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Marco Furia su Genius Loci. Verona 19 novembre 2011

Creato il 21 novembre 2011 da Vivianascarinci

Marco Furia su Genius Loci. Verona 19 novembre 2011

Marco Furia su Genius Loci. Verona 19 novembre 2011

Tra le letture nell’ambito della manifestazione

genius loci

nullus locus sine genio

ascolta l’orizzonte dissimula lo slancio

che sbalza ricordo e premonizione

in superfici che si guardano appena

nebbie fanno albe fittizie

separata la memoria di ciò che resta da accadere

il vuoto torna suffragi:

che torni in un soffio

pure che niente lo immagini

lo chieda, lo ami

che torni niente dopo niente

e che si veda che cambi

che chiami che pianga soltanto una volta e poi

cresca a scoppiare cicala

a sparire formica

nella curva di un gorgo

a morire il soma

così non esiste dimenticarsi

rimane fin quando anche il luogo

sparisce l’oscillazione nel plesso di un bacio

e abitato articola fusi inquieti

una piccola talpa dissoda volumi di memorie

mentre mi porta il capo tra le mani

schienata la falsa  riga dell’orizzonte

non saputa non vista affatto la forma dove confitto l’abbaglio

accostata e compulsa una sorta di catalessi  sformava il buio

linee da presso sostenute le spalle, cunei inanimati, vincibili

eretti a sfondo, non siamo che giaciuti, questi corpi di mattino lieve

(inerpicata l’addizione i conati l’immobilità degli atti tristi le parole quiescenti le empie le infrante i frantumi annidati la bocca spenta)

mima minacce non compreso, il presente, mima gridando tutti giorni solitudini permeate a tutti gli oli, grida il lascito della sua convulsione  fratta di segni canori, grida i fiati sconnessi che fanno la pelle meno conosciuta

“piccola talpa, abbandona il mio quarto azzurro dividi l’osso che tralcio mentiva d’esserci dopo che mai dopo che sempre c’ero stata  un niente, l’inventario dei silenzi le cose diradate spente. aperte, ci sono stanze,

il corpo apprende solo

l’istante che scaglia a ritroso il sangue

sulla soglia delle intenzioni”

in quel modo accorto di non amare, io pure non ho amato

sordo come a una fitta continua

il cielo rapprende in una stringa lunga una sola luce

lì tempra una forza amara

senza notte, un risvolto di fattezze inavvertite

una flagranza che non lascia



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