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Mascherine, mascheroni e mascheratori di verità

Creato il 10 aprile 2013 da Albertocapece

kenny_2153311bE’ davvero penoso assistere a questa via crucis dell’inciucio di necessità. Oddio  ci sarebbe da divertirsi a pensare Bersani che dice “ti conosco mascherina” a un Berlusconi che è ormai una maschera di silicone, ma appena dopo il sorriso viene la rabbia. Perché il nuovo governo di larghe tese, per prendere spunto da quei borsalini di Napolitano a metà tra Andropov e la mala marsigliese, non nasce per affrontare i problemi del Paese, ma anzi proprio per evitare che si trovi una via d’uscita dal cul de sac in cui ci ha ficcati lo stesso sistema politico che ora si allea per la propria salvezza.

Il patto di potere interno con tutto ciò che esso comporta, con la prosecuzione ad oltranza del regime consociativo, nasce troppo debole e sterile per essere credibile, per poter mettere sulla bilancia di Bruxelles non dico una spada di Brenno, ma nemmeno uno spillo da balia: tutti sanno che l’unica cosa sulla quale questo conglomerato di interessi e di impotenze non ha la forza, la coesione o le idee per nient’altro che la resa. Eppure è lì che i nostri problemi e il futuro del Paese debbono essere affrontati: senza una corposa ricontrattazione dell’austerità e dei suoi obblighi con in prospettiva un riassetto monetario ormai inevitabile, non c’è la minima possibilità per l’Italia di evitare l’ingresso nel nuovo terzo mondo di marca europea dove alla deindustrializzazione e all’impoverimento si accompagna la svendita di beni e di produzioni residuali.

La governabilità in nome della quale si arena ogni speranza e ipotesi di rinnovamento è diretta esclusivamente a contenere la reazione inevitabile al disastro nel quale ci hanno cacciato e ad imporre nuove velenose ricette: essa è del tutto inetta al buon governo che consiglierebbe una inversione di rotta. Eppure vediamo che nella periferia europea, anche in presenza di governi amici della troika, comincia a mostrarsi una resistenza sempre più evidente. In Portogallo nei giorni scorsi la Corte costituzionale ha bocciato gli articoli della legge finanziaria con cui venivano falcidiati salari e stipendi, a Cipro gli abitanti hanno fatto saltare l’ipotesi di prelievi forzosi su tutti i conti correnti, anche quelli sotto i 100 mila euro, lasciando Bruxelles a bocca asciutta, visto che il “raccolto” di questo esperimento che sarà presto esteso altrove, rischia di essere un ridicolo flop, ma l’eresia più forte e decisa viene dall’Irlanda. E non è una caso che i media mainstream non ne parlino e che lo stesso Draghi a domanda non abbia risposto limitandosi a dire che il problema sarà esaminato a fine anno, cioè dopo le lezioni tedesche.

Dunque con un minimo di governabilità forte, decisa e senza il peso degli ottusi ideologi a cui l’abbiamo affidata per un anno e che ancora non si riescono a scollare dalle poltrone, qualcosa si ottiene. Ma cosa è successo in Irlanda? A prima vista la questione può passare inosservata vista la sua complessità, ma di fatto Dublino dopo aver inutilmente chiesto all’Europa di poter ristrutturare il proprio debito e ottenendo sempre risposte evasive lo ha fatto unilateralmente: ha  prolungato di moltissimo la restituzione dei debiti contratti con la Banca d’Irlanda per salvare gli istituti di credito in dissesto: le cambiali a vent’anni sono state infatti sostituite con titoli di debito pubblico che hanno una maturazione media di 34 anni e con il grosso degli interessi spostati molto il là nel tempo  al 2038  e 2053. Non si tratta di una semplice dilazione interna: la Banca d’Irlanda ha infatti stampato gli euro necessari al prestito chiesto dal governo irlandese nella sua funzione di mandataria della Bce che è a tutti gli effetti l’origine del denaro. La decisione oltretutto contrasta con l’articolo 123 del trattato di Lisbona che vieta alla Bce e alle Banche centrali di finanziare i governi.

Il passaggio dalle cambiali (Promissory Note) ai titoli di stato con scadenza enormemente più lunga costituisce di fatto un finanziamento diretto allo Stato, ma né l’Eurogruppo, né Olli Rehn, né la Bce hanno osato dire nulla  di fronte all’evidenza che senza questa manovra l’isola sarebbe andata a gambe all’aria, testimoniando così dell’assurdità delle ricette imposte, ma anche, se non soprattutto, di fronte alla decisione del premier Kenny, che ha agito per il proprio Paese, senza stare ad attendere troppi permessi. Eppure questo passo di Dublino rappresenta l’eresia più grande per la costruzione della disgraziata Europa finanziaria.

Ecco è questa la governabilità che dovremmo auspicare, mica quelle delle mascherine e dei mascheroni e dei loro sterili inciuci.


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