Mariangela De Maria Per vie oblique. Mostra alla Rocca Sanvitale di Fontanellato – recensione di Luca Pietro Nicoletti
Mariangela De Maria Per vie oblique. Mostra alla Rocca Sanvitale di Fontanellato – di Luca Pietro Nicoletti per Milano Arte Expo. Aperta fino al 6 ottobre 2013 in Rocca Sanvitale (MAPPA), curata da Cristina Trivellin e Fondazione D´Ars Oscar Signorini onlus di Milano - Vale la pena di rileggere, come introduzione alla pittura di Mariangela De Maria, le parole della poesia Disincanto di Miklos N. Varga, scritta nel giugno 2013 proprio per la pittrice milanese: «Oltre l’indaco del tramonto / sciami di luci migranti / serotine fioriture in cielo / alla veglia dell’utopia / i sogni affrescano la notte / come furtive proiezioni / nel disincanto del silenzio». Queste parole sono un commento sufficiente per comprendere la temperatura emotiva delle tele che si possono apprezzare nella mostra. Mi sembra uno di quei casi in cui la parola poetica restituisce intatta l’esperienza della fruizione senza sovrapporsi all’opera e senza cadere in descrizioni, mettendo al contempo a fuoco uno dei punti fondamentali del lavoro dell’artista: la ricerca di Mariangela De Maria intorno alle vibrazioni della superficie pittorica, in fondo, arriva a estrarre l’intima luminosità della pittura tonale. >
La pittura di segno, talvolta, rischia di trasformarsi in un cifrario, in un alfabeto di tracce codificate, o di aggrovigliarsi fino a diventare una vera e propria “figura” e instaurare una dialettica figura-sfondo. Mariangela, invece, intende il segno come tessitura, come trama di vibrazioni percettive e atmosferiche che richiedono una osservazione lenta e meditata, quanto lento e meditato è il lavoro dell’artista.
Mariangela De Maria Per vie oblique. Rocca Sanvitale di Fontanellato
L’intima struttura del quadro, infatti, si rivela in maniera progressiva, nel momento in cui l’occhio scrutatore perlustra la superficie, ne legge la laboriosa costruzione per velature liquide e rinforzi di pastello: quell’impressione di immediatezza, quella freschezza sensibile del quadro, infatti, non è frutto, come si potrebbe credere, di un impulso momentaneo e di un’esecuzione veloce quanto il tempo di un’emozione transitoria, bensì di un lento lavoro di approfondimento e di rivelazione progressiva, di affioramento dalla tela del tessuto segnico.
Questo significa, per l’artista, dover prolungare uno stato emotivo e approfondirlo attraverso uno scandaglio interiore, lasciandosi guidare dalle risposte della tela alle sollecitazioni del tratto e della velatura, dalle colature del colore stesso: non tutto è prevedibile, in questo genere di pittura, anzi il quadro è un’esperienza che si costruisce in una prospettiva processuale. Il quadro finale, insomma, si scopre, anche per l’artista stesso, mano a mano che si procede nella sua costruzione per via di addizione di tracce e di segni. È proprio da questo processo, per il quale Cristina Trivellin, nella presentazione in catalogo, parla di «una sorta di iniziazione che si origina dalle infinite “possibilità emotive”», che rivela un’intima luce fatta di vibrazioni: gli «sciami di luci migranti» di cui scrive Varga, infatti, percorrono la tela con un improvviso movimento, pronte a sparire immediatamente dopo. Ma nel tracciato depositato sulla superficie, come una scia, balugina improvvisamente un’immagine, un’idea di paesaggio.
È questa, forse, la differenza fondamentale che connota la ricerca di Mariangela De Maria e la distingue radicalmente da altre esperienze di tessitura atmosferica di memoria naturalistica, come quella di Luiso Sturla, e da altre esperienze di segno, come quella di suo marito Mario Raciti: in lei, infatti, dall’ordito di fondo affiora una struttura portante che innerva la composizione, una linea maestra, una scia più intensa delle altre su cui lo sguardo si sofferma; al tempo stesso, però, il suo segno non ha una funzione narrativa, o meglio il suo scandaglio interiore non si traduce in una registrazione automatica di tracce sul campo come un racconto fatto per addizione di immagini. I suoi segni, infatti, si sovrappongono, concorrono a creare una vibrazione, e non si giustappongono per creare un racconto. In mezzo a questi, poi, passano le immagini e le metafore degli elementi naturali più diverse, a seconda dell’intonazione che Mariangela De Maria dà alla sua pittura, dalle notti dopo il tramonto ai chiarori più diafani e opachi, al rosso pompeiano, passando per un’infinita gamma di variazioni: «la carne, il sangue, l’aria, l’acqua, lo spirito e l’assenza» scrive sempre Trivellin, «si sublimano e si intersecano in questi dipinti di dimensione esistenziale e contemplativa in bilico tra visibile e non visibile, tra verità dicibili e misteri insondabili».
Luca Pietro Nicoletti
Mariangela De Maria Per vie oblique. Mostra alla Rocca Sanvitale di Fontanellato – di Luca Pietro Nicoletti
Mariangela De Maria. Per vie oblique
A cura di Cristina Trivellin
Fontanellato (Parma), Rocca Sanvitale
22 settembre-6 ottobre 2013
Mariangela De Maria Per vie oblique. Mostra alla Rocca Sanvitale di Fontanellato – recensione Luca Pietro Nicoletti
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MAE Milano Arte Expo [email protected] ringrazia Luca Pietro Nicoletti per il testo / recensione sulla mostra di Mariangela De Maria Per vie oblique presso la Rocca Sanvitale di Fontanellato.
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