Cuànto dura quanto, di Marìa Eloy-Garcìa, è una raccolta poetica pubblicata da Lupo Editore nel luglio 2011, con traduzione e prologo a cura di Angelo Nestore.
Marìa Eloy-Garcìa, nata a Malaga nel 1972, ha pubblicato Diseños experimentales (raccolta Monosabio, 2, Malaga), Metafisica del trapo (ed. Torremozas, Madrid, 2001), Cuànto dura cuànto (ed. El Gaviero, Almeria, 2007). Ha collaborato con le riviste Litoral, El maquinista de la generaciòn, Laberinto, Nayagua, Zurgai, Fòsforo. I suoi versi sono stati tradotti in tedesco, inglese, portoghese e catalano.
Poesia a 10°C. Su temperature basse, sociali, adombrate dallo spazio attorno, dallo sguardo che si miete e perde se guardando ad ovest c'è solo una linea, nelle distanze che sono chilometri che sono millimetri. È una poetica da scontrino fiscale. È la stipulazione di un contratto letterario fra lo spazio interiore dell'autrice e la realtà che la circonda, scura e nuda e cruda che le si para davanti col giudizio insindacabile di un dio dal portamento monetario, è una sintesi metaforica della deriva incontrollata della socialità umana, delle sue relazioni fiscali, appunto, da scontrino che «spara i prezzi si carica ancora/con un inchiostro nuovo fiammante/sul petto indifeso delle bottiglie». È un discorso poetico su temperature basse che alzano il tiro di una disperazione che, contemporanea, s'incolla al verso nel mentre il lettore scende nelle parole e s'accende, la sua vista, su quegli spazi deserti, freddi di ghiaccio, che agitano il verso e la bandiera scarna delle nostre ore contate «perché una morte recente per te altro non è/che garanzia di massima freschezza». Un dialogo sterminato fra le nostalgie che lente ci macerano e intessono relazioni ormai sature, che soggiacciono allo spazio matematico categorico dell'imperativo del mercato. Un confronto artistico che nei versi compone e racconta una spassionata visione, dimentica delle ore, scontorna il tempo, ne slega il nesso, per irromperci dentro e raccontarlo con l'ironia di uno sguardo marchiato da nostalgie, mancanze, distanze. Che la nostalgia per le cose mancate, mai avute, racimolate, è la psicosi di questi nostri anni. È un dialogo serrato sul senso stretto del desiderio che annienta l'interazione delle questioni umane ponendole sullo scalino mediatico dell'oggettivazione monetaria. È l'elenco scarno di una qualsiasi giornata che diventa poesia nelle lunghe attese al supermercato, nelle file di oggetti da comprare e relegare alla forma ultima di una nostra degenerata possessione. C'è una zuppiera da raccontare. Un vecchio mobile concettuale. Gli scontrini delle nostre giornate a poetare sugli accadimenti che ci scorrono accanto nell'indifferenza dell'acquisto, della fila a gradi 10 che fredda s'appresta all'incanto, del non ascoltare. «La questione artistica si risolve nella quotidianità». È nell'ossessione delle cose mancate, la psicosi di questi nostri giorni. Urlati da una metrica matematica di sconnessioni sillabiche amatoriali, sul nudo prezzario delle nostre vite.
Francesco Aprile
2011-09-19
fonte: www.salentoinlinea.it
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