Nelle eleganti e patinate atmosfere borghesi, Ferreri irrompe con la sua carica dissacratoria a distruggere tutte le certezze a cui eravamo assuefatti… Gli obiettivi per cui l’uomo ha lottato per secoli… Un buon lavoro, una bella casa, un posto in società.. All’improvviso perdono di significato o diventano addirittura proprio le malattie dell’uomo moderno… Quelle per cui vale la pena di morire…
Quando realizza”La grande abbuffata,” Marco Ferreri ha già alle spalle 10 anni di film che hanno dato fastidio e che molti hanno rimosso perché costringono a riflettere… La famiglia tradizionale è una delle prime istituzioni su cui, questo gigante, dai dolcissimi occhi azzurri, ha cominciato a lanciare i suoi strali… “El Pisito” parte dalla problematica tutta anni ’50, della mancanza di alloggi, per mostrarci un arido protagonista costretto a rimandare le nozze… A data da destinarsi, perché la coppia non trova casa… Lui sposerà allora l’anziana proprietaria della pensione in cui abita, aspettandone con ansia la morte… Avrà in eredità la casa… e coronerà il suo sogno d’amore. Ma non fa bene i conti… Perché si affeziona alla vecchia signora e seguiterà a rimpiangerla dopo aver sposato la sua gretta e prepotente fidanzata… Ferreri seguiterà poi a infierire con “L’ape Regina,” dove una moglie avida di sesso distruggerà il marito facendolo morire di consunzione… Mentre con la tragedia de “La donna Scimmia “, una storia vera, la sua critica feroce al matrimonio – convenzione diventa accanimento, fiera del grottesco, della cattiveria e del cinismo.“Dillinger è morto,” invece, avrebbe potuto già essere una conclusione, tante sono le drammatiche e corrosive situazioni del più totale disfacimento… Le strade senza anima, l’ inquinamento ambientale e la maschera antigas, lo squallor dei filmini delle vacanze, il sesso anemico e l’inutile uccisione della moglie … Una sterile ribellione senza alcuna liberatoria…
Amarissimo “L’Udienza”, con quell’impossibilità tutta kafkiana di comunicare con il potere e il soccombere di chi ci si avvicina è una dura critica alla burocrazia e non solo a quella vaticana… Pronta a tutto, pur di garantire la propria distaccata supremazia … Grottesco e disperato “La Cagna”, con il gioco dei rapporti di coppia sempre malati, sempre in disequilibrio e la disperazione dell’uomo moderno che non riesce a vivere nella civiltà e nemmeno a starne lontano…
“La grande abbuffata” ha opulente scenografie e una disperazione cupa per un suicidio… Collettivo, ragionato e dimostrato come un teorema… “Se non mangi non puoi morire” sentenzia Tognazzi, capovolgendo il grido della fame del mondo che arriva da continenti interi. Ma i 4 quattro uomini quel grido non lo possono udire… Sono troppo stanchi della loro vita noiosa e inappagata … L’anima l’hanno già persa… E’ necessario perdere anche il corpo… Così si chiudono in una casa un po’ decadente, nei dintorni di Parigi e mangeranno… Tanto, troppo, smodatamente e a lungo, fino a morirne. E in questo percorso, assurdamente illuminato dalla tenerezza e dall’amicizia e sempre più degradato, si arriverà alla fine… Ferreri non farà loro mancare niente… Gli strumenti del suicidio, quelle materie prime, così indispensabili all’obiettivo, arriveranno tutte le mattine, spesso da Fauchon e Ugo, proprietario del ristorante
“Le Biscuit a Soup” e grande chef, provvederà amorevolmente a preparare per i suoi amici suicidi le pietanze più prelibate, come il “Cocktail di gamberetti” o quelle più immaginifiche come ”Il Paté de Canard” o gli “Ossibuchi giganti”…L’immaginazione più sfrenata e la morale più severa, sia pure travestita da sarcasmo o sberleffo, convivono nella personalità poliedrica e unica di un Maestro del cinema come Ferreri che, qualche volta ricorda il surrealismo di Bunuel e a volte l’Italia delle grandi corti rinascimentali. Sui personaggi, su quei quattro favolosi interpreti e sulle ricche pietanze che entrano in scena come cammei, occorre approfondire e tornarci sopra… Oggi presentiamo uno dei piatti più famosi della cucina francese, spesso oggetto di numerose varianti, nella versione in cui ce l’ha tramandata Ugo Tognazzi grande cuoco, nella vita e nell’arte… Così come l’aveva preparata nella villa di Parigi.
PATE’ DE CANARD
INGREDIENTI per 10 persone: 1 anatra di circa un Kg, 200 grammi di pancetta,300 grammi di carne di maiale, 250 ml di vino liquoroso (Porto,Madera o Marsala), 1/2 bicchiere di vino bianco secco, 2 bicchieri di cognac o brandy, 4 fegatini di pollo, un dado per brodo, qualche fogliolina di timo, 1 carota, 1 foglia di alloro , 1 tartufo nero, 1 barattolo di fegato d’oca da 50 grammi, 1 uovo, sale e pepe q.b.,
INGREDIENTI PER LA PASTA DEL PATE: 300 grammi di farina, 100 grammi di burro, 2 uova, sale q.b.,acqua.
INGREDIENTI PER 1/2 LITRO DI GELATINA: 7 foglietti di colla di pesce, 50 cl di acqua fredda,1 cucchiaio di estratto di carne, 2 cucchiai di vino marsala secco, 4 grani di pepe,sale
PREPARAZIONE DELLA GELATINA:lasciate ammorbidire i foglietti di colla di pesce in acqua per 15 minuti,strizzateli e metteteli in una casseruola con acqua fredda,sale,pepe,l’estratto di carne e sbattete con una frusta. Ponete la casseruola su fuoco molto basso e sempre sbattendo portate a ebollizione. Coprite e lasciate sobbollire per 5 minuti. Filtrate la gelatina attraverso un setaccio molto fine e lasciate raffreddare a temperatura ambiente.
PREPARAZIONE DEL PATE: disossate l’anatra, ponete le ossa in una casseruola e la carne spezzettata dell’anatra in una ciotola. In un’altra ciotola mettete i petti che avrete tolto all’anatra disossata, il fegato d’anatra, i fegatini di pollo con la metà del vino liquoroso, 1 bicchiere di cognac e fate marinare tutta la notte. Nella ciotola dove c’è l’anatra aggiungere la carne di maiale, la pancetta tagliata a cubetti, il timo, l’alloro poi cospargete di vino bianco, il resto del vino liquoroso, il resto del cognac e lasciate ugualmente marinare per l’intera notte. Il giorno dopo preparate il brodo con le ossa dell’anatra, la carota,il dado da brodo, il sale e il pepe, ricoprite d’acqua e fate bollire per circa tre ore a fuoco basso. Se è necessario aggiungete altra acqua durante la cottura. Dovrà risultare alla fine un brodo molto ristretto.Nel frattempo preparate la pasta facendo una sfoglia con la farina, due uova, il burro fuso, il sale e un po’ d’acqua. Rendete omogeneo l’impasto, formate una palla e fatelo riposare in un canovaccio umido per circa tre ore. Prendete la carne di anatra e di maiale ridotta a pezzi e passatela due volte al tritacarne, poi mettetela in un tegame e aggiungete un poco di brodo passato al setaccio. Stendete la sfoglia di pasta e con questa foderate la base e le pareti di uno stampo rettangolare, dal bordo apribile, facendo fuoriuscire la pasta di un centimetro oltre il bordo. Preparate un altra sfoglia rettangolare che vi servirà per coprire il paté. Ricoprite ora il fondo dello stampo con uno strato di carne tritata sopra il quale metterete i filetti di petto d’anatra, il fegato d’anatra e i fegatelli di pollo scolati dalla marinata e infine aggiungete il resto della carne macinata. Ricoprite con la sfoglia saldando i bordi e praticate un foro di sfogo sulla superficie nel quale inserirete un piccolo imbuto di alluminio per evitare che si possa richiudere durante la cottura. Sbattete un uovo e ricoprite la superficie della pasta, poi mettete lo stampo in forno pre – riscaldato a 150°C e fate cuocere per un’ora controllando di tanto in tanto che la crosta non bruci. Se necessario abbassate il calore del forno e prolungate la cottura. Prima di aprire lo stampo fate raffreddare il paté, poi attraverso il foro lasciato in superficie, versate la gelatina mescolata con un po’ di vino liquoroso e mettete in frigo per almeno 3 ore. Estraete dal frigo il paté mezz’ora prima di portare in tavola e accompagnate con pane tostato, riccioli di burro, qualche foglia di insalata, olive etc.
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