Credo che oggi parlare di destra e sinistra sia ormai superato. Sono già in molti a dire, ed io mi unisco a loro, che sarebbe meglio distinguere tra progressisti e conservatori. Certamente coloro che attaccano un uomo sul letto di morte senza conoscerne i pensieri, le azioni e quello che quest’uomo rappresenti per una parte consistente di quel mondo cattolico che tutto è meno che conservatore non possono essere considerati progressisti.
Ricordo il giorno dell’elezione di papa Ratzinger. Ero in autostrada, fermo a fare rifornimento, e ascoltavo il notiziario in edizione straordinaria alla radio tramite l’altoparlante dell’autogrill. Prima che il commentatore pronunciasse il nome di Ratzinger dentro di me mi auguravo per l’ultima volta di udire il nome di Martini. Non fu così e mi sfuggì un’imprecazione che fece ridere il benzinaio. Fu un peccato, perché la Chiesa aveva, allora come ora, estremo bisogno di essere riformata e modernizzata e per me come per molti Martini era l’uomo giusto. Purtroppo non fu così, ma chi conosce anche sommariamente l’uomo Martini sa che abbiamo perso una grande occasione.
Chi non lo conosce invece è lì che lo lega nel fascio di tutte le erbe cattive della Chiesa. È facile farlo: la Chiesa è l’associazione umana più complessa che si possa pensare e assume in sé tutto il male e tutto il bene del mondo. Martini rappresenta, a mio modesto parere, il bene nella Chiesa. Ma loro non lo sanno. Con il loro atteggiamento dimostrano soltanto che l’integralismo non è questione di fede ma è insito nell’animo umano. Trascende dal proprio credo e si nutre di ottusità, ignoranza, scarsa dimestichezza col pensiero. Da chi si professa di sinistra o, meglio, progressista ci si aspetterebbe quanto meno tolleranza. Purtroppo, invece, i talebani possono essere tali anche della non fede.
Luca Craia