Marco Pantani è stato uno degli atleti italiani più controversi: una storia fatta di gioie e dolori, di imprese eroiche e disgraziati tracolli. Tanto granitico sui pedali quanto fragile sotto le luci dei riflettori, il Pirata è morto a soli 34 anni.
Nasce la Leggenda
Pantani nasce a Cesena, secondogenito di Paolo ed Ermanna, proprietaria di una piadineria a Cesenatico, luogo in cui vivrà tutta la giovinezza. Fin da bambino si appassiona a vari sport: dopo aver provato il calcio con scarsi successi, nonno Sotero gli regala una bici; è subito amore. Si tessera nel G.C. Fausto Coppi di Cesenatico e inizia la sua straordinaria carriera vincendo nel 1984 una corsa pianeggiante, precisamente il Case Castagnoli di Cesena. Il talento sulle due ruote è già cristallino, Pantani, scalatore puro d’altri tempi, sfoggia già la sicurezza di un campione, l’audacia però sconfina spesso nella sfrontatezza: nell’86 è vittima di due terribili incidenti che gli provocano il coma e diverse fratture. Nonostante questi brutti infortuni e l’imbarazzante soprannome di “Elefantino” per le orecchie a sventola Marco entra già nel cuore dei tifosi per la sua interpretazione delle corse: la tenuta mentale in gara era incrollabile, la sua propensione all’attacco era incredibile. Pantani vive il ciclismo come un atto estremo e libero, ben distante dalle logiche di classifica, tutto ciò che conta è attaccare, come se la battaglia da vincere sia contro la montagna, non contro i propri avversari.
È proprio con degli attacchi sfrontati che il ragazzo romagnolo si fa conoscere per la prima volta al grande pubblico. Nel 1994, Pantani è alla Carrera di Chiappucci ed è al suo secondo Giro d’Italia: il 4 giugno si impone sul traguardo di Merano. Il giorno successivo regala uno dei migliori momenti del ciclismo moderno: scatta sul Mortirolo su Evgenij Berzin e Miguel Indurain, coppia di testa in classifica generale. Lo scatto è potente e secco, Marco però, da lucido atleta, capisce di non poter fare tutto da solo e rifiata attendendo gli avversari. Una volta rinvenuti, scatta sul valico di Santa Caterina e arriva solo sul traguardo dell’Aprica, da campione. Chiude secondo quel Giro dietro il russo, ma esce vincitore morale per le sue imprese da eroe di altri tempi. Nello stesso anno, partecipa al Tour de France dove chiude terzo. Ormai il mondo si è accorto di Pantani, una vera e propria rivelazione destinata a cambiare le gerarchie di quegli anni.
Per Aspera ad Astra
L’anno seguente inizia male: durante un allenamento, un incidente con un’automobile lo costringe a saltare il Giro. Anche al Tour le cose non vanno bene fino al 12 luglio, con l’ascesa de l’Alpe D’Huez. Marco scatta a 13 km dalla fine, recupera e abbandona il gruppetto di testa per ottenere indisturbato un’altra vittoria epica su una delle salite più celebri della Grand Boucle. Si ripete poco tempo dopo sui Pirenei dopo una fuga di 42 km, chiuderà tredicesimo il Tour, ancora una volta miglior giovane. La stagione, però, finisce nel peggiore dei modi, mettendo addirittura in dubbio il proseguo della carriera professionistica: durante la Milano-Torino Pantani è infatti vittima di un incidente privo di ogni logica, dove una macchina che viaggiava nel senso contrario alla corsa lo travolge fratturandogli tibia e perone. Insieme alle strabilianti vittorie, inizia a manifestarsi intorno al campione romagnolo quell’alone di sfortuna che lo accompagnerà fino alla fine.
Costretto allo stop per tutto il ’96, Pantani cambia squadra e si accasa alla Mercatone Uno, dove inizia a portare la storica bandana da cui derivò il soprannome “Pirata“. Al Giro la squadra è stata composta intorno a lui, però il romagnolo si deve scontrare ancora una volta con la malasorte: durante una discesa, si scontra con un incauto gatto che lo costringe al ritiro. Frustrato e più che mai agguerrito, Pantani sale ancora una volta sul gradino più basso del podio, ma resta protagonista di una delle sue più grandi imprese: batte ogni record di scalata su l’Alpe d’Huez e fissa l’asticella a 37 minuti e 35 secondi, vincendo la tappa e scrivendo un record che ancora oggi resta imbattuto e sembra dover rimanere tale per molto tempo. Arrivato sul traguardo, il Pirata esplode di gioia ed esulta con due pugni al cielo, come a scacciare la sfortuna che troppe volte lo aveva già ostacolato.
L’impresa de l’Alpe d’Huez è solo il preludio di quella che sarà la migliore stagione di Pantani. Dopo tante sofferenze, il 1998 sarà ricordato sempre come il suo anno. Alla partenza del Giro tutta la stampa e i tifosi si aspettano grandi cose dal Pirata che, dopo anni di vani tentativi, parte favorito per la vittoria finale nonostante le poche montagne disponibili. Senza perder tempo, Marco attacca sulla Marmolada e fa crollare la maglia rosa Zuelle: la vittoria andrà a Guerini ma per la prima volta la maglia rosa viene posata sulle spalle dello sfortunato campione. Da lì in avanti, sarà lotta a due con Tonev che, però, sarà costretto a cedere sul Plan di Montecampione. Marco Pantani vince il suo primo Grande Giro e infiamma il pubblico italiano. Il ciclismo torna ad essere seguito quasi come ai tempi della mitica rivalità tra Coppi e Bartali, il Pirata legittima finalmente la sua classe pura con un meritato successo. Non c’è tempo però per festeggiare, visto che si avvicina un altro sogno: il Tour de France è alle porte, Marco però è atterrito dalla morte di Luciano Pezzi, suo padre putativo dal punto di vista sportivo, nonché partigiano e vincitore di tappa nella Grand Boucle del 1955. Ancora una volta un evento inatteso sembra bloccare il ciclista romagnolo proprio vicino al massimo successo. Si parte in Irlanda e subito accumula un grande svantaggio da Jan Ullrich, è qui però che il grande campione tira fuori la motivazione per risalire la classifica e tentare un’impresa eroica, come aveva abituato i tifosi fin dagli esordi.
In una sfida contro il tempo scatta a 50 km dall’arrivo sul Galibier nella tappa del 27 luglio, Jan Ullrich sembra cedere ma non vuole lasciare la maglia gialla e tenta di tenere botta a distanza dopo aver già perso tempo prezioso a Plateau de Beille. Il Pirata è in trance agonistica, si ripropone quella lotta impari tra montagna e uomo di cui si parla sopra, non ci sono avversari, c’è solo un’impresa da compiere. A Les Deux Alpes Pantani arriva solo, è maglia gialla, dietro il vuoto. Fino a Parigi si tratta di formalità, dopo 33 anni un italiano torna a vincere un Tour de France: l’ultimo a riuscirci fu Felice Gimondi. Pantani entra a far parte del club molto elitario dei ciclisti in grado di vincere Giro e Tour nella stessa stagione: prima di lui solo Coppi, Anquetil, Merckx, Hinault, Roche e Indurain, dopo di lui nessuno. A questo punto il Pirata è considerato una leggenda, la sua storia fatta di sofferenza, classe e talento lo rendono l’idolo naturale della maggior parte dei tifosi di questo sport.
Oggi Marco #Pantani, uno dei più popolari ciclisti dei nostri tempi, avrebbe compiuto 46 anni. Auguri Pirata! pic.twitter.com/wIcLz3GxF6
— Sky TG24 (@SkyTG24) 13 Gennaio 2016
La Caduta
Dopo la stagione perfetta appena conclusasi, è difficile ripetersi, Marco però sembra essere in uno stato di forma smagliante e al Giro lo dimostra. Se già sul Gran Sasso era palese che fosse lui il dominatore a Oropa, nei pressi del santuario, Pantani compie l’ennesimo miracolo: un salto di catena a 8 km dal traguardo sembra destinarlo ad una difficile risalita verso il gruppo, invece con uno scatto violentissimo non solo riprende il gruppo ma addirittura stacca tutti e alza le braccia al cielo. Anche sulle Dolomiti non c’è storia finché non avviene la caduta: il giorno dopo la tappa di Madonna di Campiglio viene allontanato dal Giro per un livello di ematocrito troppo elevato. Il valore era del 52% contro il 50% previsto dal regolamento: sempre secondo le regole di allora per un eccesso del solo 2%, era prevista la squalifica cautelativa di 15 giorni per evitare al sistema circolatorio eventuali conseguenze quali trombo e infarto. Infatti, un valore elevato di ematocrito è sintomo di addensamento del sangue. Quel giorno Marco perse il suo carisma, perse il sorriso e incappò nel doloroso tunnel della depressione.
Tornato alle corse con l’onta di essere un “dopato”, Pantani si mette a disposizione di Stefano Garzelli che vince il Giro d’Italia. Al Tour, suo vero obiettivo, si deve confrontare con il giovane e affamato Armstrong. Nonostante il grande stato di forma, quella squalifica e il modo in cui è stato bersagliato dall’opinione pubblica hanno privato il Pirata della combattività necessaria a lottare contro l’emergente statunitense. Riesce comunque a dare lezione sul Mount Ventoux dove batte in volata Armstrong che poi, con un gesto a dir poco antisportivo, dichiara di aver fatto vincere il ciclista romagnolo. Costretto a subire ancora un’altra umiliazione, Pantani si ritira poco dopo per problemi allo stomaco, secondo i malpensanti per eludere i controlli antidoping. Da questo momento in avanti, infatti, il Pirata, fino a due anni prima considerato leggenda, verrà continuamente messo in stato d’accusa dalla stampa, situazione che lo porterà sempre più in quel tunnel che sembrava addirittura più forte di lui.
Oltre ai problemi di doping, si unisce anche l’accusa di frode sportiva e nel 2001 un Pantani sempre più minato nello spirito dai continui attacchi ricevuti dai media prende parte al Giro. Durante la corsa rosa, lui e la sua squadra sono i principali protagonisti dei controlli antidoping e ne escono tutti puliti, ma Marco, che non stava brillando, abbandona alla 19a tappa. Il Tour si avvicina e il Pirata scalpita per poter avere la vendetta sul nemico giurato Armstrong, ma l’organizzazione della Grand Boucle non invita la Mercatone Uno e questo forse è il colpo di grazia per un atleta che, nel giro di due anni, è passato dall’essere osannato all’essere umiliato più volte per un’irregolarità di entità così ridotta. Marco purtroppo inizia a trovare rifugio nella droga: dell’uomo che lottava contro la montagna e contro i propri limiti, purtroppo, rimane solo lo spettro.
Seguirono due stagioni al di sotto delle attese, in cui Pantani ormai perse il temperamento granitico che lo aveva reso così amato, le pressioni ricevute lo cambiarono profondamente e la forza che aveva dimostrato con gli anni sembrò svanita. Decaduto dall’Olimpo del ciclismo ed escluso per l’ultima volta dal Tour nel 2003, decide di entrare in una clinica specializzata nella cura alla depressione e all’abuso di alcol. Il suo ultimo scatto è avvenuto nella tappa di Cascata del Toce. La sua ultima notte fu invece quella del 14 febbraio 2004 nella stanza D5 del residence Le Rose di Rimini: qui un fantasma del grande atleta che fu il Pirata muore per un’overdose di cocaina in circostanze ancora oggi misteriose. Ma Marco Pantani era già morto da tempo, dopo tutte le insinuazioni, un uomo diventato debole che non ha saputo reagire e si è lasciato morire.
Dopo la sua morte, la sua figura come atleta è stata, guarda caso, riabilitata ed oggi è considerato giustamente uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi, forse il più grande scalatore puro. Ancora oggi sulle strade l’amore genuino per il Pirata non si è esaurito tanto che molto spesso le strade dei Grandi Giri portano la scritta “Marco Vive”. Vive ancora nel cuore dei tifosi l’immagine di un uomo che supera i propri limiti al di là di ogni logica sportiva, un campione d’altri tempi autore di imprese insperate.
Oggi, 13 gennaio 2016, avrebbe compiuto 46 anni il leggendario Marco Pantani. Il tuo ricordo resterà indelebile! pic.twitter.com/Hutbju0t8Z
— Andrea Poma (@andypoma87) 12 Gennaio 2016
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