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Marijuana, legalizzazione, traffici e altre storie

Da Unaltrosguardo @maurovillone

Testo e foto: Mauro Villone

maria

Per capire a fondo il Brasile non si può prescindere dalle telenovela, che qui chiamano semplicemente novela. Vengono prodotte da decenni in continuazione a Rio, San Paolo e altre città brasiliane. Vengono trasmesse per tutto il giorno su diverse reti, ma quando parte quella delle 21.00 su Rede Globo il Brasile si ferma. Non ci sono dati precisi, ma probabilmente il 90% della popolazione se non la vede proprio tutte le sere, sa di cosa si parla. Sono coinvolti poveri, ricchi, professori, impiegati, operai, nullafacenti, intellettuali, scienziati, casalinghe, studenti, uomini d’affari. Tutti. Le novela fanno profondamente parte della cultura locale e sono intercalate da molta informazione sulla violenza nel paese. Mentre in Italia suscitano molto interesse, sul piano dell’informazione, i delitti misteriosi o irrisolti e il deprecabile panorama politico (anche se mi fa effetto chiamarlo così per rispetto ai politici veri come per esempio Cavour e Giulio Cesare, ma tanto per capirci), che fanno fare tanta audience a “Quarto Grado” e a “Porta a Porta”, qui quello che attrae molto l’attenzione è l’inaudita violenza per la strada, ma anche traffici illegali vari.

A proposito di questo in queste ultime settimane le novelas sono entrate in collisione proprio con i traffici e l’informazione. La novela di questi mesi si intitola “Salve Jorge” e si riferisce a San Giorgio, insieme a San Sebastiano, uno dei protettori della città di Rio. Lasciamo perdere i dettagli che spiegano il farraginoso legame tra il santo, la città e la Turchia. Sta di fatto che la novela racconta di un traffico di donne avviate alla prostituzione a Istanbul e in Cappadocia e di bambini venduti per adozioni illegali. Il problema sta nel fatto che la storia, pur essendo di fantasia, prende spunto volutamente da fatti veri e purtroppo molto più diffusi di quanto si pensi. Dei 54.000 bambini che spariscono ogni anno in Brasile molti sono stuprati e ammazzati, ma altri venduti per diversi scopi. Sappiamo del giro di trans a Roma e in altre città italiane ed europee, ma il problema riguarda anche moltissime donne, giovani e belle, delle quali molte credono di espatriare per andare a fare le modelle o lavori per così dire normali e si trovano invece a essere schiave di belve violente, pericolose e senza scrupoli. Il giro è enorme e coinvolge moltissimi paesi in tutto il mondo. Uno di questi è la Spagna. La novela denuncia proprio questo traffico, e una delle innumerevoli telespettatrici, che aveva dei sospetti sul viaggio senza ritorno della figlia in Spagna, ha sporto denuncia alla polizia brasiliana. Essi stessi, con l’aiuto della polizia spagnola, hanno fatto, pochi giorni fa, irruzione in un edificio dove erano detenute le schiave. In Spagna oltretutto la prostituzione non è illegale (ma la schiavitù sì) e città come Madrid pullulano di porno-shop. Ma si tratta probabilmente solo della punta di un iceberg. Chi ha in mano questi traffici sono gli stessi narcotrafficanti, che usano le schiave anche per portare in giro per il mondo, all’interno del loro corpo, ovuli pieni di cocaina. Nessuno ha il coraggio di denunciare poiché le ritorsioni possono essere ferocissime. Viene utilizzata la tortura. I condannati a morte dai narcos vengono fatti a pezzi con i machete e bruciati ancora vivi a testa in giù nei copertoni dei camion. I resti vengono dati in pasto ai maiali. Oppure chi sgarra viene dato in pasto ai coccodrilli o sepolto vivo. E comunque per cifre che sono intorno a 800-1.000 Reali al massimo (3-400 euro) è facile trovare dei sicari, che qui si chiamano pistoleros, per porre fine alle sofferenze della vita terrena di chiunque. Non c’è nessuno che non abbia paura. I narcotrafficanti ormai controllano grosse fette di territorio.

Africa. Una delle zone più disagiate della Rocinha. I trafficanti attingono a piene mani dal controllo di questi territori maledetti adescando clienti e manodopera di disperati.

Africa. Una delle zone più disagiate della Rocinha. I trafficanti attingono a piene mani dal controllo di questi territori maledetti adescando clienti e manodopera di disperati.

E adesso parliamo appunto della droga.

Il governo uruguaiano, primo stato al mondo, ha legalizzato la Marijuana. La normativa è molto variabile da paese a paese. A differenza per esempio dell’Olanda, dove il fumo viene tollerato nei Coffee Shop, in Uruguay si tratta proprio delle statalizzazione della droga, con produzione, smercio e controllo del mercato anche sul piano della salute e rilevando i numeri del consumo. Verranno vendute 4 qualità diverse a un prezzo competitivo con quello dei narcos. Si tratta di un esperimento che interesserà tutto il mondo per ragioni precise. Vediamo perché.

Secondo dati di diversa provenienza, che non sappiamo quanto possano essere attendibili per ovvie ragioni, ma tanto per avere un’idea, i consumatori di cannabis sono il 2,5% della popolazione del pianeta, 75 milioni nella sola UE, 175 milioni in tutto il mondo. Negli Stati Uniti il fatturato solo di cannabis e derivati è di circa 30 miliardi di dollari. Finiscono tutti nelle tasche nei trafficanti e sono una grossa fetta dei loro guadagni. Tanto per fare un raffronto, il commercio del mais, alimento base negli USA, fattura 10 miliardi di dollari in meno. Questo per dire che il fatturato, illegale ed esentasse, di cannabis, con quello ancora più fiorente di tutte le altre droghe messe insieme come la coca, l’eroina, il crack e via dicendo più la prostituzione, il traffico di persone, di organi e di armi, è stratosferico. È noto come, secondo alcune valutazioni (in particolare della Confesercenti), la Mafia (solo quella italiana) fatturi (si fa per dire) 130 miliardi di euro l’anno. Queste cifre, che in tutto il mondo, rappresentano una percentuale significativa del PIL di ogni dove, sono realizzate “grazie” al fatto che prodotti molto ambiti (droga, armi, sesso, organi) il cui commercio è illegale danno moltissimo lavoro alle organizzazioni criminali. La parola organizzazione, oltretutto, è utilizzata con pertinenza, visto che persino in paesi come il Brasile, dove si vive piuttosto allegramente, sgarrare per esempio a un appuntamento di solo qualche minuto, per non parlare di errori nei pagamenti, può significare seriamente una condanna a morte.

Sono “organizzazioni” così che ormai controllano il territorio in Sudamerica, (ma anche in molti altri paesi del mondo Italia compresa, forse in maniera meno evidente), come hanno dimostrato alcuni anni fa a San Paolo del Brasile i capi del narcotraffico, che furono in grado (persino dalle galere dove erano detenuti) di mettere a ferro e fuoco (letteralmente, con decine di autobus dati alle fiamme, decine di omicidi e blackout) la città per alcune settimane. Smisero solo quando, con la popolazione in panico, riuscirono a ottenere una dichiarazione mediatica dai capi politici che dovettero ammettere pubblicamente di essere stati sconfitti.

Marijuana, legalizzazione, traffici e altre storie

“Bala perdida”, pallottola vagante. Un fenomeno diffusissimo nelle metropoli brasiliane.

Ormai bisogna essere coscienti del fatto che con la mafia, i criminali organizzati, i narcotrafficanti e i trafficanti d’armi e di persone si scende a patti. La penetrazione delle relazioni stato-criminali in Sudamerica è profonda e a tutti i livelli. Ma in molte altre parti del mondo non è così diverso, sempre, lo sappiamo bene, inclusa l’Italia. È ridicolo pensare che moltissimo del denaro che circola nelle banche di tutto il mondo non provenga da questi traffici illeciti. La realtà è che non si sa più cosa fare. E qui arriviamo al punto.

Legalizzare la Marijuana è una strategia estrema per raggiungere diversi obbiettivi, incredibilmente di carattere economico e di sicurezza. Non si ha ancora un’idea precisa di quali potranno essere gli effetti del tentativo uruguaiano, ma ciò che si spera è quanto segue. Togliendo una fetta del mercato della cannabis ai narcos li si attacca seriamente sul piano economico e anche del potere sulla popolazione. Il denaro a loro sottratto dovrebbe così in parte entrare nelle casse dello stato ed essere utilizzato per programmi di salute e di recupero rivolti ai consumatori delle ben peggiori droghe pesanti. Inoltre si risparmierebbero anche un sacco di soldi buttati via per tenere in galera molta gente spesso estranea al grande traffico. Senza contare che le galere di tutto il mondo non sono altro che vere e proprie università del crimine. Senza dubbio con al liberalizzazione esistono dei rischi perché il mercato nero parallelo potrebbe comunque sopravvivere. Potrebbe anche aumentare il consumo e avere inoltre sviluppo il narcoturismo. In parole povere gente che va a fare un giro in Uruguay perché lì si fuma tranquilli. Ci sono quindi pro e contro. Ma occorre tenere anche conto del fatto che una ricerca pubblicata sull’autorevole rivista scientifica The Lancet nel 2010 spiegava come l’alcool, che è legale, sia la quarta droga più pericolosa dopo crack, eroina e metanfetamina. Ottavo il tabacco, 12^ la Marijuana. E c’è inoltre un altro problema, forse il più grosso. Fin da piccoli ci hanno spiegato che la via alla tossicodipendenza comincia dalle canne per passare poi dall’LSD e arrivare all’eroina, la cocaina e oggi il crack, più un certo numero di altre palline sintetiche da inghiottire. Sarebbe una sonora balla, visto che 170 milioni di persone sul pianeta fumano e non si farebbero mai e poi mai un’iniezione o una tiratina. O magari potrebbe essere vero solo in parte, sono in gioco numerosissimi fattori di ordine psicologico, psichiatrico e sociale. In realtà il problema esiste ed è estremamente concreto, ma soprattutto per persone deboli, in difficoltà e che vivono forti disagi, a causa di una ragione precisa e sconvolgente. In tutto il mondo (e succede anche in Italia fin dagli anni ’70) spessissimo gli spacciatori, privi di qualsiasi scrupolo, addirittura regalano droghe pesantissime, tipo il crack, a chi voleva solo comprare un po’ di erba per farsi una canna, con l’obbiettivo di ridurre in schiavitù il “cliente”. Tantissimi ci cascano così e si trovano infognati per sempre, talvolta fino alla morte. Quindi togliere lo smercio di Marijuana dalle grinfie dei narcos avrebbe probabilmente per lo meno anche il merito di far mancare un po’ di terra da sotto i loro fottutissimi piedi.

Fumando crack per la strada

Fumando crack per la strada

Ma il punto rimane lo stesso. Ovvero occorre trovare strategie per attaccare organizzazioni sempre più forti, sempre più radicate e, soprattutto, sempre più colluse con la finanza e la politica internazionale. Lo statunitense Douglas Farah, uno dei massimi esperti al mondo nella lotta al narcotraffico, ha dichiarato che “uno dei più grossi problemi della lotta alla droga è la connivenza di governi sudamericani con potenti narcotrafficanti. Fino a un po’ di tempo fa – dichiara ancora Douglas Farah – nei governi si trovavano ancora sacche non troppo contaminate di funzionari onesti che credevano in quello che facevano e cercavano di combattere. Ora la corruzione è orizzontale, verticale e dendritica e penetra a tutti i livelli”. Non ci sono più speranze di contrastare il fenomeno. I narcos dispongono di armamenti militari che riescono ad avere da funzionari corrotti degli eserciti. Sono più armati e più potenti della polizia, che spesso in alcuni paesi si trova a fare loro da serva. Nelle zone disagiate dove mi trovo ad operare l’unica cosa da fare con bambini e adolescenti è dare loro presenza e cercare di tenerli lontani fisicamente e con l’educazione dagli ambienti malavitosi. Possono cadere nel narcotraffico e nella prostituzione da un giorno all’altro, letteralmente. Ma anche i figli di tanti ricchi, in tutto il mondo, non è che siano meno a rischio.

Mi dispiace, ma la notizia è questa: siamo nei pasticci. Anche se personalmente nutro molta fiducia, ma bisogna alzarsi. Le persone che hanno la sacrosanta sensazione di vivere tranquilli è solo perché sono sul momento inconsapevoli del fatto che in qualche modo il fenomeno li interessa. Anche solo perché comprano qualcosa in un negozio che ricicla, magari inconsapevolmente, denaro sporcato da droghe che uccidono o da sesso con i bambini. Le banche sono per forza di cose coinvolte. Da dove arriva e dove va tutto questo denaro? Nei materassi forse? Tutti i sistemi antiriciclaggio sono solo una rottura di coglioni per i piccoli risparmiatori onesti. Figuriamoci che problema è aggirare le regole per chi le fa. Siamo seri. Per vivere tranquilli basta fare finta di niente, e soprattutto, non alzare troppo la cresta e non rompere troppo. Basti sapere che il posto più pericoloso per i giornalisti sono il Centro e Sudamerica, Messico in testa, un grande paese che sta però perdendo la sua battaglia contro la violenza, contro la droga, anche contro il maltrattamento ela scomparsa delle donne. Il Messico è pericolosissimo, seguito dal Sudamerica, e notare che qui non c’è alcuna guerra dichiarata in corso come in Siria e Afghanistan, dove la mattanza di giornalisti pure si fa sentire. In Brasile Rogerio Reis, uno dei più accreditati fotoreporter del paese, ha avuto lo spiacevole e dubbio onore di vedere esposta a Parigi, nella autorevole Maison de la Photographie, una sua istallazione fatta di fotografie retroilluminate che mostrano fiamme e di copertoni d’auto. È dedicata a un suo amico giornalista bruciato vivo perché lavorava a un servizio sui trafficanti delle favelas. Si intitola “Micro-ondas”, si chiamano così, Microonde, in gergo malavitoso i posti dove bruciano viva la gente. L’autorevole settimanale brasiliano Veja in uno degli ultimi numeri recitava più o meno così: “se il 2013 sarà come i dieci anni precedenti ci dobbiamo aspettare da qui a fine anno 350 poliziotti morti”. Uno al giorno. Poliziotti spesso corrotti perché con stipendi da fame, ma che rischiano letteralmente la pelle tutti i giorni per affrontare situazioni ormai fuori controllo per le quali non sono nemmeno preparati, perché non serve la violenza. Spesso nelle favelas brasiliane fanno intervenire la fanteria con colonne di carri armati. Tutto questo non servirà mai a nulla. Violenza genera violenza. Aspettiamo a vedere cosa succederà in Uruguay. La legalizzazione della Cannabis sembra un’idea buona. I problemi di fondo rimangono sempre e comunque lo sviluppo dell’educazione, dell’amore (so che a qualcuno farà ridere, ma è così), della cultura, dell’apertura mentale e a nuove idee. Queste di solito sono le ultime voci dei bilanci statali, dove invece troneggiano la guerra, le armi, (per l’Italia il debito pubblico), la ricerca farmaceutica che fa fare soldi a palate a un sacco di gente. Mentre i privati spendono i loro soldi in medicinali per lo più inutili (specie, guarda un po’ che caso, antidepressivi) e in futilità di ogni tipo, la cui necessità è indotta solo dalle altrettanto inutili spese pubblicitarie. In sostanza stati e privati spendono tempo e denaro in cose che servono a poco (se non addirittura controproducenti), come se i problemi davvero gravi e il baratro che ci troviamo di fronte non esistessero. È proprio così, facendo sempre finta di niente, ridendo di considerazioni come quelle che ho tentato di esporre nel modo migliore possibile, che poi una mattina ci si sveglia e, ma guarda che roba, la mafia è anche a Torino, Milano e Bardonecchia. Chi l’avrebbe mai detto.

Particolare dell'opera di Rogerio Reis

Particolare dell’opera di Rogerio Reis

Rogerio Reis nel suo studio a Rio

Rogerio Reis nel suo studio a Rio

La crisi finanziaria internazionale, la disoccupazione, i nuovi poveri europei, la droga pesante, il terrorismo, la fame, la criminalità organizzata e non, i governi fatti da irresponsabili hanno tutti la stessa matrice: il profondo disorientamento in cui si dibatte l’intera umanità, guidata (si fa per dire) da politici arroganti e senza scrupoli che non sanno far altro che aggrapparsi al loro lauto stipendio e parlare di “crescita dei consumi”, un’idea ormai vecchia e stantia come le facce da dementi incartapecoriti dei presidenti del consiglio. Laddove servirebbero comprensione reciproca, dialogo, ascolto, saggezza, rispetto  per le persone comuni, sincero spirito di ricerca, profonda riflessione.

Nigeriani a Porta Palazzo, Torino

Nigeriani a Porta Palazzo, Torino



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