La sonda Mars Orbiter Mission (MOM), progettata e lanciata dall’Indian Space Research Organisation, proverà a rilevare la presenza di metano nell’atmosfera marziana cercando ulteriori prove a favore di forme di vita primitiva sul quarto pianeta del Sistema Solare.
La sonda indiana lanciata il 5 novembre 2013 con il vettore Polar Satellite Launch Vehicle (PSLV) dal Satish Dhawan Space Centre della Indian Space Research Organisation (ISRO), a Sriharikotae, ce l’ha fatta. La Mars Orbiter Mission (MOM) si è inserita oggi, 24 settembre, nell’orbita del pianeta rosso.
La navicella, progettata dagli ingegneri dell’agenzia spaziale indiana, studierà l’atmosfera marziana provando a rilevare la presenza di metano cercando ulteriori prove a favore di forme di vita primitiva sul quarto pianeta del Sistema Solare.
L’ultima fase del viaggio, la Mars Orbital Insertion, è la più critica e rischiosa: il veicolo spaziale deve svegliarsi dall’ibernazione e bruciare buona parte del carburante liquido che alimenta il motore a propulsione liquida per frenare la sua corsa e infilare l’orbita del pianeta a un’altezza superiore ai 350 chilometri.
Da oggi l’India è la quarta nazione al mondo a conquistare l’orbita di Marte, con una tra le più economiche spedizioni spaziali mai tentate (75 milioni di dollari, il prezzo di un giretto in Soyuz). Con i tre orbiter ESA e NASA (Mars Odyssey, Mars Express e il Mars Reconnaissance Orbiter), la coppia di rover di superficie ancora attivi (Curiosity e Opportunity), il Mars Atmosphere and Volatile Evolution (MAVEN) che è arrivato il 21 settembre, sale a 7 il numero di missioni attualmente impegnato su Marte.
L’esplorazione del pianeta rosso è stata una parte fondamentale delle missioni di esplorazione spaziale per Unione Sovietica (e Russia poi), Stati Uniti, Europa e Giappone. Dagli anni Sessanta sono state inviate verso Marte dozzine di sonde automatiche senza equipaggio, con orbiter, lander e rover al seguito, per raccogliere dati e rispondere a importanti quesiti scientifici sul Pianeta e il suo passato. Uno sforzo che richiesto budget considerevoli con un ammontare di missioni fallite di circa due terzi su un totale di oltre cinquanta lanci.
I russi ci hanno provato e riprovato. Le prime due, Mars 1960A, Mars 1960B, sono fallite subito dopo il lancio. Mars 1962A e Mars 1962B, fermate in orbita attorno alla Terra. Di Mars 1 si persero invece le comunicazioni mentre era in rotta per Marte. Fu il Mars 3 Orbiter a raggiungere per primo il pianeta rosso il 27 novembre 1971. Il suo lander toccò con successo il suolo del Pianeta diventando il primo veicolo costruito dall’uomo a giungere integro sulla superficie marziana (anche se il segnale venne perduto dopo meno di 15 secondi di trasmissione dati, per motivi sconosciuti).
Ma furono gli americani a infilare per primi e con successo l’orbita di Marte. Con il programma Mariner. Nel 1964 il Jet Propulsion Laboratory della NASA effettuò due tentativi con le sonde Mariner 3 e Mariner 4: identiche, dovevano effettuare i primi flyby del pianeta rosso. Il fallimento del Mariner 3 venne decretato dal blocco in apertura della copertura protettiva. Il 28 novembre venne invece lanciata con successo la sonda Mariner 4, che raggiunse Marte il 14 luglio 1965, fornendo le prime immagini ravvicinate di un altro pianeta – crateri da impatto simili a quelli lunari, che sembravano ricoperti di brina o ghiaccio.
Nozomi, in giapponese ‘speranza’, prima sonda realizzata dalla Jaxa per l’esplorazione di Marte, fallì l’inserimento dell’orbita marziana il 14 dicembre 2003, mandando in frantumi il sogno dell’Agenzia spaziale nipponica di arrivare per terza su Marte. Toccò invece a Mars Express, la sonda dell’Agenzia Spaziale Europea, conquistare l’orbita del pianeta rosso il 25 dicembre dello stesso anno. Il viaggio Terra-Marte più breve: era da 60.000 anni che i due pianeti non erano così vicini.
Ora è il turno dell’India. Sulla sonda diverse strumentazioni scientifiche all’avanguardia: la Mars Color Camera, il Lyman Alpha Photometer (che servirà per misurare l’abbondanza di idrogeno e deuterio e studiare il processo di perdita di acqua dai pianeti), il Thermal Imaging Spectrometer per mappare la composizione superficiale, lo spettrometro di massa MENCA e il sensore a metano MSM.
Fonte: Media INAF | Scritto da Davide Coero Borga