Avevo scoperto quasi per caso questa giovane cantina, li ho contattati, ho assaggiato i loro vini, mi hanno incuriosito, e alla prima occasione ne ho approfittato per andarli a conoscere di persona, andando a soggiornare a Maso Grener per Pasqua. Appena arrivati ci viene incontro Fausto Peratoner, un sorriso dolce e accogliente e una calda stretta di mano nel darci il benvenuto nel suo piccolo paradiso. Un luogo facilmente raggiungibile, da Lavis si sale pochi km e dopo aver superato il paesino di Pressano (vera culla di viticoltori di rilievo!) si incontra Maso Grener e le sue vigne sulla sinistra, già sufficientemente in quota per godere della vista della Valdadige verso Ovest, con il massiccio della Paganella che spunta sullo sfondo.
Maso Grener nasce come attività ricettiva, dal desiderio comune di Fausto e della moglie Cinzia di mettere anima e corpo stabilmente in campagna, dopo anni di attività come enologi presso le importanti realtà locali. E quando si è presentata l’opportunità, nei primi anni 2000, non ci hanno pensato troppo a rilevare questo maso che da tempo seguivano sul piano agro-enologico. Vigne in una posizione storicamente vocata, ben esposte e ventilate, su terreni ricchi dove non è la dolomia a dominare ma formazioni marnose, che si arricchiscono in detriti vulcanici su vigna Bindesi, che significa frana, in relazione ad antichi movimenti franosi che trascinarono strati di origine magmatica dalle aree sovrastanti.

Scelte di vigna che potrebbero consentire la conversione al biologico appena lo volessero, e col tempo chissà. Noto anche nelle prime viti sotto il maso alcune edere salire sui fusti, e immagino il fastidio arrecato alle viti. Fausto conferma il problema e mi rassicura dicendo che piuttosto che diserbare quel piccolo filare preferisce estirparle a mano quando si fanno più invadenti, come si faceva un tempo.
Quello che mi conquista di Fausto Peratoner è un’intelligenza che va oltre il vino. Alle spalle ha una formazione tecnica e una lunga esperienza, partito anche lui, come la moglie, dalla scuola di San Michele all’Adige, e conclusi gli studi finito in Friuli in stage alle dipendenze dirette di Mario Schiopetto, un compianto nome da annoverare tra i padri fondatori della moderna enologia friulana.

Tanta qualità nelle materie prime in vigna, con piante di almeno 30 anni, con svariati cloni, a tutelare la produzione al variare del clima dell’annata.
Clima che risulta fondamentale per la buona riuscita del pinot nero, varietà delicata e difficile, vera sfida per ogni produttore trentino, salvo declinarlo a base spumante. Maso Grener ne produce un rosso vinificato in tonneau aperti e poi affinato per un anno in barrique per un terzo nuove, per il resto usate, e usate bene, perché sul Barolo di un produttore piemontese che non ha bisogno di presentazioni, un certo signor G.
Non si finirebbe mai di ascoltare Fausto e scambiare idee con lui, che loda giustamente il lavoro delle cooperative locali, che hanno consentito a tanti piccoli produttori di fare sistema e di accedere a tecnologie e tecniche spesso al di là dei loro mezzi. Oggi chi ha maturato esperienza e vuole dare più identità al prodotto del suo lavoro segue la strada dell’indipendenza, quella imboccata fa Maso Grener, sicuramente irta di difficoltà ma foriera di grandi soddisfazioni, spesso concretizzate proprio negli apprezzamenti dei colleghi.

Della nuova annata ci propone una nuova etichetta, Chardonnay Sauvignon (Vigneti delle Dolomiti) 2014, da una prima selezione di uve, raccolte ma escluse dalle etichette principali. Un vino fresco dai riflessi verdolini, dai toni di salvia, fiore di acacia e frutta bianca fresca. Al palato ha beva e sapore, con ritorno di gesso e cumino. Ottimo vino di ingresso, fresco e godibile.

Si parla anche di vinificazione e lieviti, argomento che infiamma il web in questi tempi. Maso Grener usa tre ceppi di lieviti, selezionati dall’istituto di San Michele a partire proprio dalle uve del suo vigneto. Forse un giorno potrebbe provare fermentazioni spontanee, ma per ora preferisce questa via che assicura un risultato di qualità, partendo comunque da una popolazione di lieviti locale. Che sia questa la strada del futuro? Io non posso dirlo ma lo trovo un compromesso intelligente ed efficace, che unisce territorialità a rigore stilistico.


Nella serie di degustazioni manca solo una chicca, che speriamo di trovare alla prossima occasione, la Nosiola, di cui si trova qualche pianta in mezzo ai filari di Vigna Tratta, attorno al Maso, che Fausto e Cinzia vinificano separatamente per 100 bottiglie che soddisfano appena l’autoconsumo. E quello del vigneto di Nosiola è un altro pallino della famiglia Peratoner, che spero si concretizzi presto.
Torniamo a casa con un ottimo ricordo di Maso Grener, che invito ad andare a conoscere, per trovare non solo vini buoni ma anche persone speciali e ospitali come poche altre.


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