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Marocco

Creato il 23 marzo 2011 da Paolo

Marocco: Parole di giornalisti e non…È attraverso le parole che i giornalisti producono degli effetti e che esercitano una violenza simbolica (…). La violenza simbolica è una violenza che si compie nella e per la misconoscenza, che si esercita molto meglio se colui che la esercita non sa esercitarla, e che colui che la subisce non sa di subirla  (…). I giornalisti, e questa è la loro responsabilità, partecipano alla circolazione degli incoscienti”. Come non ricordare queste pertinenze marcate dal compiantoPierre Bourdieu nel contesto attuale, segnato da un onda di rivolte nei paese del Maghreb, del Machrek e nel Medio- Oriente, che i media hanno raggruppato, senza discernimenti, sotto l’espressione del mondo arabo, e che la stampa qualifica come “collera del mondo arabo”. La “strada araba”, ecco giustamente un espressione che ritorna sovente negli articoli della stampa per designare l’opinione pubblica araba. Ma chi c’è all’origine di questo termine? Chi sa che in realtà è un termine assolutamente dispregiativo? In un libro intervista apparso nel 2003 per i tipi di Fayard, sotto il titolo Cultura e Resistenza, l’universitario americano d’origine palestinesen Edward W. Saïd spiegava: Bisogna sapere che è un termine molto usato dagli orientalisti. Esiste, parlando degli Arabi, una sorta di identificazione incosciente tra la parola  strada e l’uso che si fa del termine “street Arabs” (arabi di strada) alla fine del XIX° e al debutto del XX° secolo. Gli street Arabs sono dei vagabondi (…). Io penso dunque che se si riferisce alla  “strada araba” si suggerisce in questo modo  qualcosa riferito  a della gentaglia derelitta senza interessi  di una società principalmente costituita da una umanitàinferiore e barbara. L’autore del celebre libro L’Orientalismo, aggiunge: “Mi sembra che l’impiego costante di questo termine quando si parla dell’opinione pubblica araba non è un azzardo La maggioranza dei giornalisti svolge un controllo serrato nell’uso delle parole, quasi un leit-motif nel loro lavoro, per “limitare degli effetti di violenza simbolica” a cui possono eccedere sovente, anche in maniera incosciente, non sempre. Ultimamente poi, si cerca di creare sensazionalismi dove non ci sono e, peggio ancora, si identifica tutto quello che accade in alcune regioni nord-africane  al Maghreb in toto. Per quanto riguarda poi iBlogs, posts ridicoli appaiono ovunque, senza nessuna cognizione di causa, gridando ossessionamente cose assurde e dettate dalla pancia e dall’umore del singolo (il più delle volte personaggi che idealizzano il fatto che scrivere su di un blog dia per scontato l’attestazione virtuale di essere giornalisti),  che scrive con la funzione primaria di incrementare gli ingressi. Leggo di persone che vivono in Marocco che pubblicano contenuti nei quali si parla di spese al supermercato nell’attesa della rivolta e cose simili, o lanci di agenzie  MAI confermati che svolazzano da un Blog all’altro diventanto infine notizie  drammatiche (e infondate).  Prima di inserire una qualsiasi parola che diventerà pubblica bisognerebbe ponderare con lamassima lucidità quello che si trasmette, fosse anche per una sola persona che legge. Le parole, ancor più quelle scritte che restano, sono dei macigni, e il turismo in Marocco,ad esempio, sta pagando caro e salatocerte affermazioni che non corrispondono alla realtà.

 


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