Avete presente quando vi alzate la mattina, d’inverno, e la prima cosa che colpisce i vostri occhi ancora appiccicati è un sole possente, presuntuoso, che ha deciso di imporsi sulla pioggia scomoda e nostalgica del giorno precedente, che se ne infischia delle stagioni e spunta fiero, mettendo in fuga nuvole e mal di testa?
Sole su Sorrento...
Ecco, quando succede io devo tapparmi il naso. Si, devo tapparmelo per via del mare. Appena i miei sensori nervosi si accorgono del sole, l’odore del mare invade le mie narici, arrivando da qualche angolo polveroso della memoria e, se non lo blocco subito, inizia a torturarmi. Comincio a cantare “Un’estate al mareeeee, voglia di remareeee…“, mi metto le maniche corte, la crema abbronzate sul naso e gli occhiali da sole per andare al supermercato. A volte addirittura mi costringe a riempire la vasca con acqua e sale ed a rimanere ammollo fino a che le dita non mi si raggrinziscono. Tutto questo con il bikini, la settimana enigmistica e la granita rimediata dal ghiaccio accumulato nel frigo.
Voglia di mare... (Sorrento)
Si tratta di una sorta di strana meteoropatia: invece di venirmi l’insonnia, la depressione, l’emicrania o uno degli altri normali sintomi di un normale meteoropatico io soffro di mare nel naso. E mentre i normali meteoropatici soffrono soprattutto durante i temporali io soffro quando c’è il famoso sole “che spacca le pietre”.
Fin qui potrebbe anche rientrare tutto nel quadro delle mie normali stranezze.
Il problema si pone quando questo particolare richiamo del mare si associa al lavoro precario e ai buoni amici.
In che modo? Beh, il lavoro precario mi rende instabile psicologicamente, ma anche incredibilmente libera. Quindi passo da momenti di delirio del tipo:
“Sono “solo” le 21.00, ancora mi possono chiamare per lavorare stasera al ristorante!!! Ho buone speranze!” mi ripeto ad alta voce con gli occhi fissi sul telefonino, iniettati di sangue, mentre ondeggio avanti e indietro come un’autistica, con il giacchetto e le chiavi della macchina in mano, pronta a schizzare via nel momento in cui arrivi la leggendaria CHIAMATA.
A momenti di gioia infinita come ad es.:
“Evvaiiii! Un Hip Hip Hurrà per la disoccupazione che mi ha reso libera dal concetto attuale del lavoro, totalmente sbagliato, che ci schiavizza e ci rende parassiti del capitale e delle logiche produttivistiche!” esulto eccitata mentre leggo per la 15esima volta “Il diritto all’ozio” di Paul Lafargue!
Lafargue ne"Il diritto all'ozio" rivendicava il diritto di poter fare "altro" dal lavoro,ovvero il coltivarsi nel corpo e nello spirito
Ecco, se ad uno di questi momenti di goduta liberazione, dovuta alla mancata chiamata, uniamo la sopracitata chiamata, questa non salariata, da parte del mare e la presenza di quei pochi amici che decidono di colmare il divario sociale, investendo il loro stipendio fisso nella realizzazione dei sogni di noi schizofrenici della precarietà, ecco che il risultato sono azioni improvvise e sovversive dell’ordine costituito:
Giovedì mattina. Io e Tato, il mio ex coinquilino spagnolo (vi ricordate di Madrid? Cliccate qui o qui per un refresh!!), eravamo appena arrivati a Roma Termini. Il mio piano, data la forte meteoropatia da sole romano e sale nel naso, era andare al laghetto di Villa Borghese ed affittare una barchetta o al massimo prendere un treno per Ostia. Insomma ”Tutto quello che vuoi purché ci sia acqua!” dissi, tra uno starnuto e l’altro, a Tato, venuto a vacanzare a Roma per quei pochi giorni di ferie all’anno che ha disponibili (scusate ma ormai mi è partita la vena critica).
Tutto quello che vuoi purché ci sia acqua!!" dissi a Tato" src="http://www.girotrottolando.com/wp-content/uploads/2013/02/sorrento21.jpg" alt="sorrento21 Mare,mare,mare, quanta voglia di arrivare..." width="543" height="407" />"Tutto quello che vuoi purché ci sia acqua!!" dissi a Tato
La mia faccia da viaggiatrice impossibilitata a viaggiare, che si limita, ipocritamente entusiasta, ai dintorni della propria città, intenerì il buon Tato che, tra l’altro, ci è abituato. E’ la stessa che avevo ad esempio prima che andassimo a Granada nel 2009!
Eccola! Immortalata proprio da Tato, la faccia da viaggiatrice impossibilitata a viaggiare. Occhi al cielo e un mix tra speranza in un viaggio futuro e tristezza di un non-viaggio presente!
Granada, 2009. Conseguenza della precedente faccia.
E così Babbo Natale madrileño, arrivati come detto a Roma Termini per prendere la metro, mi disse:
“Dai scegli un treno in partenza e andiamo due giorni al mare“,
mentre io a metà frase già avevo iniziato a lanciare una monetina indecisa tra il treno delle 13:39 per Napoli e quello successivo per Reggio Calabria.
Testa: Napoli!!
Il treno regionale diretto a Napoli centrale è in partenza dal binario 11!
Questa è la breve storia di un treno preso al volo e dei successivi due giorni passati non a Napoli, bensì nella vicina Sorrento.
La linea circumvesuviana collega Napoli a Sorrento. Potrebbe rappresentare di per sé un motivo di viaggio (chi ha mai avuto il piacere di frequentare lei e la sua schiera di abituali pazzi e squilibrati, lo sa bene!!)
Vista di Sorrento da un punto panoramico a nord della cittadina
Il chiostro di San Francesco, Sorrento
La Marina Grande di Sorrento
Ovviamente non potevano mancare le degustazioni culinarie:
"Ma tu vulive 'a pizza 'a pizza, 'a pizza cu 'a pummarola 'ncoppa cu 'a pummarola 'ncoppa..."
Propongo come sport nazionale riuscira ad acchiappare al volo con la lingua la mozzarella filante degli Gnocchetti alla Sorrentina!!
Una delle specialità di Sorrento; la Delizia al limone. Provatela al ristorante "Zi 'Ntonio", alle spalle di Piazza Tasso!
Siamo stati nella città dove Sofia Loren e Vittorio De Sica interpretarono “Pane amore e…” solo per 30 ore, più o meno. Poco, ma abbastanza da sopravvivere fino al prossimo attacco di “marite” acuta.
Sono queste brevi fughe a dare un senso a tutto il resto, profondi respiri che mi permettono di reimmergermi nell’ apnea casalinga. Specialmente se quella che respiro è aria di mare…
…e di Limoncello!