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Mario Desiati. Una intervista

Creato il 07 luglio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

Mario Desiati è nella cinquina dei finalisti alla 65ma edizione del Premio Strega con “Ternitti” (Mondadori, 2011).
Questa intervista fu realizzata nell’ormai lontano 2003 in occasione dell’uscita di “Neppure quando è notte”. Buona lettura.

Iannozzi Giuseppe

“…un giorno potrebbero derubarci del nostro cervello, del nostro pensiero, potrebbero far sparire dai libri di letteratura Pasolini, Moravia, Montale, Parise, Fortini, Penna, Tondelli e Bellezza con qualche scusa del cazzo: tipo che sono stati comunisti magari, oppure froci ecco… Spero che quel giorno non arrivi mai”.
Neppure quando è notte – Mario Desiati
Mario Desiati. Una intervista

Mario Desiati

1. “Neppure quando è notte” è un romanzo d’esordio spettacolare, scritto con estremo brio. Ma cosa significa per un romanzo avere un titolo come quello che gli hai dato? Quale il significato profondo di “neppure quando è notte”?

Neppure quando è notte è un verso del Qohelét tradotto da Cernetti, si tratta di uno dei punti decisivi di quel libro, il libro biblico in cui si parla di generazione, di futuro, un libro apparentemente pessimista dove passa una riflessione sulla vanità (hebel) intesa come caducità delle cose. Vivere alla giornata per non esserne vittima è una strategia di difesa. L’intuizione del titolo, in modo che possa far intravedere una condizione particolare come quella del protagonista Franz, è stata di Cinzia De Stefani.

2. Chi o cosa ti ha ispirato a scrivere questo romanzo che mette alla sbarra tutta l’ipocrisia culturale e politica del nostro vizioso Bel Paese?

Non ci vuole molto, basta tenere gli occhi aperti, basta leggere i giornali o interpretare alcune delle notizie che vengono date in televisione. Basta davvero poco perché l’Italia è tante cose,

3. La tua verve ha qualcosa che mi ha ricordato il giovane Pier Paolo Pasolini. Sbaglio?

Il giovane Pasolini per me è quello bucolico e un po’ malinconico de La meglio gioventù.
Comunque per me è un complimento bellissimo, ma Pier Paolo Pasolini rappresenta un esempio di intellettuale a 360 gradi che in Italia non esisterà per anni. Oggi Pasolini sarebbe additato o di essere un fascista (penso a certe cose che scriveva negli Scritti Corsari) oppure un pedofilo. Di Pasolini in Italia non ne vedremo per anni, forse secoli, c’è gente che ha brindato la sera del 2 novembre 1975. A quella gente vorrei che qualcuno almeno per un attimo, un solo attimo, mettesse paura.

4. “Neppure quando è notte” è un romanzo anche politico o, più semplicemente, volevi scrivere una storia e l’hai scritta?

Si, la politica ci è entrata perché è una delle tante sfaccettature della nostra vita. Un romanzo che parla dell’Italia di oggi non può ignorare il problema politico italiano, quello di una forte e incolmabile distanza fra popolo e dirigismo politico. Una distanza che non è riuscita a colmare, ahimè, neanche la sinistra. Nell’editoriale del primo numero della terza serie di Nuovi Argomenti chiamato la “Letteratura delle cose” Enzo Siciliano si auspicava che gli scrittori si occupassero “di quei fatti che assediano da vicino l’esistenza quotidiana.” Io parto da qui.

5. Ingenuamente, qualcuno ha definito il tuo lavoro come semplice romanzo generazionale. Se è un romanzo generazionale, perché? E se non lo è, perché? Ma “Neppure quando è notte” potrebbe essere, allo stesso tempo, romanzo generazionale e ritratto di una generazione post-tondelliana e post-pasoliniana.

Credo che abbia aspetti generazionali, in fondo si parla di un gruppo di ragazzi che hanno più o meno la stessa età e vivono nello stesso luogo e nello stesso tempo attraversano una serie di avvenimenti. Potrebbe anche dirsi che è una sorta di romanzo di formazione per via di alcuni cliché che lo attraversano tipici del romanzo di formazione italiano.

6. Ho l’impressione che i tuoi personaggi si piangano addosso ma senza dimenticare la virilità: soffrono, ma sono profondamente incazzati e combattono; tuttavia, alla fine, si arrendono al destino. Forse perché appartengono alla Mtv Generation? Forse perché sono pessimisti e depressi come il Kurt Cobain di Tommaso Pincio?

Perché la nostra più che Mtv Generation è una Loser Generation, perdente e un po’ perduta, dove sembra che tutto sia stato già fatto, dove sembra esserci libertà di fare tutto, ma non c’è nessuno che invece sembra ascoltarti. L’imperativo categorico è quello di vivere alla giornata perché ormai non esistono più le certezze di qualche anno fa, (trovi lavoro, metti su famiglia e il sistema previdenziale ti darà una mano), ormai molti si barcamenano e il confine tra esistenza dignitosa e povertà è sempre più labile. La situazione di Franz Maria è estrema certo, ma è una delle conseguenze di questo assottigliamento.
Quanto ai personaggi di Pincio credo che nel mio caso non c’è bisogno di inventarli, sono circondato da personaggi alla Pincio, con due di loro qualche sera fa, mentre ascoltavamo Home dei Depeche Mode stavamo facendo un bilancio delle nostre vite ed eravamo arrivati a questa conclusione: che aspettiamo di morire da 26 anni.

7. Per certi versi, il tuo romanzo mi ha ricordato le atmosfere cupe, sognanti, poetiche di “The Million Dollar Hotel” di Wim Wenders. “Neppure quando è notte” è un romanzo duro, ma ogni frase racchiude della poesia, almeno a mio avviso. Tu sei d’accordo?

Non sono io che dovrei dire se ogni frase racchiude una poesia, di certo la prosa ha ipotesi di variazione immense che possono essere sfruttate in diverse direzioni. Quanto al film di Wenders ci vedo soprattutto il volo, il volo finale (iniziale nel caso del film) di Franz è una metafora di quanto ho detto sopra, il riassunto nudo e crudo della sconfitta, ma a quel volo si può opporre una piccola speranza come quella dell’impegno politico di Bertowsky.

8. Perché oggi si fa un gran parlare della nostra generazione? Ed è giusto etichettarla Mtv Generation?

Loser o Lost generation come già detto funziona meglio. Non c’è solo gente drogata di consumismo e fatuità, c’è anche gente che non è consapevole di nulla. Ecco gli incoscienti mi preoccupano molto più dei consumatori incalliti e consapevoli.

9. Che differenza intercorre tra la Beat Generation e la Mtv Generation? Douglas Coupland ha forse iniziato la cultura letteraria a guardare nel tubo catodico, ma tu, caro Mario, ti spingi oltre. Come definiresti questo “oltre”?

La si guarda dentro il tubo catodico, è cambiato il punto di vista, adesso si sta dentro fino alla punta dei capelli. Si fa parte dello spettacolo. Niente situazionismo però, ormai anche Debord è stato scavalcato.

10. Quali autori italiani e stranieri hanno maggiormente contribuito alla tua formazione artistica? Perché?

Tantissimi, oltre ai classici con cui tutti si devono confrontare da Kafka a Proust passando per Dostojesky e Joyce, ci sono autori che sono stati indispensabili per me come Henry Miller, Bohumil Hrabal, Jana Cerna, Pier Paolo Pasolini, Dario Bellezza, Pier Vittorio Tondelli, ma anche i contemporanei Antonio Moresco e Claudio Piersanti.

11. Una domanda politica ma anche sociale: chi oggi, a ragione o a torto, si può considerare giovane militante nello spirito e nelle azioni?

Purtroppo solo chi è pazzo. Ma i pazzi salveranno l’umanità.

12. E Mario Desiati poeta, chi è? Perché tu sei anche un poeta… Questo non lo ignoro.

Un’altra persona, ma che ha sempre la stessa visione e lo stesso demone del narratore.

13. Giustamente “Neppure quando è notte” ha riscosso ottimo successo di critica e pubblico: te lo aspettavi? Non fare il modesto…

Io assolutamente no, Marco Monina di peQuod si, mi disse che un libro come il mio non poteva non essere che un caso. Lui è sempre stato molto sicuro di questo, mi chiamò pochi giorni dopo che avevo mandato il manoscritto. Secondo me gran parte del piccolo caso editoriale è proprio perché l’editore si è mosso molto bene senza campagne di stampa fuorvianti, nessuna pretesa, ha detto semplicemente che si tratta di un grido lubrico di libertà. Punto. Nessuna panzana.
Per giunta ha anche confezionato un bel prodotto esteticamente bello da vedersi.

14. I tuoi progetti per il futuro: qualche anticipazione, se vuoi e puoi.

Sto pensando a qualcosa di diverso, intanto continuo a scrivere e parlare di gente precaria. Ossia di me.


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