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Marocco: In Vino Veritas.

Creato il 17 dicembre 2010 da Paolo

Marocco: In Vino Veritas.Il vino ci ha raggiunti in compagnia degli amici/trasformando la tristezza in una gioia infinita“. Malgrado le apparenze, questi versi scritti nel XIX° secolo, non sono opera di un malinconico poeta occidentale, ma sono nati dalla penna di un..imam, Mohammed Al Harraq, che officio’ nella grande moschea di Tétouan. La storia del vino marocchino rimonta di fatto all‘Antichità. Furono le grandi compagnie fenice e greche, verso il 500 A.C., a sviluppare la produzione di questa bevanda nel Maghreb, anche se nessun indice storico ci permette di autentificarlo. I romani gestirono intensivamente i vigneti della Mauretanie Tingitane a partire dal II° secolo per alimentare il mercato italiano del vino, questo è certo. Il prezioso elisir si è, in seguito, radicato nelle abitudini berbere, al punto che il cronista Ibn Adhari, lo rapporta nel libro Bayan Al Maghrib : “Il vino è stato moneta corrente in Africa del nord ed è ancora oggi presente sulle tavole dei berberi“. E’ quindi in un Maghreb che produce e consuma vino quotidianamente che arrivarono i musulmani nel VII° secolo. L’islamizzazione del popolo berbero ha di fatto arrestato la produzione di vino marocchino, ma la realtà è sempre più complessa che la teoria. Se i precetti del Corano mettono in guardia contro la consumazione abusiva di alcool, la letteratura dell’epoca ci insegna che la tentazione dell’ebrezza è sovente più forte. Ibn Adhari descrisse come il figlio del califfo Abd El Moumen, accompagnando suo padre a Tinmel per rendere omaggio alla tomba di Ibn Tourmert, vomito’ nel tragitto tutto il vino che si era bevuto. Ibn Khafaja, poeta ufficiale alla corte del sultano almoravide Ibrahim, scrisse: “Il vino è la chiave dei nostri piaceri, la mano del sultano è la chiave di tutte le generosità“. “Vi ricordo che la consumazione d’alcool è stata molto forte durante tutto il Medio-Evo“, afferma Mostapha Nachchat, autore di Reperti sulla storia del vino nell’epoca medioevale  (Ed.Azzamane, 2006). La viticultura si concentrava all’epoca nelle regioni del Sousse, il Rif, nei dintorni di Meknès e in particolare nella regione di Tata. Il vino circolava con l’intermediazione degli europei: soldati mercenari arruolati nelle armate del sultano, schiavi bianchi o ancora commercianti formavano allora una piccola comunità cristiana che permetteva di far entrare l’alcool facilmente nel paese. Secondo le regole di export dei tempi, a Genova, ogni commerciante aveva il diritto di importare 15 tonnellate da 30 litri di vino cadauna  partendo per il Marocco. A Venezia, la regola era di 30 tonnellate. Ufficialmente, questo vino era destinato alla consumazione degli europei, ma ugualmente donava benessere ai residenti autoctoni. Lo storico francese Mas Latrie, in un opera consacrata al trattato di pace e di commercio tra cristiani e arabi dell’Africa del nord nel Medio-Evo, scrive che dei ricchi marocchini si facevano offrire delle tonnellate di vino dagli europei. “Il commercio dell’alcool rappresenta delle grosse somme di denaro per lo Stato che impone delle tasse sull’importazione e la consumazione“, sottolinea Mostapha Nachchat. Questo spiega bene che il vino, anche se proibito, non è mai stato totalmente sradicato dal paese. Il vino poi ha giocato un ruolo politico nel Marocco del Medio-Evo. Ogni dinastia regnante in effetti giocava la carta del vino per screditare la precedente. Se i sultani almoravidi hanno organizzato diverse crociate contro il vino (Tachefine Ibn Ali invio’ una lettera a tutti i wali chiedendo di sradicare l’alcool dalle loro regioni), non vennero loro stessi risparmiati dalle critiche violente da parte degli almohadi, che li accusarono di essere dei “zaraginas” (bevitori di vino). Il fondatore spirtituale degli Almohadi, Ibn Tourmet, partigiano di un islam radicale, aveva come grande amico un imam, notoriamente conosciuto come un gran bevitore, come precisa lo storico Ibn Khalkan nel libro La morte dei notabili. Marocco: In Vino Veritas.Ibn Tourmet avvio una campagna per distruggere tutti i luoghi di produzione del vino, nelle regioni dove era sicuro di vincere. Zone franche erano pero’ quelle delle tribù dei Masmouda, nella regione dell’Adrar N’dern (Atlas), dove si produceva e idolatrava un vino chiamato “Arrab” (Dio). Ibn Tourmert non poteva combattere contro a questi preziosi alleati della sua “jihad” contro gli almoravidi, che mai avrebbero rinunciato alla loro breziosa  bevanda che gli aiutava a resistere al grande freddo delle montagne. Nel libro Almann Bil-imama, Ibn Sahib Assalat riporta che il sultano Yaâkoub Youssef, ricevette a Marrakech, durante 15 giorni, oltre 3000 uomini della tribù Masnouda, ordinando “un fiume di vino arabo” da servire ai suoi ospiti. Il grande erudito Averroès constato’ che numerosi casi di divorzio avvennero sotto l’effetto dell’alcool (Le fatwa di Ibn Rochd). Le epoche si susseguirono e si assomigliarono. Durante i tre secoli che precedettero il Protettoraro francese, il vino continuo’ ad essere prodotto nel reame alaouita. I fellahas coltivavano le vigne e fornivano i grappoli d’uva agli ebrei e ai cristiani che a loro volta lo trasformavano in nettare degli dei. Per il proprio piacere ma anche per quello dei musulmani. Evidentemente le “fuqahaproibiscono  la consumazione di questa bevanda “diabolica” con più o meno buona fede, per credere aLeone l’Africano. In uno degli ultimi rapporti che scrisse dalla regione di Ouezzane, presso i Beni Mesgalda, dichiaro’: ” I dottori in legislatura maomettana che insegnano le scienze religiose a numerosi studenti, bevono vino in segreto e fanno conoscere al popolo che il vino è da difendere“. Progressivamente, il vino perderà il gusto del tabù proibito. Molti oulema non esitarono a tollerare l’uso moderato dell’alcool, come lo sceicco Ibn Ghazi, oratore di AlQarawiyne nel XVI° secolo, che disse:” non vedo alcun inconveniente nel bere l’acqua della vita“.  A partire dalla seconda metà del XIX° secolo, i marocchini non avranno più paura di bere, a viso scoperto. Le numerose taverne e cabarets, che si svilupparono con l’ingresso di una forte comunità straniera, svilupparono legalmente il commercio di alcool. In una lettera ai suoi caïd, Hassan I si indigna e scrisse che “il canale,( i musulmani), è straripato. La gente beve del vino in pubblico, si ubriaca nelle strade senza alcuna vergogna“. Ma i margini di manovra erano deboli per i Makhzen, presi nelle spire dei trattati economici commerciali. A quell’epoca, come nelle altre, le autorità tentarono di proibire il vino…invano.

Marocco: In Vino Veritas.
La situazione attuale - L’esplosione della produzione vitivinicola marocchina deve molto alla storia francese: un epidemia di phylloxera decimo’ i vigneti dell’Esagono negli anni ’60/’70. La Francia sollecito l’aiuto del Marocco per assicurare i suoi bisogni di vino. A partire dal 1875 , ceppi francesi vennero inseriti nelle vigne marocchine e, dal 1880, l’uva made in Marocco arrivo’ in Europa con navi a pieno carico. I coloni viticultori crearono e svilupparono molte cantine durante il Protettorato, segnando il debutto della viticoltura marocchina moderna. Ma l’Indipendenza e il ritorno ai valori dell’Islam, spronato dai nazionalisti, vide l’abbandono totale delle vigne. Il vino marocchino acquisi’ il suo valore di nobiltà negli anni ’60 sino al 1980, grazie a Brahim Zniber e Guy Baconnet che iniziarono la produzione di un vino di qualità in due tenute: Les Celliers de Mèknes e Thalvin (Benslimane). Ma fu con Hassan II che la filiera vitivinicola venne rilanciata: era il 1990. Con l’aiuto dell’allora sindaco di Bordeaux, grande amico del re, Jaques Chaban-Delmas, il Comandante dei Credenti lancio’ una proposta alla popolazione della zona. Tutti gli imprenditori vinicoli avrebbero potuto investire in Marocco garantiti dal sostegno delle banche e del Palazzo, oltre all’acquisizione di terreno in comodato d’uso. Molte grandi cantine bordolesi risposero all’appello e importano i loro ceppi e le loro tecnologie vitivinicole. Oggi il Marocco produce 45 milioni di bottiglie di vino per annata, di cui la maggiorparte (80%) è destinata al consumo interno.

Marocco: In Vino Veritas.
Marocco: In Vino Veritas.

 

Credits: Mohammed Houbaida – Mostapha Nachtat – Laetitia Dechanet

     Tratto da "Zamane" (n°2, décembre 2010)

 


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