Giordano accusa anche gli ipocriti che si lamentano dell’avanzata islamica ma che poi sono proprio loro a fargli spazio: «Scommetto che se oggi fosse cominciato il Ramadan avremmo già stampato titoli a caratteri cubitali. Succede ogni volta: cinquemila a Vicenza per il Ramadan, diecimila a Milano per il Ramaman, e giù a raccogliere opinioni degli esperti per dire come ci si comporta durante il Ramadan, quali sono le regole del Ramadan, com’è bello fare il Ramadan». Sui quotidiani ci si lamenta dell’Eurabia, si citano le profezie di Oriana Fallaci, sci si spaventa per l’arrivo delle masse di immigrati dal Nord Africa e per il conseguente «suicidio dell’Europa» e poi-continua Giordano, «non ci si accorge nemmeno che non c’è una riga per ricordare che sta accadendo qualcosa di importante per i cristiani. È inutile perché non si può vincere la sfida con l’islam cancellando la nostra memoria, le nostre tradizioni, la nostra fede. Chi perde le proprie radici rischia di essere spazzato via anche d un venticello, figuriamoci da una bufera come quella che si è sollevata in terra araba». Continua lo scrittore: «Abbiamo perso perché sappiamo tutto delle celebrazioni del venerdì in moschea e nulla delle Ceneri. Abbiamo perso perché nella preghiera laica del mattino, che sono i giornali, citiamo i carri di Viareggio e le arance di Ivrea, ma non sappiamo più perché esiste una festa che si chiama Carnevale. Abbiamo perso perché se domani, che è il primo venerdì di quaresima, nelle mense scolastiche serviranno prosciutto e bistecca nessuno avrà nulla da dire. E magari sono gli stessi che giustamente si scandalizzano se, per errore, sul tavolo di un musulmano finisce un tocco di maiale. Abbiamo paura perché non sappiamo più chi siamo, mentre gli islamici lo sanno benissimo e sono così orgogliosi della loro fede e del loro passato da difenderlo anche in terra straniera. La Quaresima no, quella l’abbiamo cacciata via».
«Ed invece sbagliamo» -conclude Giordano. «Perché la Quaresima è sempre meno il rito della malinconia, e sempre più è il rito dell’ironia, che «sorride in faccia ai gufi della storia». Basta guardarsi intorno. Proprio perché i tempi sono già così cupi, proprio perché siamo di fronte a un mondo che crolla, proprio perché la vita già ci sembra una serie di infinite quaresime, non c’è altra strada che sperare nella Quaresima. Quella vera. Che, se non altro, a differenza delle tante quaresime quotidiane, dà un senso ai sacrifici, portando con sé la speranza della Pasqua».