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Marocco di Josef von Sternberg

Creato il 17 luglio 2011 da Spaceoddity

 

Marocco di Josef von Sternberg. La fleur que tu m'avais jetée
Quando Marlene Dietrich cominciò a girare Marocco (1930), il successo de L'angelo azzurro era ancora dietro l'angolo, tanto che i due titoli vennero girati e vissuti quasi come un'unica esperienza. Questo film, di nuovo firmato dalla regia di Josef von Sternberg, segna il trasferimento della donna negli USA, sotto contratto con la Paramount, nonché un capitolo molto diverso dal cinema espressionista tedesco che l'aveva consacrata a femme fatale.
Amy Jolly (Marlene Dietrich, appunto) è una cantante di cabaret che si trova in Marocco, dove incontra sia il ricchissimo La Bassière (Adolphe Menjou), sia lo spiantato e fascinoso legionario Tom Brown (Gary Cooper), non fosse per la sua bellezza, donandogli un fiore dal palcoscenico. D'altra parte, il giovane portava avanti, tra le altre, anche una relazione con la moglie (Eve Southern) del suo comandante, Caesar (Ulrich Haupt). Non si fa fatica a immaginare quale catena di sentimenti, emozioni ed affetti tutto ciò porti nel Sahara di cartapesta della sceneggiatura di Jules Furthman (da una commedia di Benno Vigny)
Marocco segna l'epoca del cinema che faceva sognare: un cinema che teneva sempre presente lo spettacolo nel suo complesso e, in particolare, il teatro d'evasione e il cafè chantant in ogni sua forma. Siamo nell'era dell'esotismo, lo stesso che aveva invaso l'opera dell'Ottocento e che presto, nel cinema americano, avrebbe lasciato il posto al mito fondativo per eccellenza, il western. Tutto ciò che lo spettatore vede è ricostruito a uso e consumo di un pubblico occidentale, è uno sfondo. Non c'è bisogno di chiedersi se le cose  stiano davvero come gli appaiano: ci si appaga nel riconoscere le cose come vanno e, si sa, un soldato di stanza in una legione straniera ha sempre delle donne che ama, delle donne che lascia, delle donne che aspettano e delle donne che seguono. 
Ciò che è straordinario, in questo cinema, al di là dell'esito specifico (e l'esito qui è notevole), è che tutto si riconduce a un sogno: uomo ricchissimo s'innamora e vizia splendida donna straniera innamorata di un legionario-don Giovanni, pur consapevole che lo seguirà fino alla morte. 
Marocco di Josef von Sternberg. La fleur que tu m'avais jetée
Fotografia dell'universo americano, oltraggiato quando meno se lo sarebbe atteso dalla crisi del '29, affamato di sogni, Marocco è un film che mostra cosa vuol dire calibrare la sceneggiatura sulla base delle attese e delle speranze di un mondo ferito e cosa vuol dire anche tener conto dell'impatto di uno star system con le sue regole, generatore di mondi paralleli, mondi di favole, di ricchezze e di prosperità.
Solo a queste condizioni si può comprendere il fascino speciale di Marlene Dietrich, donna che certo non si segnalava per la varietà di ruoli o di prospettive, ma che ha saputo incarnare il modello di femme fatale, stupenda e disinibita, ma un po' marionettistica, monodimensionale, una maschera. Così accadeva con i ruoli dell'opera e in parte a questo mondo allude Viale del tramonto: la diva, il divo, l'amore, il riscatto, il successo.


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