Magazine Pari Opportunità
Ieri, 2 dicembre, era la giornata mondiale contro la schiavitù, passata sotto silenzio da parte dei media. Di questo tema non si parla mai, ritenendolo non più attuale, mentre invece è un dato in sempre maggior crescita nel mondo: schiavitù da sfruttamento nel lavoro, schiavitù da sfruttamento a scopi prostituzionali, traffico di esseri umani, traffico d'organi.. Non incidenti di percorso o realtà isolate, ma fatturati criminali miliardari perfettamente inseriti e funzionali alla complessa economia del capitalismo neoliberista dell'età della decadenza in cui siamo immersi.
Oggi in questo post parlerò di un articoloche mi ha lasciato basita di circa una settimana fa, apparso sull'homepage di Repubblica, riguardante la diffusione enorme nella città di Parma di centri massaggi orientali sotto cui si nascondono forme di prostituzione. L'articolo mi ha colpito naturalmente non per il fatto in sé che già conoscevo e che riguarda moltissime città per ora specialmente nel nord Italia, ma per come se ne parla.
Non c'è neanche per un attimo un interrogarsi su come e perché queste donne sono lì, da dove provengono, se sono state trafficate, se sono controllate da protettori o ricattate da mafiosi. Trapela solo una specie di senso di scandalo per la degradazione dell'idea di centro benessere ed estetico, per la mancanza di "abilitazioni professionali", per la concorrenza sleale rispetto agli "operatori onesti", che rivendicano controlli e bollini di qualità.
Il giornalista - dotato di telecamera nascosta - non prova neanche a domandare qualcosa su chi guadagna in quel centro, sulla storia personale di quelle donne per capire se erano sfruttate, ma si limita a dimostrare che il centro massaggi non era finalizzato al massaggio in sé, ma a una prestazione sessuale.
Ovviamente, men che meno si esamina o si mette in discussione il comportamento dei tanti clienti di questi centri, che cercano in tanti piacere sessuale a pagamento, che non si chiedono cosa ci sia dietro quelle giovani donne cinesi che spesso a stento parlano qualche parola di italiano. Che non sono neanche sfiorati - e come potrebbero esserlo se questa è l'informazione che si diffonde del resto ? - dall'idea di essere serviti da persone schiavizzate che soffrono per quell'attività che devono svolgere, una forma di abuso sessuale e stupro continuato.
Anche leggendo i commenti sotto all'articolo, ne emerge un panorama di ignoranza desolante, con la consueta insurrezione contro il moralismo e perbenismo "che demonizza il sesso al di fuori del matrimonio " (testuali parole di un commento). Come se schiavitù e abuso sulle donne siano questione di libertà dei costumi sessuali o di moralismo, come se comprare sesso non significhi mai commettere de facto una violenza. Acquistare piacere sessuale senza alcuna etica dell'alterità sembra sia diventato ormai un dogma indiscutibile del liberalismo e nessuno si accorge invece di quanto la cosa sia vecchia in modo imbarazzante e del tutto incompatibile con i diritti umani e con la libertà sessuale delle persone - visto che sul sesso è stato costruito un business di terzi che fanno soldi a palate - oltre che con un'idea moderna di rapporti paritari e simmetrici uomo-donna.
Un articolo di tenore ben diversodel Corriere della sera risalente al 2008 sui centri massaggi di Milano, parlava chiaramente di un debito da pagare, sequestro dei documenti da parte dello sfruttatore e di tratta controllata dalla mafia cinese.
Riporto inoltre qui un brano da Sex trafficking di Siddhart Kara che riferisce della sua esperienza in un centro massaggi del nostro Veneto:
Dopo aver passato la notte a Venezia, tornai a Mestre a cercare qualche centro massaggi. Il giornale di nuovo come guida. La maggior parte degli annunci pubblicizzava centri di massaggi giapponesi o comunque orientali; nessun dubbio che nella maggior parte di essi vi fossero delle schiave del sesso. [...] Al terzo tentativo, trovai una donna che parlava inglese e mi feci spiegare come arrivare al suo centro massaggi giapponese situato non lontano dalla zona sud della stazione. L'insegna annunciava, con una vivace luce rossa al neon "massaggio giapponese". Dentro si vedevano diverse ragazze sedute e una donna adulta dietro un bancone. La nostra conversazione fu ridicola come quella del centro thai nepalese. Non c'era possibilità di fare massaggi, dicevano, almeno non quelli che non culminavano con una prestazione sessuale. Ancora più assurdo, nessuna di quelle ragazze erano giapponesi: erano cinesi. [...] Il giorno prima, Claudio Donadel, direttore del centro di recupero di Mestre, mi aveva informato sul fatto che la tratta delle donne cinesi in Italia era aumentata e che le vittime sfruttate per prestazioni sessuali venivano portate in maggioranza nei centri massaggi.
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