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Marion in Berlin. Dallo zoo con furore

Creato il 20 giugno 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Marion allo zoo2

- Marioooon, Mariooon.

- Eh, sto qua.

- Ma dove stavi? È un’ora che ti cerchiamo.

- Cercavo sto cazzo de panda…

Con la mia classe di tedesco siamo andati in gita allo zoo di Berlino, una ottima occasione per non parlare tedesco e vedere altri animali rari oltre a quelli nel proprio corso di studi.

D’altronde chi lo ha mai visto il ghepardo dal vivo? Certo sono chiusi nelle gabbie e non corrono selvaggi nella savana, beh pazienza. Non tutte le ciambelle riescono col buco.

Mentre cercavo il panda tra i turisti polacchi Domenico di Teramo cercava me come Verdone Marisol. Domenico è bravissimo a fare la mosca, tanto che per poco non lo infilavano nella teca degli insetti. La imita in tutte le pose possibili e conosce 12 variazioni di ronzii. Non sa un accidenti di tedesco nonostante siano già due anni che vive qui, ma quando fa la mosca, ogni legnosa insegnate si scioglie divertita.

- L’hai trovato?

- No. Eppure deve essere qui, tra la giraffa e il mandrillo.

Lo Zoo di Berlino è immerso in un grande parco super attrezzato. Quando si dice Zoo a Berlino si pensa subito alle overdosi dei dodicenni e ci si dimentica degli elefanti autistici che stanno lì di fronte. Uno svago alla volta: i crucchi sanno organizzarsi.

- Vuoi un gelato Marion?-

- No Domenico, lo sai che sono in dieta a vita

- Era per rinfrescarci..

- Ma se piove! Siamo già rinfrescati così.

Sotto la pioggia i turisti al di qua del recinto seguono con lo sguardo la passeggiata di un leone stordito con la criniera stoppacciosa e la coda amorfa.

Dov’è la bestia esotica che raccontava Piero Angela? Quella che si accoppiava 80 volte al giorno?

Non lo chiedo a Domenico di Teramo, sennò comincia a farsi strane idee.

Quando il leone si sposta di molto, i turisti si muovono con lui, cercando di inseguirlo a distanza.

Poi il leone torna nella sua tana, una grotta finta, e crolla sfinito. Non doveva ruggire?

Non è che gli altri animali se la spassino di più.

In una galleria di vetro, dove fa molto freddo, sono chiusi gruppi di pinguini assolutamente immobili.

- Marion, mi fai una foto con lui? Dai, se le stanno facendo tutti!

Metterei lui lì sotto zero.

Non so se è peggio farsi la foto con un animale esposto in una fiera o comprarsi il souvenir dell’orso Knut. Knut è l’emblema della tragedia degli orsi polari.

Nato nel 2006 in cattività nello stesso zoo, ripudiato dalla madre viene allevato dai custodi. Alcuni ambientalisti sostengono che sia meglio la morte piuttosto che umiliarlo allevandolo come un animale domestico. Si scatena la campagna pro Knut seguita negli anni da un successo mediatico e immagini su francobolli mascherate da campagne per l’ambiente.

Knut è morto lo scorso marzo per una lesione al cervello. Tutto ciò che rimane di lui, oltre al calendario, è un piccolo angolo con fiori e candele fuori dal grosso recinto e un orso di pezza che Domenico di Teramo compra per la sorella.

Arrivano anche gli altri compagni di classe che si erano persi tra i fenicotteri. Mangiano tutti il cremino da 4.50 Euro che un turco vende in un chiosco qui dentro lo zoo. Anche Sven, il nostro insegnante, ne divora uno. Mi deve ancora i due euro che gli ho prestato per il latte macchiato preso durante una pausa di lezione.

Sven è l’insegnante più soporifero del mondo. Al confronto il leone dello zoo è un iperattivo.

Sven non scrive mai sulla lavagna, neanche se singhiozzando lo preghi di farlo perché altrimenti è più difficile memorizzare quella parola.

Nein.

Prendere lezioni da lui è una tortura: ti trasmette solo la fatica di imparare e non il piacere di comunicare una lingua complessa e affascinante.

Appena arriva in classe fa battute cretine su qualsiasi cosa, dal traffico ai lavori in corso, manco abitasse a Roma.

Sven ti  brucierò la bici prima o poi.

C’è una cosa che Sven fa volentieri e non è insegnare. Lui ama raccontarci le sue disavventure di convivenza quando sinceramente a noi non frega nulla.

Ma soprattutto Sven è ignorante nei confronti delle altre culture e religioni. Forse sente il disprezzo come un sentimento naturale, così come era per i suoi nonni criminali di guerra.

- Marion,  Sagen Sie mir einen Satz mit dem Verb “sich verlieren“..

- Mmm..

- Dai, Marion, una frase con il verbo “perdersi“ – incita Domenico di Teramo

Sta zitto cane.

- Mmm..

- Marion, wo du verlieren dich in Rom? In einer Kirche? Wo ist Maria?

Ahhahahah. Tutti ridono. Pure Domenico di Teramo (e infatti per questo lo punirò severamente fingendomi sedotta da lui per poi lasciarlo nudo nella pozza del rinoceronte).

Io sono senza parole. Nonostante il mio ateismo, nonostante il mio odio verso i dogmi, le gerarchie e quelli di Teramo che arrivano a Berlino armati di strafottenza e arroganza, pensando di fare i manager con un inglese da  terza media e mezzo diploma da ragioniere.

Sono ancora senza parole. Sven mi ha offeso stupidamente lì dove pensavo di essere inespugnabile e disinnescata. Sven ha umiliato la mia formazione, per quanto non ci sia nulla da vantarsi.

Il catechismo, comunioni e cresime, le processioni, le giostre, le immagini sacre nella casa di nonna, le statuette con l’acqua benedetta dentro, le messe domenicali, le bibbie a fumetti (giuro), i vangeli stropicciati e mai letti, le liceali rigide che ti trascinavano ai meeting di CL, l’Ave Maria di Schubert, le feste patronali, i battesimi, i rinfreschi, le vecchie che si strappano i capelli ai funerali. Le Chiese di Roma.

Dietro tutto questo c’è un mondo che Sven neanche può immaginare. Quando è caduto il muro si faceva le seghe con le foto di Samantha Fox. Ora è il figlio della Berlino liberata, di Prenzlauer Berg recisa dal passato.

Mi allontano in punta di piedi sperando di incontrare il panda, Knut o qualsiasi altro animale del cazzo che mi porti via dallo Zoo in bicicletta, sotto la pioggia.

Dov’è Maria? Dall’altra parte del Muro, idiota.

Natasha Ceci


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