Firenze – Panorama con S.Croce e Porta S.Niccolò – Foto tratta da “Firenze” di Nello Tarchiani – primi anni del 1900 – Istituto Italiano d’Arti Grafiche EditorePorta al Prato, e Giuoco del Calcio
Vuole il Varchi che questa porta sia così denominata non dalla Terra di Prato, ora città, a cui ella è diretta ; ma da un prato lunghissimo e largo , che era davanti ad essa , ed in parte sussiste , dalla parte interna ; dove i nostri antichi si esercitavano in diversi giuochi, ma soprattutto in quello del Calcio. Se ne legge un proclama nei canti carnascialeschi:
Al Prato , al Calcio , su giovani assai,
Or che le palle balzan più che mai.
Il Vocabolario della Crusca lo definisce : Giuoco proprio della città di Firenze, a guisa di battaglia ordinato, con una palla a vento, rassomigliantesi alla Sferomachia , passato da’ Greci a’ Latini, e da’ Latini a noi .
Quanto poi al pallone, non si può meglio definire, che coi versi del Chiabrera in lode de’ Calcianti nel 1618.
Cuoio grave rotondo,
In cui soffio di vento è prigioniero.
La palestra però non è stata in ogni tempo la stessa. Il Conte Gio. de’ Bardi, il Licurgo di questa pugna, prescrive per prima legge, che il teatro del Calcio sia la Piazza di S. Croce.

Consiste il giuoco in due schiere di giovani a piede, senz’armi, e con uniforme di color diverso, i quali gareggiano di far passar diposta oltre al termine opposto un mediocre pallone a vento . Lo steccato debbe esser lungo braccia 172, largo 86, alto due: gli uomini eletti a combattere 54 di numero, tanti per parte; non minori di 18 anni , nè maggiori di 45.
Siccome l’ Olimpiade ( avverte il citato Bardi ) non ammetteva ogni sorta d’ uomini ; ma i padri delle lor patrie e regni; così nel Calcio non è da comportare ogni gentame, non artefici, non servi, non ignobili, non infami; ma soldati onorati, gentiluomini, signori , e principi . Nelle Feste fatte in Firenze per le R. nozze de’ Serenissimi, Ferdinando principe di Toscana e Violante Beatrice di Baviera , furono i condottieri lo stésso R. Principe , ed il Principe Gio. Gastone. Si sa di più da particolari memorie, come nella loro privata fortuna , Giulio de’ Medici , poi Clemente VII , Alessandro de’ Medici , poi Leone XI, e Maffeo Barberini , poi Urbano VII, praticarono questo cavalleresco cimento .
Tra i diversi ufiziali del giuoco debbon esser per ogni parte 5 sconciatori, i quali impediscon quegli che percuotono il pallone o lo afferrano; 7 Datori , che quattro innanzi e tre addietro; e 15 corridori partiti in tre uguali quadriglie. Assiste da una parte e dall’altra un alfiere. I giudici seggono in luogo alto, sicché veggono tutta la piazza, danno il segnale del combattimento, e decidon dell’ordine, e della vittoria . Quella schiera , che à fatto più volte, passar la palla di posta al di là dello steccato contrario , quella riman vincitrice.
L’ apparato suole esser ricco , grande la gara , grandissimo l’interesse degli spettatori. Si rappresentava perlopiù questa festa nel Carnevale ; nè passava forse anno, che una o più volte non si rinnovasse. Fin l’anno dell’assedio non s’ intermesse , per vilipendio de’ nemici. E per esser meglio veduti da loro, i nostri misero parte de’ suonatori sul comignolo del tetto di S. Croce .
L’invenzione è adattatissima per esercitar la gioventù al corso, al salto, alla lotta . Quindi è da credere , che questo giuoco medesimo fosse istituito, come tutti gli altri de’ Greci, per questo principal fine. Ma il Boccalini, che ne’ suoi Rugguagli di Parnaso amò di scherzare e di mordere, facendo riflessione, che le Repubbliche più delle Monarchie, son piene d’ odj e rancori, e che la nostra vinse tutte le altre nelle risse e nelle discordie , asserì francamente, che il gioco del Calcio fu dai nostri Repubblicani introdotto a solo oggetto, che eglino con la sodisfazione di poter da scherzo dar quattro sole pugna a’ loro malevoli, sapessero ripor poi le membra dell’animo sgangherato dalle passioni, al luogo della tranquillità; slogamento, che quando col pugnale fosse stato fatto in altra occasione , avrebbe posta la pubblica libertà in grave travaglio . La stessa spiegazione si è data alla Pugnata de’ Senesi ; la stessa dell’ assalto del Ponte a Venezia ; la stessa a quel di Pisa.
Ma che avrebbe mai detto il Boccalini del Cesto, della Lotta , e de’ Gladiatori? non eran eglino spettacoli più sanguinosi e più crudeli de’ nostri? l’esercizio nutrisce le forze del corpo , e queste danno allo spirito elasticità, attività, brio, e copia d’idee. L’ozio al contrario fa lo stesso all’uomo, che la negazion del moto all’elemento dell’acqua.
( Marco Lastri, brano tratto da “ L’Osservatore Fiorentino sugli edifizj della sua patria “ – Tomo Terzo – Firenze presso Gaspero Ricci, 1821 )
