anche se ad oggi non è ancora dato sapere a quanto ammonterà il tetto massimo detassabile.

Demansionamento: dovrebbe essere usato dalle aziende in crisi come alternativa al licenziamento, fatto sta che non esiste una norma che ne regoli l’utilizzo, ma cosa più importante rimane il fatto che tale procedimento è vietato dal codice civile e dalla legge 300.

Orari e mansioni: all’interno delle aziende è possibile variare, per via negoziale, l’orario di lavoro, la  distribuzione dello stesso e lo straordinario,ricordandoci però che al tavolo non siederà la Fiom e un forse lo mettiamo anche agli Rsu della Fiom. 

Impianti audio-visivi: tale accordo dà  facoltà all’imprenditore  di installare in azienda impianti di video sorveglianza per  monitorare i lavoratori, anche questa procedura vietata espressamente dallo statuto dei lavoratori.

Il contratto nazionale non tutelerà più il potere d’acquisto degli stipendi contrariamente a quanto dichiarato nell’intesa, dopo essere stato per decenni il nodo del sistema sulle relazioni industriali. Tale compito viene demandato al contratto aziendale dove viene messo in evidenza come gli aumenti retributivi dovranno essere il più possibile collegati all’andamento produttivo. Dopo la scala mobile, le infinite lotte sul tasso dell’inflazione programmata, ora  sparisce anche l’indice ipca (l’indice dei prezzi al consumo scorporato dai prezzi dei prodotti petroliferi).  Ora i parametri degli aumenti salariali dovranno essere legati alle tendenze generali dell’economia, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e agli andamenti specifici di settore. Molto se non tutto dipenderà dai rapporti di forza. Ma senza Cgil.

Differenziazione dei minimi tabellari, si apre la strada allo stipendio interamente variabile: l’intesa prevede che una quota degli aumenti concordati a livello nazionale possa essere spostata a livello aziendale, collegandola alla produttività. Specchietto per le allodole è il fatto che così facendo si avrebbe diritto al beneficio dell’aliquota secca del 10% come da detassazione. Ricordiamoci però gli esiti dei contratti interni legati alla produttività e a cosa hanno portato nelle tasche dei lavoratori.


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