Mario Casas e gli attori di Los 33 raccontano le condizioni in miniera e le difficoltà dell'accento cileno
Da Rottasudovest
Nel Cile stanno terminando le riprese de Los 33, il film di produzione statunitense dedicato alla storia dei 33 minatori cileni, rimasti
sepolti per oltre due mesi nella miniera San José di Copiapó, nel deserto di
Aratacama, mentre fuori, nell'accampamento Esperanza, i loro familiari
aspettavano il loro salvataggio. Per tirarli fuori dalle viscere della terra,
ci fu una mobilitazione internazionale, con ingegneri e attrezzature
provvenienti da altri continenti, per poter perforare gli oltre 600 metri di
roccia e arrivare fino al loro rifugio.
Il film racconta l'odissea dei 33, rimasti sottoterra per oltre due settimane,
prima che fosse stabilito il contatto con chi stava cercando di salvarli: le
temperature impossibili a causa dell'umidità, il cibo razionato, data
l'impossibilità di stabilire se e quando i soccorsi sarebbero arrivati, la
disciplina imposta per mantenere il ciclo del sonno, del movimento,
dell'alimentazione e per non perdersi nella disperazione e nello scoaraggiamento. E
racconta anche il tormento di chi era in superficie, in attesa di notizia,
determinato a non lasciare che scemasse l'attenzione mediatica sui 33, e il
coraggio di chi, contro vento e marea, si è assunto la responsabilità di
continuare a scavare e a cercare, per stabilire il contatto con i minatori e
verificare le loro condizioni.
A dirigere il film c'è la messicana Patricia Riggen, conosciuta in Italia per
un piccolo e magico film indipendente, La stessa luna, con Kate del Castillo e
Eugenio Derbez. Con lei un cast internazionale che riunisce alcune delle star
più famose dello star system internazionale. Antonio Banderas interpreta Mario
Sepúlveda, il minatore che organizzò la disciplina in attesa dei soccorsi,
Juliette Binoche è Maria Segovia, tra le prime a fondare l'accampamento
Esperanza, Kate del Castillo è la moglie di Mario Sepúlveda, Rodrigo Santoro
interpreta il Ministro cileno delle Miniere Laurence Golborne, che acquistò
grande popolarità in quei giorni, Bon Gunton è il presidente Sebastián Piñera,
che si impegnò i prima persona per salvare i 33, Gabriel Byrne interpreta
l'ingegner André Sougarret, che guidò le perforazioni per il salvataggio dei
minatori. E, a interpretare minatori, familiari e persone che convissero nei 69
giorni tra l'accampamento Esperanza e la miniera, star di
ogni dove come Mario Casas, Lou Diamond Phillips, Adriana Barraza, Cote de
Pablo, Paulina García, Juan Pablo Raba, Federico Luppi, Tenoch Huerta, Martin
Sheen, James Brolin.
Un incredibile cast all-stars che ha sopportato condizioni di lavoro a volte
proibitive. Lo ha raccontato, in varie interviste, il 33enne attore messicano
Tenoch Huerta, che interpreta il minatore indigena Carlos Mamari. "La
prima parte l'abbiamo girata in alcune miniere di sale in Colombia, per
raccontare tutto il dramma vissuto dai minatori sotto terra. Poi abbiamo
girato nel Cile, nel deserto di Atacama, per raccontare il dramma familiare,
l'intervento del Ministro delle Miniere e del Presidente e tutto il circo
mediatico, fino al salvataggio dei minatori. Girare in Colombia è stato
durissimo. Eravamo praticamente nudi in una miniera gelida e dovevamo fingere
di avere un calore intorno ai 40 gradi e che stavamo sudando intensamente, per
cui eravamo tutto il tempo bagnati, quando in realtà c'erano 10 gradi. E' stato
molto faticoso, senza contare i gas delle miniere. Non voglio dire che siamo
stati messi in condizioni di pericolo dalla casa di produzione: nient'affatto.
Ma tutto l'insieme dava un po' le vertigini, come l'effetto dell'altura".
"E' solo quando stai là sotto, in condizioni climatiche faticosissime, che
ti rendi conto di quanto sia difficile il lavoro di questi uomini, c'è qualcosa
di eroico in loro. Come attore stai lì sotto un paio d'ore, in un ambiente
ostile, è pesante e duro, immagina passare ore di lavoro, come loro!" ha
detto Juan Pablo Raba.
Oltre alle difficoltà fisiche, gli attori hanno dovuto
affrontare altre sfide, non meno complicate, come l'accento cileno. Come
recitare in inglese, essendo la maggior parte di origine non anglo-sassone e,
soprattutto, non cilena? Lo racconta lo spagnolo Mario Casas, uno degli attori
che più si sono allenati per apprendere l'accento cileno (anche perché il buon
Mario, idolo di tutte le ragazze di Spagna e molto conosciuto anche in America Latina,
grazie alle serie tv di cui è stato protagonista, ha seri problemi di pronuncia
anche in spagnolo: in tanti lo accusano di essere incomprensibile per non avere
una buona pronuncia). "Quello che si è tentato di fare è stato parlare in
inglese come un cileno e poi americanizzarlo un po'" ha spiegato. Il
lavoro è iniziato vari mesi prima delle riprese e Casas ha contato, come i suoi
colleghi, sulla consulenza della specialista Claudia de Vasco. "Abbiamo
lavorato moltissimo" assicura l'attore spagnolo "Prima delle riprese,
quando io ero ancora a Madrid, parlavo con lei su Skype. Mi registrava la voce
perché potessi risentirmi. E un altro collega mi registrava l'audio dei miei
testi nel copione, affinché li ascoltassi. Li ho ascoltati e riascoltati, per
imitare il tono. E stato un lavoo di moltissime settimane". E d'accordo il
messicano Marco Treviño, che sottolinea come si siano dovuti sforzare tutti
molto, per apprendere "la pronuncia adeguata".
Il risultato sembra essere soddisfacente, almeno per il quotidiano cileno El
Mercurio, secondo il quale, nella prima anticipazione del film, permessa dal
produttore Mike Medavoy, "gli attori dialogano in perfetto inglese, con un
lieve e spontaneo accento latino, che non suona affatto forzato".
Le riprese termineranno nei prossimi giorni, poi ci sarà la post-produzione e
Los 33 dovrebbe essee pronto per la fine del 2014 o l'inizo del 2015. C'è anche
chi immagina una sua presentazione al Festival di Cannes 2015.
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